Il Romanista – Roma perduta

E’ incredibile come con tutte le sconfitte, le brutte partite e gli errori anche grossolani fatti in campo e fuori, la Roma sia ancora oggi – e punti alla mano – in corsa per finire il campionato tra le prime cinque. La serie A ci ha consegnato un’infinità di occasioni per toccare il terzo posto proprio nel peggiore dei nostri momenti, fisici e di gioco. E tutto questo in una stagione dove abbiamo cambiato nove undicesimi della squadra (otto se gioca Taddei), l’allenatore, lo staff, e i proprietari. Non era questa la nostra stagione. Non eravamo partiti per essere tra gli attori principali della commedia. La crisi dell’Inter, il crollo del Napoli, della Lazio e dell’Udinese ci hanno galvanizzato e illuso.

Ci hanno fatto credere di avere tra le mani una squadra che avrebbe potuto a buon titolo competere. Ma in realtà non era un buon titolo era solo una buona sorte. Momentanea. Virtuale. Falsa. Siamo invece quelli che siamo. Diventeremo altro, mi auguro. Ma oggi siamo questi. Nervosi, inconcludenti, inesperti, sciatti. Se non ci fosse Totti il pallone neanche rotolerebbe da qualche parte. E’ così. Ed è così che ieri in un colpo solo abbiamo perso la partita, la testa, e un’ultima occasione per piegare la classifica alle nostre esagerate ambizioni.

Un primo tempo di lanci lunghi, di valzer su se stessi, di assenza di idee e capacità. I cambi potevano essere fatti prima, questo sì. Visto che con Gago e Marquinho, ma anche Tallo, la Roma è stata diversa e realmente offensiva. Ma dopo il tiro al volo di sinistro di Totti, che poteva darci il 2 a 1, ci siamo nuovamente smarriti. Perduti quei pochi schemi, il fiato, e la calma necessaria per costruire azioni capaci di far male. Abbiamo collezionato nuove espulsioni e nuove decimazioni in vista della partita col Napoli. Ma la colpa della sconfitta, che ci “tarpa” le ali che non abbiamo, non è stata certo della panchina. Sputi, proteste esagerate, avversari che ti saltano continuamente come figli tutti di Maradona, non sono un difetto di Enrique. E’ di chi va in campo. E anche di chi ha pensato che alcuni di loro possano andarci con la maglia della Roma. Chiedere le dimissioni, spingere perchè l’asturiano si faccia da parte insieme a tutto il nuovo palazzo romanista, punzecchiare ad ogni conferenza stampa parlando indebitamente a nome dei tifosi è una sciocchezza.

E se accadesse sarebbe anche il più grave degli errori. Lo smarrimento allora sarebbe totale. La sconfitta irrecuperabile. La costruzione che indubbiamente c’è, ed è buona, si affloscerebbe. E il futuro diventerebbe passato. Ma per fortuna questo non avverrà facilmente.

Il Romanista – Stefano Romita

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