Il Messaggero (A. Angeloni) – Una: “Si ferisce uno, sanguiniamo tutti insieme”. Due: “Per come la vedo io, giocare a quattro ti fa stare con un giocatore offensivo in più. La Roma può stare anche a tre, e magari sarà così in futuro: con Mourinho ha fatto belle prestazioni con quel modulo. Ma io ho pensato che potessimo giocare a quattro, ad esempio la Spal l’ho messa a tre edera abituata diversamente. Insomma non c’è alcuna mia fissazione”. E tre: “Saper riempire l’area per me è un concetto tanto importante”. Di José Mourinho, Daniele De Rossi, ha l’arte del comunicare: accattivante e chiaro, ad effetto, puntuale e incisivo.

Il nuovo allenatore aveva il compito di cambiare la Roma, di invertire una rotta che, per tanti motivi, si era distesa su una direzione sbagliata. Con questo sistema di gioco, Daniele è uscito dall’emergenza difensiva, ora gli servono due centrali e non tre e ha recuperato un esterno, Karsdorp, parzialmente svincolato da compiti e libero di buttarsi in avanti e attaccare la profondità. L’uomo offensivo in più di cui parla De Rossi è sulla carta El Shaarawy, che va a comporre il tridente con Lukaku e Dybala, e inoltre una delle due mezze ali, Pellegrini, ha compiti di andare a riempire l’area e qui siamo al terzo concetto derossiano menzionato all’inizio.

Avere più calciatori offensivi significa contare su più soluzioni e in questo caso ne ha tratto benefici anche Paredes. Infine, il capitolo Dybala. Il calcio è materia complicata, ma si basa su un concetto semplice, anche banale: se hai giocatori forti è più facile vincere. Ecco, la Roma in Paulo ha quel tipo di calciatore lì, che di sicuro è stato sfruttato e valorizzato a dovere anche da Mourinho. Ma in queste partite, De Rossi ha cercato di non affidarsi solo alle sue meravigliose giocate, consegnandoli una compagnia di tutto rispetto con cui poter interagire (l’azione del 2-0 al Cagliari coinvolge Cristante, ElSha, Pellegrini e Lukaku). E poi lo ha liberato da compiti difensivi con quel “come Totti può fare ciò che vuole”.