La conferenza di addio di Sabatini: “Da parte mia ci sarà un’assenza fisica ma una presenza intellettuale e psicologica. La Roma è la mia vita. Pensare alla vittoria è una necessità. L’idea di non aver vinto lo scudetto mi perseguita. Ho reso la squadra un’insidia per tutti. La rivoluzione culturale è stata il mio vero fallimento. Totti costituisce un tappo, è una luce abbagliante, oscura tutto un gruppo di lavoro. Massara non è un mio delfino, è competente. Fidatevi dei dirigenti, non fateli diventare carne al macero da calpestare. Mancando la continuità non si è arrivati all’obiettivo. Nainggolan non avrà un adeguamento ma un premio in base alle prestazioni. Addio? Vivo d’istinto, la società punta su un logaritmo. Commissioni? La Roma è una società onesta, io sono un uomo onesto. Cedere Lamela mi ha ucciso” – FOTO e VIDEO

sabatini

Pagine Romaniste (Da Trigoria F.Biafora – D.Moresco) – Walter Sabatini, ex direttore sportivo della Roma, è intervenuto in conferenza stampa, accompagnato dai dirigenti Mauro Baldissoni, Tonino Tempestilli e Bruno Conti, per spiegare il suo addio al mondo giallorosso. Queste le sue parole:

Inizia Sabatini: “Intanto grazie, mi fa piacere che siete in molti. La prima volta che sono entrato qui c’era alta pressione e stavo meglio, ora l’umidità mi comprime. Con l’alta pressione pensieri e parole fluivano più efficacemente. Faccio riferimento alla mia primissima conferenza stampa non me la ricordo tanto bene, mi ricordo alcune cose importanti. Avrete cose da chiedermi, non è un bilancio definitivo, non è un consuntivo, perché la squadra è ancora in attività, è ancora la mia squadra, ci sarà un’assenza fisica, ma una presenza intellettuale e psicologica, starò dietro a tutto quello che succederà da qui in avanti, mi sentirò totalmente partecipe. La supposta sconfitta sul fatto che non abbiamo vinto può essere ancora smentita e ribaltata. La squadra è competitiva, allenata in maniera perfetta da Luciano Spalletti, quindi qualche speranza di riuscire a fare un campionato sbalorditivo in controtendenza alle opinioni generali che sono comprensibili e spero producano un effetto. Qui ho fatto un ciclo lungo di 5 anni, con un’osservazione che faccio costantemente dentro di me: abbiamo una struttura che funziona, di gente che sa quello che fa. Anni molto positivi in generale da un punto di vista analitico. Da un punto di vista emotivo è mancata la convocazione al Circo Massimo dei tifosi della Roma. Non era tanto un sogno, ma una speranza che si è accesa saltuariamente rispetto alle squadre scese in campo in questi anni. Ho pensato che prima o poi le squadre di questo quinquennio avrebbero potuto competere per un risultato eclatante, cioè la vittoria dello scudetto. E’ un mio grande rammarico, è una mia frustrazione e me la porto a casa. Ma non è rabbia, che normalmente è il sentimento che affiora in me per caratteristiche biologiche, è una tristezza cupa, probabilmente irreversibile, a meno che non ci sia uno scatto immediato in questa stagione. E’ una tristezza quieta, sono sereno, crediamo di aver fatto il massimo. Non mi vergognerei di questa Roma né farei recriminazioni particolari, perché sono anni che siamo competitivi, abbiamo fatto due secondi e un terzo anche in maniera miracolosa, attraverso l’avvento di un allenatore, Spalletti, che considero straordinario e con un gruppo di giocatori competitivo. Concludo dicendo che io sono stato il direttore sportivo della Roma, lo sono stato esclusivamente, ho annullato totalmente la mia persona fisica e giuridica. Negli ultimi cinque anni non ho fatto niente se non il direttore sportivo della Roma. Non ho mangiato, scritto, urlato, litigato, non ho guardato le spalle di una donna senza sapere di essere il ds della Roma che è stata per me una cosa esclusiva. Questa esperienza è stata la vita, non una frazione di vita. Quello che è successo prima nella mia vita è totalmente opacizzato, vedo solo la Roma e sento di aver vissuto per la Roma. Sono geloso di questo sentimento, sono anche preoccupato da quello che verrà dopo perché sarà difficile da affrontare. Questa è stata la mia vita, non un brandello di vita.”

