Tuttosport (G. Vaciago) – Dalle tre finali alle tre buste, il calcio italiano perde sempre. Ma questa è la vera sconfitta, la musata che fa molto più male delle coppe sfumate o della semifinale di Nations League: l’asta per i diritti tv del nostro campionato ha raccolto offerte molto inferiori alla base e, si sussurra, forse anche più basse di quelle del contratto attuale.

La Lega aveva chiesto 1,15 miliardi di euro, circa duecento milioni in più degli attuali 927,5: Dazn, Sky e Mediaset hanno offerto meno. Il mercato traccia spietato il confine fra la sicurezza in se stessi e la presunzione della Lega Serie A, che da mesi abbellisce con le parole la sua mercanzia, fingendo di non sapere il reale valore del prodotto, svilito negli anni da immobilismo politico delle istituzioni, cattive governance, insensata avidità e totale incapacità di investire in modo intelligente da parte dei presidenti. Possiamo anche raccontarci pietose bugie sull’appeal del nostro campionato, ma la verità è che il livello tecnico è mediamente basso, lo spettacolo non sempre godibile e, soprattutto, il contorno è avvilente con le fatiscenti cornici di stadi obsoleti, una degradante cultura sportiva, che vive solo di polemiche arbitrali, e una giustizia sportiva che ha reso a tratti farsesca l’ultima stagione.

Vantiamo ancora eccellenti dirigenti e abbiamo una capacità innata di inventare calcio, ottenendo pure qualche risultato importante, ma è sempre frutto di un progetto individuale o, peggio, di una felice improvvisazione, non si intravede mai nulla di sistemico e programmatico nei nostri successi sul campo. Così le televisioni sono meno propense a rischiare i loro soldi, investendoli più volentieri nella Champions League, il prodotto che funziona meglio di tutti e sta cannibalizzando le leghe nazionali, in nome della difesa del calcio del popolo. Ma questa è un’altra storia. O forse no.