Il Tempo (A.Austini) – Un paio di mesi da applausi, al massimo un girone, praticamente mai un anno intero. Poi comincia la discesa e si rialza solo una volta toccato il fondo. La Roma sta diventando prevedibile nel suo assurdo e incomprensibile andamento a ciclo continuo. È vero, siamo a settembre, le gare giocate sono appena sei e, a parte la Champions gettata a mare, gli obiettivi sono ancora intatti. Ma gli indizi che portano a pensare all’inizio dell’ennesima involuzione ci sono. E inquietano Spalletti, ieri di nuovo costretto a strigliare la squadra in palestra e davanti al video. Quest’estate il toscano era il più ottimista a Trigoria mentre veniva costruita la squadra. Ha sopportato la partenza di Pjanic senza fare troppe storie, ha concordato acquisti e cessioni insieme ai dirigenti ed è stato lui a confermare alcuni giocatori piuttosto che chiederne altri. Due esempi su tutti: Paredes e Iturbe. Ora però il suo effetto rigenerante sulla Roma sembra già svanito e quella squadra definita da lui “la più forte mai allenata” lo sta deludendo da tanti punti di vista. Come successo a Garcia, Spalletti vede scomparire all’improvviso tante certezze costruite nella stagione precedente. A cominciare dal gioco: in questo avvio la Roma ha brillato per mezzora a Oporto, nella ripresa con l’Udinese e la Samp, a corrente molto alternata a Cagliari e Plzen, Il tecnico è partito rilanciando Dzeko, poi ha provato a ritornare all’attacco “leggero“, ma nelle ultime tre gare ha inserito il bosniaco a inizio secondo tempo. El Shaarawy non è ancora sui livelli della passata stagione, Iturbe lotta con i suoi limiti, Perotti c’è ma ha smarrito la leadership tecnica con cui si è presentato a Roma. Udinese a parte, gli unici sprazzi di calcio di qualità si sono visti con Totti in campo. E se i giallorossi dipendono dai minuti giocati dal capitano quarantenne, c’è da preoccuparsi.
La difesa, poi, resta l’eterno problema. Tra cessioni, sfighe varie (da Castan fino a Rudiger e Mario Rui) e innesti dell’ultimo minuto si deve sempre ricominciare da capo. Aspettando il ritorno degli infortunati, compresa il cagionevole Vermaelen, c’è un problema di qualità dei singoli a disposizione. Juan Jesus ha avuto un impatto disastroso, a prescindere dal ruolo in cui è stato schierato. Ma se le riserve a sinistra si chiamano Emerson e Seck, quella al centro Fazio, non è facile fermare il brasiliano. Anche i portieri stanno deludendo, come se questa competizione creata fra due “numeri 1” fosse deleteria per entrambi. A centrocampo, dietro il terzetto Nainggolan-De Rossi-Strootman, ci sono due ragazzi da far crescere, con Paredes ovviamente più avanti di Gerson. E allora un Nainggolan al momento molto al di sotto dei suoi standard non può rifiatare. Insomma a rosa si conferma un po’ striminzita per giocare anche l’Europa League. Spalletti l’ha voluta così, chissà se ha già cambiato idea.