Rudi Garcia: “Non sono a Roma per battere dei record, ma per vincere dei titoli”

A.S.Roma_Garcia

FRANCE FOOTBALL – Rudi Garcia è l’allenatore dell’anno 2013 in Francia. L’attuale tecnico giallorosso ha vinto il premio di France Football superando la concorrenza di Didier Deschamps, ct della Francia, e Galtier (Saint-Etienne), arrivati rispettivamente secondo e terzo.

E’ la seconda volta che Garcia vince il premio in Francia. Queste le parole rilasciate dal tecnico giallorosso: “Molto sinceramente, lo apprezzo ancora di più perchè non me l’aspettavo per niente. Fortunatamente ero seduto quando ho appreso la notizia, non posso dire che ero piu felice con questo premio che con il primo, ma ero veramente zittito dalla sorpresa“.

(francefootball.fr)

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Questa l’intervista integrale al tecnico giallorosso:

Sei stato eletto allenatore francese dell’anno con mezzo punto di vantaggio su Didier Deschamps. Cosa hai provato?
Sono molto contento, ancora di più perchè non me lo aspettavo.

Il tuo voto a Philippe Montanieril (attuale allenatore del Rennes, ndr). Perché?
Perché ha avuto un notevole successo in un campionato molto competitivo. Portare la Real Sociedad in Champions League quando la squadra non era programmata per farlo è incredibile. Anche se tempo fa Raynald Denoueix (ex tecnico della Real Sociedad, ndr) aveva già compiuto un’impresa simile. Non è mai facile raggiungere questi livelli all’estero, posso testimoniarlo. Sono andato a veder lavorare Philip, che non parlava spagnolo però lo ha imparato in fretta.

Il suo esempio ti ha ispirato quando ti sei impegnato con la Roma?
Inconsciamente, forse. Ma ero già pronto a muovermi, scoprire un altro paese, un’altra cultura.

Ti aspettavi di lavorare in Spagna?
Sembrava più logico, dal momento che ho imparato la lingua e conosco il paese. Ma non ho cercato nessun club, aspettavo che mi venisse proposto qualcosa.

Perché gli allenatori francesi all’estero sono cosi pochi?
E’ ‘vero che non siamo tanti a lavorare all’estero e mi chiedo anch’io il perché. In Francia ci sono molti buoni allenatori. Quando sono arrivato a Roma ho notato che, attraverso il mio lavoro, è stata riconosciuta la competenza degli allenatori francesi.

Pensa che le attività che svolge in Italia siano le stesse?
Sì. Volevo comunicare con i miei giocatori, ma anche con la stampa, perché fa parte del mio lavoro. Per integrarti pienamente nel paese ospitante devi imparare la lingua e rispettare delle regole. Mi impegno ancor molto ma faccio ancora errori.

Ci devono necessariamente essere aspetti diversi …
Lo staff tecnico è molto grande qui. A Roma siamo in diciotto. In Italia possono essere convocati ventitre giocatori, siamo in tanti a viaggiare.

Sembra che hai cambiato qualche abitudine presso il centro di allenamento…
Qui c’è ogni persona che lavora per il club, in un’area non molto grande. Tutti erano mischiati. Ora non possono a venire a bere il caffè quando la squadra si allena. Ho anche cambiato gli uffici per gli allenatori. E ‘ più facile cambiare abitudini quando sei nuovo. Quando sei in un posto da tanto tempo, si sa che è complicato. Ma ho trovato un club in cui i valori umani sono importanti.

Qual è il tuo rapporto con i giocatori?
Tutti mi chiamano “Mister”. Anche i leader. Non è “Coach”, come in Francia. Al di là del talento, c’è una grande chimica tra i giovani e i più vecchi. Quest’ultimi non avevano voglia di rivivere una stagione come quella precedente, senza coppe e che si è conclusa con una sconfitta contro la Lazio nella finale della Coppa Italia.

Ti avevano avvertito?
Oh sì! Tutti mi dicevano: “E’ una piazza difficile”. Scherzi a parte, se si lavora, non è più difficile di un’altra piazza. Qui c’è un sacco di passione e molta copertura mediatica che ingigantisce tutto.

Come siete riusciti a trasformare una squadra traumatizzata, in un gruppo che ha guadagnato distacco dalle altre?
Non ho guardato indietro. Avevo bisogno di seguire la mia strada e non potevo essere condizionato da quello che è successo prima. La mia priorità era quella di ottenere i giocatori migliori per un progetto di gioco che avremmo avuto poi. E’ stato complicato. In seguito, ho dovuto lavorare sul lato psicologico e convincere alcuni a rimanere. Il club aveva bisogno di vendere perché aveva speso quasi 100 milioni di euro in due anni. Il gruppo è cambiato molto. In particolare è stato difficile cedere Osvaldo e Lamela che avevano fatto trentuno gol in campionato.