Cosa porta con sé di questa esperienza alla Roma? C’è tanta gente del club qui in conferenza…
Le persone che lavorano a Trigoria sono prevalentemente le mie badanti, le ragazze che lavorano di sopra. Mi hanno sostenuto, nutrito, curato, mi dispiace molto perderle. C’è tanta gente a cui ho voluto silenziosamente bene, non esterno i sentimenti, ma li curo dentro di me. So bene quanto la mia permanenza a Trigoria sia stata sostenuta da tantissime persone, qui c’è molta passione per la Roma e competenza, fidatevi di tutte le nostre persone perché sono persone eccezionali. Anche tu partecipi a questa congrega di persone forti, che ha lavorato con scrupolo, passione, amore e continuerà a farlo. Questa azienda è ancora dentro i suoi obiettivi, c’è una squadra che ha fatto risultati contraddittori, ma è forte, fatta di ragazzi seri che vogliono fare qualcosa di importante. La prima volta che sono venuto qui ho parlato tanto e con enfasi, sono entrato qui che neanche ero ds della Roma, ero ds della Roma in pectore e in quella circostanza ho detto tante cose, alcune plausibili, altre meno, ma una me la ricordo: ero qui per stimolare, per costruire una rivoluzione culturale, in questo risiede il mio vero fallimento. Il fallimento non è nei risultati sportivi e nella gestione dei calciatori, ovviamente so di aver fatto degli errori. Ho portato la Roma a sedersi su tutti i tavoli del calcio che conta. Ho reso la Roma un’insidia per tutti, è sempre stata presente e ha sempre combattuto.. Ho fatto un mercato rissaiolo e ci sono sempre stato, ma non io, la Roma. In tema di rivoluzione culturale, che è una cosa magniloquente, che presuppone qualcosa di articolato, si riferiva solamente ad un’esigenza, cioè pensare alla vittoria non come una possibilità, ma come una necessità. Trigoria, i calciatori, i tecnici, i dipendenti di Trigoria, non devono pensare alla vittoria come una possibilità, la vittoria o l’idea di vincere deve diventare una necessità. Tutti noi la dobbiamo considerare un evento necessario, se questo succede ecco la rivoluzione. Adeguare i comportamenti di chiunque per centrare l’obiettivo, non penso di averlo centrato. Ho ancora qualche speranza che succeda, visto l’allenatore che c’è, auspico rimanga 5 anni, con il suo laboratorio permanente, spero che centri questo obiettivo che non significa vincere, ma pensare alla vittoria come una necessità. Mi sento molto deluso, qui si perde e si vince nella stessa maniera, questa è la nostra vera debolezza.

I tre momenti più belli di questa esperienza?
Intanto quando ho messo piede qui dentro, ero super motivato, ottimista, era un’emozione forte. Pensavo, e lo penso ancora ma altri lo faranno per me, di poter fare qualcosa di importante, poi, dal punto di vista analitico, so di aver fatto cose importanti. Pensavo a qualcosa di forte, trionfale, con la Roma che si imponesse come squadra, come azienda, come gruppo di persone, credevo fermamente che sarebbe successo… E’ stato un momento molto pregnante e motivante della mia vita. Poi ricordo le vittorie, bellissime, la vittoria del derby per 2-1, con il vituperato Ibarbo, che qualcuno ha definito operazione fallimentare. Colgo l’occasione per dire che è stato pagato 2 milioni di prestito, contrariamente agli 8-10 milioni di cui si era parlato, recuperati con il Watford 3 mesi dopo. Quel povero disgraziato di Ibarbo ha permesso al vituperato Iturbe di far gol e aprire la partita che ci ha portato in Champions. Quella vittoria la ricordo con tanto affetto, perché è stata prodotta da quei due calciatori che non hanno avuto molta fortuna. Ricordo tantissime cose, decine. Ricordo il gol di Bradley ad Udine che i portò quasi al record, ci fu il gol del ‘problema’ Borriello come lo definii nella mia prima conferenza. Ci sono stati anche momenti brutti, come la sconfitta nel derby di Coppa Italia, che è stata un po’ la catarsi della rigenerazione e l’aggiustamento di un mio pensiero perché pensavo di poter fare un certo tipo di calcio, dopo quella partita abbiamo cambiato indirizzo con successo. L’idea di non essere riusciti a vincere uno scudetto mi perseguita, la terrò per tutta la vita, a meno che questa squadra non faccia qualcosa di imprevedibile. Sono parte in causa di questa squadra presente, sia se vinca sia se perda questa squadra.

