Roma record senza coppe

Il Tempo (A.Austini) – La stagione della Roma è finita con un secondo posto e l’addio di Totti. Non sono arrivati trofei ma i giallorossi hanno fatto segnare una serie di record. Queste le pagelle de Il Tempo:

Szczesny 8: La migliore stagione della sua carriera, con una continuità mai dimostrata prima. E pensare che era iniziata malissimo con i tre gol subiti dal Porto nel playoff di Champions. Poi ne ha giocate 38 su 38 in campionato, lasciando ad Alisson le coppe. Che fosse un anno magico s’è capito in tre momenti: le uniche sue papere sono state ininfluenti (gol annullati a Crotone e Palermo), l’uscita a vuoto nell’ultima gara col Genoa nell’azione del 2-2 poteva costare la Champions, ma è stato lui stesso a rimediare con la deviazione sul palo del possibile 3-2 di Lazovic. Il regalo finale di un grande portiere che saluta.

Alisson 6,5: Il titolare del Brasile che fa la riserve della Roma e gioca solo ogni tanto le coppe. Non era per nulla facile calarsi in questo ruolo, lui c’è riuscito mostrando un carattere e una personalità da applausi. Anno d’ambientamento che lo aiuterà molto l’anno prossimo, quando le chiavi della porta saranno nelle sue mani.

Bruno Peres 4,5: Si diceva: finalmente un terzino, può essere l’erede di Maicon. Ma l’unica cosa in comune che ha mostrato è il numero di maglia. Impacciato, smanioso di dimostrare, quasi mai sufficiente. Una grande delusione rispetto alle aspettative che lui stesso aveva creato a Torino.

Rudiger 7,5: Recuperato in tempi record il grave infortunio al ginocchio, grazie al suo fisico fuori dal comune, ha giocato da centrale e da terzino con una forza e un carattere incredibili. Lieve flessione nel finale, ma era stata messa in conto. Un altro giocatore rispetto al primo anno pieno di tentennamenti.

Manolas 7: Prima parte di stagione ai suoi livelli, poi un lungo periodo di buio, ma nel complesso ha dimostrato ancora di essere un difensore di livello superiore alla media. Con i suoi difetti – un disastro palla al piede e carattere non proprio da leone forse incorreggibili.

Fazio 7,5: Si è guadagnato in fretta il soprannome di «comandante» ed è forse la sorpresa più grande della stagione: arrivato nello scetticismo generale, ha guidato a lungo la difesa da leader vero, con un fisiologico peggioramento nei mesi finali.

Juan Jesus 6,5: Ci ha messo un po’ a scrollarsi di dosso l’alone dei dubbi, ma quando sembrava essersi perso ha dimostrato perché in Brasile si parlava benissimo di lui. Duttile, il più bravo tra i difensori a impostare, sempre pronto quando è stato chiamato in causa. In una rosa uno come lui ci sta benissimo.

Vermaelen 4,5: Doveva essere la guida della difesa grazie alla sua esperienza invece è diventato presto una comparsa. Ha iniziato con l’espulsione di Oporto e non si è mai ripreso

Emerson 7,5: Insieme a Fazio è l’altra vittoria di Spalletti, che lo ha trasformato in un terzino elegante e, a tratti, devastante. Un vero peccato che la sua stagione si sia chiusa con l’infortunio quando aveva appena conquistato la maglia dell’Italia. Una favola guastata.

Mario Rui 5: Penalizzato in partenza dal crac al ginocchio, ha faticato tantissimo a recuperare e inserirsi nei meccanismi di squadra. Quando ha giocato, è sembrato sempre anni luce indietro rispetto agli altri.

Florenzi SV: Un crociato rotto dopo l’altro gli hanno lasciato in mano solo la palma della sfiga.

De Rossi 8: Una nuova giovinezza, con un finale di stagione da standing ovation. Finalmente assistito da una discreta condizione fisica è tornato un punto fermo nell’ingranaggio romanista e si è allungato da solo una carriera che sembrava agli sgoccioli.

Paredes 6: Alti e bassi tipici di un diamante da sgrezzare. È tornato da Empoli più «uomo», la qualità del suo piede, Totti a parte, nella squadra non ce l’ha nessuno ma deve ancora lavorare parecchio sui suoi limiti tattici e di «lettura» dei momenti delle partite. La convocazione nella Seleccion argentina è comunque una laurea, in attesa della specializzazione.

Strootman 7,5: Una nuova giovinezza, con un finale di stagione da standing ovation. Finalmente assistito da una discreta condizione fisica è tornato un punto fermo Il primo obiettivo l’ha raggiunto restando «sano» per tutta la stagione dopo due anni di calvario. La «lavatrice» si è riaccesa, senza toccare i picchi del primo Strootman ma con una sostanza che ha aiutato la Roma a vincere una miriade di partite.

Gerson 5: La scommessa persa da Sabatini, del suo immenso talento visto in Brasile non s’è visto praticamente nulla, anche a causa della fiducia pari a zero che gli ha concesso Spalletti, tranne l’inspiegabile scelta dello Juventus Stadium.

Grenier SV: Unico innesto di gennaio, s’è visto poco o nulla. Non c’era tempo per lui ed è un peccato perché la classe c’è, eccome.

Nainggolan 8: Mostruoso per gran parte della stagione, con le inevitabili pause che la Roma a pagato a caro prezzo. Perché questa squadra, se gira il Ninja, ha un’ altra marcia.

Perotti 6,5: Un anno al di sotto delle attesa, da titolare è diventato presto un rincalzo immalinconito. A parte i rigori da cecchino implacabile, ha aspettato il 90′ dell’ ultima partita per mettere la sua firma. E che firma.

Salah 8: Diciannove gol e quindici assist in una stagione spezzata dalla Coppa d’Africa sono un bottino straordinario. Saetta imprendibile e secondo violino perfetto accanto a bomber Dzeko.

El Shaarawy 7: Sono i suoi gol nel finale ad aver spinto la Roma in Champions. Bravo ad aspettare il suo momento, dopo tanta panchina.

Dzeko 9: Per lui parlano i numeri: 39 gol (e potevano essere molti di più), capocannoniere in campionato ed Europa League, un centravanti completo e quasi sempre decisivo.

Totti 10: Nella stagione in cui ha giocato poco o nulla, il voto è alla carriera, all’attacamento e alle emozioni che ha regalato ai romanisti fino al commovente addio col Genoa. E pure in un anno da comparsa, senza il suo rigore segnato allo scadere contro la Samp ora la Roma non sarebbe in Champions.

Spalletti 8: Record di punti, gol, vittorie, successi in trasferta. Una stagione non vincente solo per «colpa» della Juve. Il neo delle coppe pesa, ma sporca solo in parte un capolavoro.

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