Il Messaggero (S. Carina) – “Ndicka deve imparare a giocare con noi, non lo sa ancora fare”. Firmato José Mourinho. Parole alle quali, pensando ad una partenza lanciata dei giallorossi con Salernitana Verona, non venne dato più di tanto peso lo scorso 19 agosto. Qualcuno certamente rimase sorpreso, altri ricordarono la sinistra analogia con Solbakken, ma alla fine tutto passò in cavalleria.

Anche perché le prime uscite stagionali del difensore, arrivato a parametro zero dall’Eintracht Francoforte, avevano confermato agli occhi esterni le perplessità di José. Un po’ troppo macchinoso, spesso in ritardo nelle chiusure, non perfetto nella marcatura: pecche che si pensava fossero dovute alla preparazione. Il calcio, e tutto quello che lo circonda, è però un gioco perverso. E così è bastato il misero punto in tre partite, per iniziare a porsi qualche domanda.

Su tutte una: possibile che N’Dicka, calciatore strappato alla concorrenza di diverse squadre europee, con alle spalle 183 partite in Germania e vincitore di una Europa League non più tardi di un paio di anni fa, non possa giocare nella Roma nel ruolo dove era titolare indiscusso? Visto che Mourinho non è un masochista e tutto gli si può imputare, meno che non sia uno stratega della fase difensiva, la questione diventa quantomeno curiosa.

N’Dicka è arrivato per sostituire Ibañez, designato dall’inizio del mercato come la pedina da sacrificare per avere quel minimo di liquidità necessaria per muoversi in entrata. Non è il caso di rimpiangere il brasiliano che anche in Arabia conferma i suoi blackout improvvisi che sono già costati all’Ah Ahli almeno 4 reti in tre partite. Si può però rimarcare come Roger avesse delle caratteristiche tecniche che – al netto dei reiterati svarioni – mancano ai difensori attualmente in rosa. In primis, la velocità nel recuperare sul lungo: la cavalcata palla al piede di Ngonge Verona ne è la conferma. Ibañez era inoltre capace di esaltarsi negli uno contro uno e nelle pressioni alte. N’Dicka è un calciatore diverso. Meno incisivo in marcatura e quindi nei duelli individuali che con l’addio di Matic e lo spostamento di Cristante a mezzala per far giocare Paredes, sono aumentati a dismisura in questo avvio di torneo.

Manca la diga, la difesa è più esposta e quindi, nell’ottica di Mou, in questa fase di rodaggio servono più marcatori che costruttori di gioco. Perché il franco-ivoriano, al di là dell’imponente struttura fisica che lascia presumere un marcatore arcigno, è un difensore che in realtà è stato preso per la capacità di far partire l’azione da dietro. Che rimane, nonostante il passo indietro visto con il Milan, la strada maestra da seguire nella stagione appena iniziata.

N’Dicka, soprattutto con un calciatore abile sia a far salire la squadra che a cercare la profondità come Lukaku, può diventare fondamentale per la capacità di cambiare gioco da sinistra a destra, eludendo così il pressing avversario. Ha però un tallone d’Achille che era invece il punto di forza di Ibañez: nell’ultima stagione all’Eintracht soltanto nel 40% delle volte è riuscito a evitare il dribbling dell’avversario e nelle palle alte ha vinto appena il 45% dei duelli (Statebomb.com). Statistiche nelle quali il brasiliano eccelleva (96% nei duelli aerei e appena l’11% nei duelli subiti).

Se le statistiche possono anche dipendere dal sistema di gioco (e l’Eintracht iper-offensivo dello scorso anno era forse tra le squadre più distanti in Europa dalla Roma lacrime e sangue di Mou) regalano comunque un’indicazione. Che José ha colto dai primi allenamenti. E ha voluto quindi preservare il franco-ivoriano, risparmiandogli brutte figure che rischiano di bollare a vita un nuovo acquisto. Ora, però, dopo un rodaggio durato due mesi e con Llorente che palesa evidenti difficoltà, è forse arrivato il momento di lanciare Evan. Che in questi giorni è con la nazionale ivoriana. Ma spera di fare il suo debutto, già alla ripresa contro l’Empoli.