Totti è un blocco della massima espressione degli altri calciatori?
Totti, inevitabilmente, è una questione sociologica. Tutti vogliamo Totti, io gli darei il premio Nobel per la Fisica, ne istituirei uno per lui visto che non gli hanno dato il Pallone d’Oro per potergli riconoscere le cose che ha regalato al calcio.. Il calcio internazionale e italiano soffrirà la sua assenza, alcune sue giocate sono irripetibile, le giocate di altri saranno ripetute e clonate come ripetutamente successo. Le sue traiettorie, le sue parabole hanno messo in discussioni Copernico, Keplero, la teoria della relatività, il bosone di Higgs. Totti costituisce un tappo, perché porta una luca abbagliante, oscura tutto un gruppo di lavoro. La curiosità morbosa che c’è per ogni suo fare, dire, ogni sua espressione dentro e fuori dal campo, comprime la crescita di un gruppo di calciatori, è tutto comprensibile. Totti rappresenta un pezzo di carne di gente che è cresciuta con lui, o è invecchiata con lui, tutti fanno fatica a staccarsi da quel pezzo di carne. Il suo fenomeno andrà raccontato da qualcuno tra qualche anno.

Come si concilia il suo percorso sul mercato con il percorso tecnico della squadra?
Mi permetto di dire, poi mi succederà Ricky Massara nell’immediato, poi non so che succederà. Massara non è un mio delfino, è un professionista, laureato, competente, accettate l’idea che sia il ds della Roma, non che sia legato a me. Ha lavorato con me ma da ora in poi eserciterà il suo ruolo, e potrà esercitarlo solo se chi interloquisce con lui accetterà questa questa idea. Lui è un ragazzo educato, di estrazione sabauda, di madre francese funzionaria del Louvre. Vedrete un livello di educazione che non ho mai compreso, ci vuole una capacità di sopportazione notevole che io non avrei mai. Mi sostituirà e farà bene il suo lavoro, la Roma avrà un suo futuro anche con lui. Ci sono dirigenti importanti nella Roma, vituperati e diffamati, un giorno mi spiegherete perché qualcuno di voi vuole indebolire la Roma con la demolizione costante dei dirigenti della Roma. Accetto le critiche, le condivido, errori ne ho fatti e sono stati puntualmente e giustamente rimarcati, però io vedo che c’è la tendenza a far diventare Baldini un massone dannoso, Baldissoni un arrogante imbucato, giocatore di calcetto, anche lui massone. Preparate un dossier su Gandini appena arrivato perché dovrete distruggerlo. Attenzione non vi sto accusando di niente, le sconfitte della Roma sono tutte mie in quota anche di qualcun altro, non è la stampa che ha perso, non è un attacco alla stampa, è un attacco all’abitudine. Quando la Roma è debole, e ha fatto due secondi posto e un terzo con l’intervento miracoloso di Spalletti ed è comunque oggi in una posizione ibrida con la possibilità di migliorarsi, è meglio che sia così debole. I latrati a pagamento possono avere una sua funzione. Io so quello che dico, non lo dico con polemica, faccio un’osservazione oggettiva e serena, parlo di un problema generale, tra 20 minuti uscirò da questa sala e non sarò più il ds della Roma, non devo difendere nessuno. Rendete la Roma forte, fidatevi dei dirigenti, non fateli diventare carne al macero da calpestare. Con una Roma debole c’è tutto da rimettere, tutti tranne chi usa la diffamazione costante. Non parlo di critiche, ho le spalle larghe, alcune critiche mi hanno molto aiutato. Gli altri lo fanno con le squadre importanti. La schizofrenia mi riguarda personalmente, è stata una necessità. Noi non possiamo individuare un obiettivo e andarci giusto, dobbiamo fare un calcio rissaiolo, bosco e riviera, arrivare sugli obiettivi, cercare di prenderli e magari di riuscirci anche. Ho cercato di farlo, è giusto dire della continuità, ma noterete che in questa squadra c’è continuità, poi lasciate perdere che non siamo stati fortunatissimi. L’ultimo calciomercato è stato noioso e statico e non mi ha assomigliato per niente, ma abbiamo deciso di puntellare la difesa confidando che centrocampo e attacco hanno fornito un risultato rimarchevole l’anno scorso. Abbiamo perso Mario Rui, Rudiger, Vermaelen, qualche disastro c’è stato. Nella continuità è più facile ottenere risultati. Una certa continuità c’è stata ma è stato necessario fare un mercato pirotecnico per raggiungere obiettivi. C’era una pressione UEFA addosso, dovevamo rimanere dentro i parametri.