Quando hai avvertito di essere seguito dai giocatori?
I primi risultati ci hanno aiutato. Ma ci sono stati dei segnali anche prima. Durante il ritiro c’è stata una giornata di rafting, seguita da una cena, che ha forgiato la coesione del gruppo. Ho potuto verificare che avevo uomini di qualità, non solo giocatori. Quel giorno mi resi conto che i ragazzi avrebbero dato tutto. Questo è il carattere di una squadra vincente.

Ci sono stati altri segnali?
La vittoria a Livorno alla prima di campionato, con un gol di De Rossi. Daniele è un grande giocatore, e lui è romano. Per lui è stato molto complicato negli altri anni perché ha avuto un rendimento altalenante. Era considerato in partenza. Gli ho detto che il suo posto era qui,ma che potevo capirlo. Abbiamo fissato insieme un termine oltre il quale non ci avrebbe lasciato più. Il Manchester United ha fatto un’offerta per il giocatore verso la fine del mercato. Daniele rispose dicendo: “No, ho dato la mia parola, non mi muovo”. Questa è classe! Il segno di un uomo per cui la parola data è un valore. Quando ha segnato contro il Livorno è venuto a festeggiare con tutta la panchina.

Non era l’unico giocatore ad essere stato messo in discussione …
No, c’era anche Pjanic, che ha segnato un gol favoloso contro il Verona E Balzaretti, che segnò poi alla Lazio . Loro hanno risposto sul campo, facendo vincere la squadra. Il gruppo si è saldato grazie al record delle dieci vittorie consecutive.

La Roma non è mai stato un club che ha vinto tanto…
Sono alla Roma non per battere i record ma per vincere titoli. Sì, tre scudetti sono troppo pochi rispetto a ciò che rappresenta questo club. Sta a noi cambiare la situazione ed essere forti. L’AS Roma è marchio conosciuto in tutto il mondo e può avere uno sviluppo enorme. La proprietà americana vogliono arrivare a questo. Hanno investito tanto anche nei primi due anni. Purtroppo, i risultati non hanno dato seguito. Ma il progetto del presidente James Pallotta e del suo management è quello di rendere la Roma uno dei più grandi club al mondo.

Con i vostri record avete creato molte speranze e aspettative?
E tuttavia, siamo solo secondi … In tutti gli altri Campionati saremmo in testa. Ciò dimostra che la Juve ha fatto un percorso fenomenale. Qui hanno parlato molto rapidamente di titolo. Può capitare, naturalmente, e cercheremo di fare il possibile. Ma la Juventus e Napoli sono più attrezzate di noi. Ma sono convinto che arriveremo in Champions League.

Per un allenatore che arriva a Roma, si deve cominciare da Totti?
Sapevo che era un grande giocatore, ma finché non l’ho visto non potevo sapere quanto. Francesco mi ha stupito. Per me, questo è uno dei migliori giocatori nella storia del calcio. Il suo grande amore è la Roma e non so se ci sara’ mai in futuro uno come lui. E’ una leggendaI giocatori più grandi sono generalmente più facili da gestire. Anche se ci sono delle eccezioni. Totti è uno che dà il buon esempio. E’ intelligente, umile, positivo, allegro. Ama il calcio ed è apprezzato da tutti. La prima vota che abbiamo parlato mi ha detto che aveva fame e voleva vincere titoli.

Il bel gioco, conta in un paese dove la cultura del risultato predomina?
A Roma si è spesso unito i due concetti. Ho sempre pensato che, se si gioca bene, hai più possibilità di vincere. Sono flessibile, rassicurante, positivo. So che possiamo battere chiunque in questo campionato. E con questa squadra, posso andare lontano.

Quando hai detto che ti senti “Romanista”?
Questo è soprattutto il derby che me lo ha fatto dire . Tutto è cominciatola con finale di Coppa Italia persa contro la Lazio. Quando sono arrivato per la presentazione della squadra lo stadio era pieno di gente, ma sopra di noi volava un aereo con uno striscione che ricordava la sconfitta in finale. È stata creata anche una linea di abbigliamento Lulic 71’ per celebrare l’evento, pensa che mancanza di ambizione… Per fortuna abbiamo incontrato subito la Lazio in campionato, cosi ci siamo potuti togliere questo trauma.

La tua reputazione è quella di far giocare bene le tue squadre, ora la Roma ha la migliore difesa dei cinque campionati più importanti, assieme al Lille. Un divertente paradosso?
Pazzesco, eh?  Giochiamo un calcio votato all’attacco ma c’è anche un quilibrio difensivo minimo da mantenere. Che non significa necessariamente stare in tanti sotto la linea della palla, ma andare a pressare alto l’avversario il più rapidamente possibile e soffocare i suoi attacchi. Quanto ai risultati del Lille, beh, è magnifico! L’ho visto la prima volta contro Marsiglia. Sono molto ordinati in campo ma non sono sorpreso. Vincent Enyeama è un grande.

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