Roma, batti la maledizione dello Juventus Stadium

Avanzamento dei lavori del nuovo stadio della Juventus

La Gazzetta dello Sport (C.Zucchelli) – Immaginare allenatori e uomini più diversi tra loro di Luis Enrique, Zeman e Garcia è difficile, eppure una cosa in comune ce l’hanno: tutti sono usciti con le ossa rotte dallo Juventus Stadium: 17 gol subiti, 3 soli fatti di cui 2 segnati da calciatori che oggi sono lontani anni luce da Trigoria, Osvaldo e Iturbe. Tra campionato e Coppa Italia da quando la Roma ha cambiato proprietà il nuovo stadio della Juve ha rappresentato un catino infernale: da Conte ad Allegri, da Giaccherini il 24 gennaio 2012 a Bonucci il 5 ottobre 2014, il presidente Pallotta non ha mai visto la sua squadra uscire con – almeno – un punto dal fortino bianconero. Ci proverà stasera, spinta da 1500 tifosi, con la speranza che a Spalletti riesca quello che non è riuscito ai suoi predecessori: «Se pensiamo di potercela fare probabilmente ce la faremo. Ma se non lo pensiamo, sicuramente non ce la faremo», ha ammesso ieri il tecnico, convinto in cuor suo che, anche per la legge dei grandi numeri, la Roma quest’anno possa invertire la rotta.

CONTE E L’ALLENAMENTO – Spalletti punta sulla voglia di riscatto dei suoi, esattamente 4 anni dopo la prima allo Stadium della Roma americana: era il 24 gennaio 2012 quando la squadra di Luis Enrique andò a giocare i quarti di Coppa Italia, finì 3-0 per la Juventus, con la squadra allo sbando come dimostrò anche l’espulsione di Lamela per un fallo su Chiellini. Non andò meglio in campionato, in quella stagione: 4-0, un altro espulso, Stekelenburg, e una provocazione da parte di Conte ai suoi giocatori durante la settimana: se non avessero fatto almeno 4 gol alla Roma, squadra incapace di difendere, li avrebbe fatti allenare all’alba. Evidentemente, Vidal e compagni non avevano voglia di alzarsi presto.

CROCIATE ED ESPULSI – De Rossi e compagni, invece, non avevano voglia di assecondare Zeman, per il quale Juve-Roma era quasi una crociata: «È una partita, non una battaglia», ammonì De Rossi al 90’, frustrato per l’ennesima batosta, un 4-1 che non ammetteva repliche. Almeno quella volta, però, la Roma finì in 11, cosa che non gli riuscì la stagione seguente, la prima con Garcia in panchina: andarono a farsi la doccia in anticipo proprio De Rossi e Castan, la Juve vinse 3-0 e i sogni di gloria si infransero il giorno prima della Befana.

VIOLINI E LACRIME – Così come si infransero il 5 ottobre del 2014, il primo Juventus-Roma della nuova era giocato dai giallorossi alla pari. È la notte del 3-2 firmato nel finale da Bonucci (con Vidal in fuorigioco considerato da molti attivo), delle polemiche con l’arbitro Rocchi per i rigori dubbi, del violino di Garcia, delle espulsioni di Manolas e Morata, dei 90’ in cui Iturbe sembrava poter fare la differenza, delle dichiarazioni al veleno di Totti e degli insulti in tribuna a De Rossi e Strootman. Dopo quella partita Garcia si disse convinto che la Roma avrebbe «vinto lo scudetto», come è andata poi è noto. A Spalletti, ma soprattutto ai calciatori che erano in campo quella sera, il compito di provare a prendersi la rivincita.

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