Sabatini chiama una pausa sigaretta: “Mi fate fumare una sigaretta? Mi faccio due tirate fuori e sarò più efficace“. Ma per motivi televisivi rinvia la pausa.

In relazione alla schizofrenia: è difficile trovare un giudizio così schizofrenico sulla sua persona? Le è capitato di sbattere i pugni per un giocatore? Si è venduto l’anima ai padroni?
Secondo me il dato della patrimonializzazione è tarocco (ride, ndr). La mia anima è talmente complicata che non la comprerebbe nessuno. Non è un esigenza della proprietà. E’ una strategia che mi è stata affidata, se vendo Benatia e compro Manolas non ho prodotto un danno, produco un utile e lancio un altro giocatore. Ci sono rischi notevoli, è vero, ma i calciatori venduti sono stati adeguatamente sostituiti, nel saldo dare-avere ho cercato di non indebolire la squadra. Se vendo Ljajic e prendo Perotti penso di averci guadagnato con tutto il rispetto di un ragazzo che ho amato e ammirato e che ho voluto portare a tutti i costi qui. Ho creduto sempre di fare operazioni di mercato per non perdere dal punto di vista tecnico, Marquinhos per Benatia per esempio, queste operazioni a volte sono state fortunate, a volte meno, ma si è cercata sempre la competitività, siamo stati una squadra che dà tanto fastidio a chiunque, anche se non abbiamo vinto. Abbiamo avuto la sfortuna di fare 85 punti in campionato, regalando le ultime 3 partite, in una stagione dove la Juve ha prodotto risultati irripetibili. Potevamo fare 90 punti senza regalarle, a 90 punti si vincono 3 campionati su 5. Non credo di aver prodotto un danno facendo questo tipo di mercato. Il danno è prodotto dal fatto che mancando la continuità non si arriva mai a coagulare all’unità di intenti, alla conoscenza. Abbiamo dovuto farlo per essere competitivi, dentro queste scelte assunte ho fatto anche cose che non hanno funzionato, ma tantissime cose hanno funzionato.

