Sorriso Gerson: “Eccomi, Roma”

Corriere dello Sport (R.Maida) – Non gli ha fatto i complimenti. Di Francesco lo ha abbracciato, da padre di un calciatore di Serie A e da scultore di tanti giovani talenti. Gerson in quel momento era sfinito, dai crampi e dalle emozioni di una giornata incredibile, caracollava più che camminare verso la sostituzione, e in un istinto di affetto ha reclinato la testa, quasi sperando che quell’abbraccio non finisse più. Obrigado, mister.

BOOM – Sarà stata la pioggia. Ci voleva una giornata così per squagliare un’etichetta che questo ragazzo con l’aria spaurita aveva appiccicata da un paio d’anni. La Roma lo aveva pagato 19 milioni per strapparlo al Barcellona ma in una stagione intera non era riuscita a valorizzarne le qualità. A Trigoria dal primo giorno lo paragonavano a Paul Pogba, per la leggiadria dei movimenti e del tocco di palla. Gerson, che ha soltanto 20anni, ha subìto le aspettative invece di convertirle a suo vantaggio e ha vissuto in incognito da dicembre a maggio, senza giocare nemmeno un minuto dopo la sorprendente scelta di Spalletti di lanciarlo titolare allo Juventus Stadium. «Ma Spalletti non ha colpe – ha detto ieri con maturità -, mi ha dato delle occasioni di cui non ho saputo approfittare. Forse non ero ancora pronto per il vostro calcio».

DETERMINANTE – Ricordate però dove lo aveva piazzato? Esterno destro d’attacco. Non era un visionario, Spalletti, se qualche mese dopo Gerson ha segnato i primi due gol in Serie A proprio in quel ruolo, anche se in un 4-3-3 e non in un 4-2-3-1. Con il piede sinistro così delicato, con un fisico agile ma robusto, già a Stamford Bridge contro il Chelsea aveva interpretato la partita con la giusta personalità. A Firenze si è però superato facendo centro ai primi tiri possibili. Sul gol dell’1-0 ha utilizzato il giro del pallone per infilarlo sul secondo palo, dopo aver contribuito a rubarlo a Badelj. Sul raddoppio invece ha sorpreso Sportiello fintando il replay del gesto precedente per poi cambiare angolo, come un rigorista esperto. Il suo sorriso genuino, venuto dopo tanti dubbi e altrettante critiche a lui e alla società che l’aveva ingaggiato, è una delle immagini più belle della domenica romanista.

EVOLUZIONE – E’ lecito chiedersi come mai Di Francesco gli abbia dato fiducia, chiedendo in estate che non andasse in prestito e poi utilizzandolo con una certa continuità: pensate che in tutta la scorsa stagione aveva giocato solo 130 minuti in Serie A mentre oggi è già a 224. La risposta è nell’alchimia. Di Francesco gli ha chiesto più attenzione, più applicazione, e un’evoluzione tattica: prima tendeva a prendere troppo palla sui piedi senza guardare avanti, verso la profondità. Adesso alterna con maggiore efficienza la ricerca del lavoro spalle alla porta all’aggressione degli spazi. Inoltre la sua devozione al duello, alla fase difensiva, al fraseggio con i compagni sono armi preziose: sembra un fuscello Gerson ma nei contrasti è molto difficile da disinnescare.

FESTA – Nella zona mista del Franchi è stato chiaramente il giocatore più cercato ma, a causa della scarsa dimestichezza con le interviste, ha dovuto incassare senza accorgersene lo “schiaffetto” sul collo di Manolas, che passava dietro di lui mentre parlava. «Quest’anno – spiega Gerson – è tutto diverso. Ho cambiato testa e sento fiducia attorno a me. Allenatore, squadra. Di Francesco ha fatto scattare qualcosa». L’inizio di un lungo abbraccio.

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