Pasta, play e…applausi

Corriere dello Sport (R.Maida) – Ha la pelle chiara e gli occhi celesti, quasi fosse slavo più che turco. Un velo di timidezza e di barba lo protegge dal mondo esterno che fino a poche settimane fa non riusciva ancora a capire. Un mondo duro, come la sua mascella, e teso, come il tiro di sinistro che può cambiargli la carriera. Sembra un grande bambino Cengiz Ünder, poco propenso alle chiacchiere nonostante la presenza dell’interprete eppure felice per aver sospinto se stesso, e per estensione la Roma, fuori dal proprio lato oscuro. Ascolta la parola più utilizzata della giornata, gol, e gli scappa un sorriso ingenuo. Per la prima volta negli ultimi sei mesi ha avuto la sensazione di trovarsi nel posto giusto.

EQUIVOCO – Ha cancellato con una giocata d’istinto, il movimento dentro al campo dell’esterno mancino che parte da destra, il primo fantasma: quello di Juan Manuel Iturbe, che già qualcuno aveva citato come termine di paragone negativo. L’anatroccolo turco non è ancora diventato il cigno argentino, cioè Dybala, che per look e movenze un po’ ricorda. Ma almeno ha dato un segnale forte a tutti quelli che lo aspettavano: l’avventuriero Monchi, capace di investire sul suo futuro oltre 15 milioni, il papà italiano Di Francesco, che appena sabato scorso aveva rassicurato i tifosi sui progressi della giovane perlina, e anche il ct Lucescu, che Ünder sta frequentando ormai stabilmente da un anno.

AMBIENTAMENTO – Nelle prime settimane alla Roma gli veniva spesso da piangere. Piangeva e pregava da solo, senza poter condividere con i compagni i problemi di un ragazzo venuto da un altro Paese, un’altra mentalità, un’altra cultura. Non parlava l’italiano e neppure l’inglese, con Di Francesco comunicava a gesti, mentre con gli altri calciatori non aveva praticamente contatti. Sono state le lunghe lezioni d’italiano, che ha seguito diligentemente anche via Skype quando era fuori con la nazionale, a facilitarne il definitivo ingresso a Trigoria: prima mattina e pomeriggio, poi un paio d’ore al giorno.

GUSTI – Al resto ha provveduto una scoperta inattesa: la pasta cacio e pepe, piatto romano che lo ha stregato. E per attutire la nostalgia del vento del Bosforo, si è fatto raggiungere dalla famiglia nel suo appartamento dell’Eur: padre, madre, sorella e cognato si alternano nelle visite. Ieri, ovviamente, i familiari e gli amici più cari gli hanno subito telefonato mentre a Fiumicino ha beccato i primi applausi. Gli stessi che aveva ricevuto al Bentegodi dai duemila romanisti nel settore ospiti. Adesso Cengiz non segna più soltanto alla playstation, dove è di­fficile da battere per chiunque, ma sta studiando da campione libero.

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