Le proprietà straniere non sanno quello che comprano. Pallotta si è reso conto di cosa ha comprato? Sa cosa significa la Roma?
Sa perfettamente cosa è la Roma, se ne rende conto quando viene qui, sa la pressione e la passione, che andrebbe incentivata, visto che la passione popolare è il segreto del calcio. E’ una questione culturale, è un imprenditore americano che crede e deve fare le cose in una certa maniera. Pallotta è un bostoniano allegro positivo, incline allo studio della statistica, partecipa a meeting, io sono un europeo crepuscolare, solitario, forse sono un etrusco residuale. Lui vive e pensa il calcio in una maniera diversa da me. C’è rispetto reciproco, anche se ci sono stati conflitti. Ma la rescissione consensuale dimostra che c’è stato un buon rapporto. Pallotta si è sempre fidato del mio operato, di chi ha lavorato proficuamente per la Roma ma non è stato lontano a conseguire obiettivi importanti. Milan e Inter vorrebbero essere la Roma, siamo incappati in un ciclo della Juventus straordinario, Paratici e Marotta hanno fatto scelte superiore a noi. Non siamo stati tanto al di sotto, al di là dei 17 punti che sono stati poi un’esagerazione. Abbiamo fatto un secondo posto con la gestione Garcia con molti punti di meno, centrando però il secondo posto battendo la Lazio in una partita drammatica. Siamo ripartiti tra le difficoltà, poi abbiamo portato Spalletti, che ha una media scudetto considerando i due campionati. C’è una media di secondo posto abbondante. Quindi c’è competitività da parte della Roma, poi ci sarà una componente di fortuna che porterà alla vittoria dello scudetto che è stata la mia speranza delusa, con la piccola riserva che possa succedere qualcosa di imprevedibile in questa stagione.

Pausa di un paio di minuti per una sigaretta.

sabatini

Lei ha parlato di una società molto in salute, ma perché lascia la Roma? Pensa di aver concluso un certo tipo di percorso, come quello dei rinnovi?
Nainggolan non è all’ordine del giorno, lui ha chiesto un adeguamento, la società sta valutando se farlo o meno, non credo si farà, ci sarà un premio in base alle sue prestazioni, stiamo negoziando non è ancora finita la cosa. I calciatori si devono rendere conto che abbiamo iniziato la stagione perdendo la qualificazione in Champions, un evento dolorosissimo e dannosissimo per l’azienda e per i tifosi, ci sono considerazioni inevitabili perché le condizioni di mercato ci impongono di farlo, ma poi questa vicenda sui salari sarà portata avanti da Baldissoni, ha tutti i requisiti per farlo. Non è una priorità assoluta per noi, per noi lo è che la squadra si metta in testa l’idea di poter fare cose importanti, ci sono i requisiti e i presupposti per farlo. I motivi? Sono cambiate le regole di ingaggio, io posso fare solamente il mio calcio, non sono una mente elastica che riesce ad adeguare le esigenze dei nuovi criteri di selezione. Il presidente e i suoi collaboratori, giustamente e legittimamente puntano su altre prerogative, puntano sulla statistica, stanno cercando un algoritmo vincente. Io vivo d’istinto, dentro la mia immaginazione, non voglio fare un esercizio di saccenza ma io non vedo il pallone come un oggetto sferoidale che fa un tot di rimbalzi, ma ci vedo il mio universo intero. Per me la palla è qualcosa, sono dentro al pallone, fuori dal pallone, sono con i calciatori, vivo il mio calcio immaginifico, il mio calcio che non può essere freddamente riportato alla statistica che descrive un calciatore. Le statistiche aiutano ma tradiscono: prendete l’esempio di un terzino che ha fatto 12 cross a partite, ma non si tiene conto di una connessione nel calcio. Magari ha fatto 12 cross a partita grazie ad un simil Totti che ha trovato le linee giuste che gli fa arrivare la palla giusta al momento giusto. Magari un terzino fa uno due cross a partita perché ha un energumeno vicino. Credo a quello che vedo e sento quando vedo un giocatore, non voglio dibattere o combattere queste tesi contrapposte, devo fare il mio calcio e devo farlo in buonafede, non intendo cambiare. La società, Pallotta e i suoi collaboratori, pensano ad altre prerogative e possibilità, loro sono inclini alla statistica, ai meeting,  io sono incline alla mia sofferenza notturna, mi sparo 5 sigarette e cerco di capire se un soggetto è bravo. Poi qualche volta mi confondo, raramente, prendo Piris. Povero Piris ad esempio, utilissimo, ma non era un giocatore da Roma. Le cantonate le ho prese, le continuerò a prendere, ma faccio una tara, l’avere supera nettamente il dare.

