Raggi, il piano per risalire. Stadio, tagli e periferie

Il Fatto Quotidiano (L.De Carolis – A.Managò) – L’invito, anzi l’ordine dei piani alti, è quello di “metterci la faccia”: sempre e su tutto. E l’obiettivo è puntare su progetti concreti, a cominciare dallo stadio dell’As Roma, su cui sta accelerando, sempre di più. Perché Virginia Raggi cerca di non restare insabbiata nella trincea del Campidoglio. E non vuole farsi schiacciare da quelle voci su un possibile avviso di garanzia, che resta una minaccia incombente. Anche a detta di quel M5s dove hanno già deciso di continuare con lei. Nonostante gli ortodossi che continuano a invocare la sua testa. E a dispetto di mille nodi ancora irrisolti, dalle nomine sbagliate ai pochi segnali tangibili di discontinuità. Da giorni la sindaca di Roma studia come provare a superare il nuovo polverone che potrebbe investirla. I sussurri dicono che, passate le festività natalizie, la Procura di Roma potrebbe aprire un fascicolo nei suoi confronti a seguito del parere con cui l’Anac ha giudicato in “conflitto di interessi” la nomina di Renato Marra alla direzione Turismo nell’ambito della macrostruttura varata dal fratello Raffaele, dirigente del personale arrestato con l’accusa di corruzione. Per ora solo voci senza riscontro, capaci però di mettere in allarme la maggioranza M5s in Comune già provata da sei mesi vissuti in perenne instabilità. E allora Raggi prova a giocare d’anticipo. Sul fronte interno le norme del nuovo codice etico varato nei giorni scorsi dal Movimento la mettono comunque al riparo dal rischio sospensione anche di fronte ad un ipotetico avviso di garanzia. Ma più dei contraccolpi politici a preoccupare la sindaca è la possibilità di un nuovo sfregio alla sua immagine.

Così, per parare i colpi di un nuovo periodo difficile, Raggi prepara un pacchetto di proposte sui dossier cittadini più “caldi”. Su tutti un’accelerazione al progetto dello stadio della As Roma, ma anche l’impegno di diciotto milioni di euro per la riqualificazione delle periferie tramite fondi governativi e una stretta alle aziende partecipate, assieme a una maggiore presenza sui territori. Azioni combinate, rivolte sia allo zoccolo duro del suo elettorato, concentrato nelle periferie appunto, che agli imprenditori romani. Con un chiaro scopo: mostrare che i 5Stelle non sono solo quelli del no a tutto. La partita più complicata ma che potrebbe garantire il maggiore ritorno di popolarità è senza dubbio quella dello stadio della società giallorossa: un investimento da 1,5 miliardi di euro, la principale operazione finanziaria con fondi privati in programma in città. Il 12 gennaio la conferenza dei servizi tra Campidoglio e Regione Lazio – chiamata a dare o meno parere favorevole all’opera entro il 6 febbraio – tornerà a riunirsi. Da una parte i 5 Stelle che chiedono una riduzione delle cubature delle tre torri destinate ad uffici che sorgerebbero accanto allo stadio, dall’altro la Roma della proprietà americana e il costruttore Luca Parnasi che hanno puntato tutto sul progetto. Così l’intesa potrebbe essere trovata su una riduzione del 10-15 per cento delle cubature rispetto al disegno originale che prevede circa 1 milione di metri cubi. In sintesi si tratterebbe di eliminare qualche piano dai grattacieli disegnati dall’architetto Daniel Liberskind. Un accordo potenzialmente capace di accreditare la giunta Raggi come quella che ha dato il via libera definitivo ad un’opera di cui su parla da quasi dieci anni, che farebbe felici tifosi e imprenditori. Ma potrebbe comunque non bastare. E allora “bisogna ripartire anche sul taglio delle Partecipate“, riflettono in Campidoglio, le più grandi e problematiche, Atac e Ama (trasporti e rifiuti) non verranno toccate, così si punta ad accelerare la dismissione delle aziende minori. Intanto dai vertici del M5S è arriva un’indicazione chiara alla Raggi, anche nelle ultime ore: “D’ora in poi Virginia deve metterci la faccia, esserci sempre“. Ovvero, serve una sindaca in prima linea anche dal punto di vista mediatico. E allora, ecco la sindaca che incontra i giornalisti per un brindisi, il 30 dicembre, e che si ferma più spesso con i cronisti. E che il giorno dell’Epifania incontra i lavoratori Almaviva a rischio licenziamento. Una nuova fase di apertura, quel contatto con i cittadini che finora le è mancato, niente affatto casuale. E che dovrà proseguire. Per non affondare.

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