Sulla stessa Barça

La Stampa (G.Buccheri) – Cade la Juve, casca la Roma. E il duello con la Spagna del pallone, di questi tempi e salvo poche eccezioni, sembra essersi abbonato alla regola che ci vede al tappeto e in affanno. Al Camp Nou, i giallorossi non hanno mai dato la sensazione di perdere la bussola, ma si sono macchiati di una complicità imperdonabile visti i due autogol (De Rossi e Manolas) che hanno aperto la strada ai catalani prima del sigillo di Piqué, dell’acuto di Dzeko e del ritorno alla rete di Suarez, assente dal tabellino europeo dall’8 marzo di un anno fa. L’impressione che non sia il solito Barcellona c’è perché Messi non fa il Ronaldo e non c’è aria di assedio alla porta di Alisson. Ma, poi, guardi il tabellone e dopo nemmeno un’ora di gioco i catalani hanno già ipotecato il passaggio in semifinale. La Roma ha avuto il coraggio di osare, ma solo nel modo di stare in campo: alta il più possibile, spuntata nel creare occasioni come se la testa dei giallorossi avesse recepito solo metà della lezione studiata a tavolino.

RIGORE NEGATO IN AVVIO – L’immagine di Di Francesco che chiede alla sua Roma di alzare il baricentro ogni volta che ha il pallone fra i piedi è l’istantanea più coraggiosa dentro allo stadio infinito. Pellegrini e Strootman giocano a elastico: un po’ avanti, molto vicino alla propria area di rigore per raddoppiare non appena l’avversario prende confidenza con la velocità di esecuzione, ma dura troppo poco. Bruno Peres esterno a destra è la vera sorpresa, con Florenzi che si sposta qualche metro più avanti in linea con Dzeko e Perotti. I ragazzi di casa non hanno fretta, ma sanno aspettare: la prima emozione è il duello annunciato Messi-Alisson con il portiere che respinge. Poi, il palo di Rakitic e l’assalto di Suarez, ma, prima, l’episodio che poteva raccontare un avvio diverso: Dzeko cade in area, Semedo lo tocca, sembra rigore, non per il fischietto olandese Makkelie. La sfida si ferma qualche secondo per far scoppiare le decine di palloncini gialli sul terreno del Camp Nou, simbolo della protesta catalana a ogni fatica degli undici di Valverde. La partita conosce il suo punto di svolta quasi per caso: Iniesta cerca il dialogo con Messi, De Rossi lo intercetta, ma combina la frittata più amara perché apre il piatto del piede e spinge il pallone nell’angolino basso alla destra di Alisson.

A SEGNO PIQUE’ E SUAREZManolas imita De Rossi, Piqué brinda e la rete di Dzeko regala solo l’illusione che qualcosa, martedì all’Olimpico, possa accadere prima che il redivivo Suarez spinga fra le migliori quattro d’Europa i catalani. Due anni e mezzo fa, la Roma ne prese sei, stavolta ha migliorato il passivo, ma l’idea che si stia parlando di due mondi diversi rimane: se i giallorossi dovevano capire da questo viaggio a che punto è il loro livello di crescita, la risposta è interlocutoria. Giocare con leggerezza è un merito, farlo senza affondare quando la sfida lo richiede no. Il Barcellona ha dovuto solo capire come affrontare una squadra che ha pensato di uscire dalla propria metà campo per conquistare spazio e pericolosità: poi, in un attimo, è arrivata la ventiquattresima vittoria nelle ultime 26 gare di Champions fra le mura di casa. Ai ragazzi di Di Francesco, adesso, non resta che sognare una notte da favola.

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