Lei viene sostituito da una macchina quindi?
No, da una cultura, da un modo di fare, che non è condannabile, non censurabile, lo fanno in molti, io ritengo di non essere all’altezza di questo compito. Ho una idea di me stesso piuttosto altolocata, ma sono un presuntuoso critico di me stesso. Devo fare il mio calcio, voglio fare il mio calcio e qui adesso posso farlo un po’ di meno. Sono un uomo leale, so di non poter fare il massimo in questa situazione, c’è stato un episodio scatenante che ha portato a questa cosa che riguarda un giocatore che non ho preso (Boye, ndr) che sta facendo molto bene in Italia che avevo con una manovra di stampo sudamericano preso, quel giocatore l’ho perso perché mi è mancata l’arroganza e la determinazione e la sicurezza di poter fare quell’operazione, che comportava un’operazione crassa. Sentendo le mie spalle una serie di osservazioni giuste e corrette ho perso l’attimo fuggente. La mia forza è l’attimo fuggente, sulle cose arrivo con forza, prepotenza, sono orgogliosamente romanista e il ds della Roma. Perso questo giocatore ho riflettuto sul di non meritare più la Roma perché ho meritato la Roma facendo delle cose, se non sono più in grado di farle me ne devo andare. Odio non averlo preso, mi fa star male,mi sento sportivamente morire. Se io fossi un direttore simmetrico direi che mi aggiornerò, non farò nessun viaggio studio, mi cercherò una tana dove rinchiudermi senza leccarmi le ferite perché ne ho tante suturate, un buco dove nascondermi e stare zitto per 10-20 giorni, spegnerò il telefonino, non mi troverete. Questo episodio è stato decisivo nel decidere, ho capito che non devo essere più io il direttore sportivo della Roma. Lo avevo capito già prima, ma è stata una causa scatenante, qualcosa che mi fa dire “basta”.

Ci spiega il ruolo di Baldini?
Massara potrebbe essere il ds della Roma per altri dieci anni, ho detto che per adesso c’è. Massara meriterà di fare questo mestiere a lungo, è un ragazzo onesto, serio e competente. Il ruolo di Franco Baldini è meglio che ve lo spieghi lui o Pallotta. Franco si è confrontato con me prima di accettare questo incarico da parte di Pallotta, mi ha chiesto se avessi provato fastidio, gli ho detto di no perché avevo già assunto le mie decisioni. E’ un grande acquisto per la Roma, fatto salvo che è notoriamente un massone, con lui Baldissoni. Per Gandini prepareremo un nuovo dossier. Sto polemizzando con individui, non con la stampa. Quante battute e allusioni avete fatto sulle commissioni? La maggior parte di voi è edotta circa le procedure, io pago una commissione per acquistare un giocatore, queste commissioni dove sono, dove sono le mignotte, dove sono le vacanze nelle isole, le prebende, le tangenti. Gli individui, non la stampa, le sconfitte sono tutte mie, non della stampa. Le commissioni le ha prese chi doveva prenderle, non ci sono prebende per nessuno, la Roma è una società onesta, io sono un uomo onesto. Questi individui venissero in tribunale con me, tirassero fuori i fatti, si associno in una Cialtroni & Co. Iscrivete alla società chi vuole venire contro di me. Oggi sono persona fisica e giuridica, non ds della Roma, giocatevi i vostri soldi in tribunale, non li darò in beneficenza, vado nel mio posto ideale e mi gioco la mia spina dorsale in un tavolo verde fin quando avrò perso l’ultima fiches con i vostri soldi. Le commissioni, gli agenti, questo consorzio tra Sabatini e agenti. Vacanze ad Ibiza, signorine, non ho avuto bisogno di signorine a pagamento. Quegli individui la facciano finita, o ora si alzassero in piedi, si costituissero in consorzio davanti le telecamere e venissero contro di me davanti a un giudice.

