Stadio, via libera. E sarà “verde”

Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – Prima di alzare le braccia bisogna per forza aspettare l’ultimo gong, che è il 3 marzo con la chiusura della conferenza dei servizi. O almeno il confronto finale con il Comune: probabilmente giovedì della prossima settimana. In pratica la Roma ha quasi vinto, il nuovo stadio si farà, e l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini ha già perso. Infatti si è dimesso, mal salutato dal sindaco Virginia Raggi. Niente timbri ancora, ma segnali chiari d’intesa. Escono insieme da oltre due ore di riunione, sorridenti. Può significare poco, perché Mauro Baldissoni sorride sempre e Luca Bergamo ha quella faccia sarcastica alla Giorgio Gaber. Comunque parlano in coppia, come due che sono d’accordo. La Roma, e per brevità chiamiamo Roma il club, James Pallotta, i costruttori coinvolti nel progetto; e il Comune inteso come amministrazione targata Movimento 5 Stelle. L’ultima volta che si erano presentati in pubblico fianco a fianco il sindaco era Ignazio Marino e la politica digitale era ancora in embrione.

CORO – Dal linguaggio del corpo si deduce che la realizzazione dello stadio di Tor di Valle è più vicina di quanto non sia mai stata. Pur se a piazzare sulla scalinata dell’ingresso secondario Baldissoni, direttore generale giallorosso, e Bergamo, vicesindaco, sono le circostanze. Davanti a Palazzo Senatorio si tiene una manifestazione di lavoratori che non prendono gli stipendi. Spalancano una balaustra e qualcuno arriva all’atrio prima di essere respinto dalla polizia. Rivendicazioni sacrosante e lo stadio della Roma non c’entra nulla, ma è meglio evitare contatti. Bergamo e Baldissoni sono lì, vicini e con canzoni che non entrano in dissonanza l’una con l’altra. Il vicesindaco: «Ringrazio la Roma per aver risposto alle nostre sollecitazioni proponendoci un nuovo progetto, con modifiche innovative. Ovviamente intendiamo rispettare il termine del 3 marzo». Baldissoni: «Sono soddisfatto. Questo progetto dev’essere condiviso con la città. E’ importante per Roma e per la Roma. Abbiamo tentato di intercettare la visione della giunta, crediamo con successo». Le solite belle parole, ma a questo punto le parole sono pietre. Anche le presenze. La Roma al tavolo era in formazione tipo con Baldissoni, Parnasi, l’ingegner Simone Contasta e altri tecnici. Il Comune ha fatto turnover: Bergamo, il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, il capogruppo 5 Stelle Paolo Ferrara, l’avvocato Luca Lanzalone inviato da Beppe Grillo e la consigliera Donatella Iorio al posto dell’ormai ex assessore Berdini. Il quale, si sa, al progetto era contrario e ha giocato tutti i suoi gettoni su un saporito confronto a mezzo stampa con la Raggi. Ha presentato nel pomeriggio di ieri le sue dimissioni «irrevocabili. Mentre le periferie sprofondano e aumenta l’emergenza abitativa, l’unica preoccupazione sembra essere lo stadio».

I TAGLI – Berdini è persona competente. D’altra parte la sua annotazione sullo stadio è conferma indiretta di quanto il dialogo tra Roma e Comune sia avanzato. Il club ha presentato sotto forma di elaborazioni grafiche vari modi di ridurre le cubature da un milione a circa 750.000 metri: abbassamento delle torri di Libeskind, ridimensionamento di altre strutture commerciali. Poi hanno tirato giù uno schizzo a matita che in questi giorni metteranno in bella. Con una rinuncia sia a introiti previsti per 350-400 milioni sia alla possibilità di ampliare la capienza degli spalti oltre i 52.500 posti base. Mentre sarà minimo il taglio alle opere pubbliche, che hanno un valore complessivo di 440 milioni. Bisogna restare nel pieno rispetto della delibera della giunta Marino. Non è che la Iorio, erede della responsabilità del dossier, sia favorevole, ma non si metterà di traverso al momento di votare la variante al piano regolatore. E’ che ai 5 Stelle piacciono molto certe cose: la sostenibilità ecologica del complesso, la copertura fotovoltaica, il ridotto consumo energetico, l’impatto ambientale contenuto. Su questo la Roma ha imperniato la sua presentazione. Quindi è salvo il parco verde di 34 ettari sul Tevere. La Roma ha rinunciato a molto e ha guadagnato tempo vitale. Pallotta ha trovato i soldi per partire, ma i finanziatori vogliono vedere i permessi di costruzione entro la primavera. Ecco perché è finito il periodo delle discussioni e delle proroghe.

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