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C’è già una destinazione per il suo futuro?
Essendo io un incosciente definitivo non faccio una scelta avendo coperture. Non ho nessuna offerta, non ho ricevuto telefonate, sono da oggi pomeriggio un disoccupato. Ho bisogno di lavorare e voglio lavorare, io sono un direttore sportivo, la vita è un corollario, non riesco tanto a viverla, io vivo se lavoro e faccio il mio mestiere. Auspico che qualcuno mi cerchi, non guardo alle grandi società, accetto lavori ovunque, un panino con la mortadella vale quanto un pasto col caviale, l’importante che io riesca a fare il mio calcio. Qualcuno mi raccatterà, sennò mi ritirerò nella mia tana che potrebbe essere anche il bagno di casa mia.

Lei disse di non affezionarsi ai calciatori, non pensa che in questo caso la Roma abbia sbagliato bersaglio visto lo stadio sempre più vuoto? Non manca questa affezione della gente per i calciatori?
Totti è un tappo perché irradia una luce così forte, gli altri restano in penombra, non maturano caratteristiche per rimanere nella Roma. Mi chiedo perché la Roma abbia perso questa empatia. E’ il calcio moderno, i calciatori si vendono ovunque per scelte tecniche o di bilancio. Non capisco perché la Roma non debba affezionarsi a Salah, Perotti, Manolas, a Dzeko, che è una cariatide come l’avete definita. Ci si può affezionare a tanti giocatori nella Roma. Probabilmente ci si affezionerà a Bruno Peres. Ho detto che strategicamente, inevitabilmente, il calciatore dopo due tre anni viene ceduto, succede ovunque. Il problema salariale è insormontabile, quando un calciatore va oltre ad una prestazione più che sufficiente diventa difficile gestire la questione salariale. La Roma ha delle condizioni da rispettare dal punto di vista salariale sia per le norma UEFA che per il buon senso della società. Io per esempio sono tanto affezionato ai miei calciatori, non vedo perché gli sportivi non debbano essere affezionati.

Le è mai capitato che qualcuno le suggerisse chi comprare? Chi avrebbe voluto tenere ma l’ha dovuto cedere? Chi avrebbe voluto comprare e non ci è riuscito?
Ne avrei comprati centinaia. Ci sono tanti calciatori che mi ha fatto male vendere, ne cito uno senza mancare di rispetto agli altri ragazzi. Cedere Lamela mi ha ucciso, perché Lamela è stata la mia provocazione, quando ho ritenuto di poter essere il ds della Roma ho imposto questa operazione importante e impegnativa. Ho voluto farlo perché immediatamente volevo dare un segnale di forza della Roma, un segnale di presenza, che andasse a intercettare un talento emergente, un predestinato, ho voluto dire che la Roma c’era, lasciateci il nostro spazio, perché arriveremo noi e faremo a gomitate in tutti i mercati. Fu un’operazione complicata e inquinata, alla settima giornata essendo arrivato con un problema alla caviglia si è presentato con un gol al Palermo straordinario. Nel secondo anno con Zeman è molto migliorato perché ha capito come attaccare la porta. Venderlo è stato un dolore grande. Ogni volta che ho venduto un calciatore mi sono sentito male, edulcorato dal fatto che ho comprato uno che ritenevo più forte. Sempre qualcuno mi suggerisce di comprare, io puntualmente non lo faccio, se non ritengo che debba esser fatto, anche all’interno del club. Poi una volta in venti anni mi è capitato perché faccio prevalere il senso del calcio.

Ha la sensazione che Pallotta si sia stufato della Roma?
No, non lo penso proprio. Credo che sia un privilegio per lui, lo vive con grande passione, credo che è molto attaccato all’idea di render forte la Roma, non perché lo stadio sia una speculazione, ha esperienze dirette e sa perfettamente che lo stadio darebbe una percentuale più alta per esser competitivi nella dimensione internazionale. Pallotta si fermerà nella Roma, migliorerà, vuole andare avanti, ha idee e speriamo che abbia la fortuna di perseguirle e metterle in pratica.

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