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Pepe: “La Juve si riprenderà e sarà protagonista. La Roma l’anno scorso non era pronta per lo scudetto e non ripeterà lo stesso errore”

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Simone Pepe sabato sera sfiderà la Juventus, sua ex squadra, con la maglia del Chievo e intervistato ai microfoni di SkySport ha rilasciato queste dichiarazioni parlando anche della Roma:

Nella Juve sono andati via tre campioni, è vero. Sono arrivati però tanti giocatori forti e sono sicuro che si riprenderà presto. I bianconeri torneranno protagonisti: hanno una mentalità vincente. La Roma ha preso grandi giocatori e ha fatto tesoro di quanto successo l’anno scorso, quando i giallorossi pensavano di essere pronti per lo scudetto e non lo erano“.

Faty: “Vainqueur è un lottatore come Nainggolan. Il Leverkusen? La Roma deve essere consapevole di poter vincere”

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Ricardo Faty, doppio ex di Roma e Bayer Leverkusen, attualmente tra le file del Bursaspor, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di RomaRadio parlando anche del nuovo acquisto giallorosso William Vainqueur e della Champions League:

Vainqueur è un lottatore, per certi versi somiglia a Nainggolan. Lo stadio del Leverkusen è molto bello, porta 35.000 persone, la squadra è seria, la società anche, fa crescere i giovani, ma la Roma deve essere consapevole di poter vincere. Ci sono giocatori forti come Calhanoglu, lo abbiamo visto contro la Lazio, match in cui i biancocelesti sono stati anche un po’ fortunati“.

Cipro-Belgio, Nainggolan eletto migliore in campo: “Ieri la nostra peggior partita” – FOTO

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Ieri sera il Belgio non ha brillato, ma è riuscito comunque ad imporsi su Cipro (0-1). Il centrocampista della Roma, Radja Nainggolan è però comunque riuscito a distinguersi, tanto da essere eletto tramite TwitterDiavolo del match (in riferimento al soprannome del Belgio, ovvero i Diavoli Rossi).

Inoltre il Ninja ha rilasciato queste dichiarazioni ai cronisti presenti allo stadio: “Abbiamo cominciato male, affidandoci troppo spesso a lanci lunghi. La nostra peggior partita? Sì, considerando la qualità che avevamo in campo, la nostra prestazione sarebbe potuta essere migliore, ma la cosa più importante oggi era conquistare i tre punti. Sono contento: quando vinci gare così delicate, significa che giochi in una squadra davvero forte“.

Rongoni: “Garcia è un grande allenatore. In Francia ci sono più atleti che in Italia, si lavora meglio”

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Paolo Rongoni, ex preparatore atletico della Roma, ha parlato ai microfoni de L’Equipe, elencando una serie di differenze tra le società italiane e quelle francesi nei metodi di lavoro sul campo. Queste le sue parole:

Penso che la Francia abbia un grande vantaggio: l’INSEP (Istituto Nazionale dello Sport e delle Performance, ndr). Questo fornisce una ricerca continua, cosa che abbiamo trascurato in Italia. In Francia vi è una struttura centrale che sviluppa la ricerca. Le università sono davvero d’avanguardia. In Francia ci sono più atleti in Italia. I giocatori sono morfologicamente più robusti. Ho avuto quattro francesi alla Lazio, tre alla Roma; si sono ben integrati nei club, hanno delle basi importanti che gli hanno permesso di ambientarsi bene in Serie A. Garcia? E’ un grande allenatore, è francese, con lui ci sono stati grandi cambiamenti“.

Juve, Allegri: “Milan e Inter possono lottare con noi e la Roma per lo scudetto”

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Massimiliano Allegri, tecnico della Juventus, presenta a Milano al Samsung District la sua nuova app. Queste alcune dichiarazioni nel corso dell’evento:

Il derby? Credo che le milanesi possono lottare per lo scudetto e siamo solo all’inizio ma stanno andando bene, hanno fatto un ottimo mercato e possono lottare con noi e la Roma per lo scudetto. Tattica e numeri con che modulo giocherà la Juve? Non sono molto amante dei numeri e degli schemi“.

Allenamento Roma, esercizi tecnici e possesso palla nella prima seduta del giorno. Differenziato per Torosidis – FOTO

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Inizia la preparazione della Roma di Garcia in vista del match di sabato contro il Frosinone di Stellone. I giallorossi, dopo il weekend di riposo, sono scesi in campo intorno alle 10 per la prima delle due sedute previste per quest’oggi. Totti e compagni hanno iniziato la seduta con un riscaldamento atletico, per poi proseguire con degli esercizi tecnici e sul possesso palla. Conclusione affidata ad una sessione di finalizzazioni in porta. Lavoro differenziato per Torosidis. Nel pomeriggio prevista un’altro allenamento.

Mediaset, Confalonieri: “Champions? La Roma andrà in pay tv, poi vedremo…”

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Yves Confalonieri, capo dei contenuti di Mediaset Premium, intervistato da Repubblica fa il punto sulle partite della Champions League in esclusiva su Mediaset fino al 2018.

Da Cologno Monzese si sono mossi per evitare che in futuro possa accadere quanto successo in occasione del playoff giocato dalla Lazio, ovvero che Sky possa godere della trasmissione in chiaro ‘allungata’ sul suolo italiano dal segnale della tedesca Zdf.

La Uefa deve decidersi – spiega il dirigente – una cosa di questo genere uccide i contratti, onerosissimi, apre un buco nero sul futuro. Ne abbiamo parlato, si sono pronunciati: l’esclusiva va tutelata, il segnale di Zdf sarà criptato, non succederà più. Chi oscurerà la partita, Zdf o Sky? Se non lo fa una deve farlo l’altra, non è decisivo. Ma deve andare così e l’esclusiva andrà tutelata“.

Messo a posto il primo capitolo, si passa a quello successivo della ‘battaglia’ con i satellitari di Murdoch: ribadita con forza nessuna ipotesi di accordo o scambi. “Posso capire che Sky prenda male il fatto che stiamo spostando un paradigma storico che li vedeva padroni della situazione e comunque al centro di tutto. Ma si chiama concorrenza. E se posso dire, più che vicende come quella della Zdf a noi ci danneggiate soprattutto voi dei media“.

Ogni giorno per settimane è saltata fuori la storia dell’inciucio – attacca Confalonieri – e alla fine ci sarà o un accordo o Sky comprerà Premium e così via. E molti sono rimasti fermi ad aspettare. E’ ora di far capire a tutti che non ci sarà nessun accordo e che la Champions è nostra. Anche fra due anni? Nessuno ha la sfera magica per il futuro, ma non vedo cosa dovrebbe succedere. L’operazione è in piedi, lanciatissima e se posso dire è il nostro orgoglio aziendale, una cosa seria, serissima. Il futuro è la nuova centralità di Mediaset in questo settore“.

Mediaset non è stata certo contenta dell’eliminazione della Lazio: “Che posso farci? Magari una riflessione futura su questa architettura dei preliminari che, come dire, mette molte tutele per i paesi calcisticamente minori, un giorno, chissà, visto l’onere pazzesco dei contratti che si pagano… Me l’ha suggerita Lotito? E’ una considerazione che qualunque grande investitore in un prodotto farebbe. Ma sono pensieri per il futuro, ora siamo troppo impegnati e contenti dentro questa partenza“.

Confalonieri infine conferma il ‘planning’ dei prossimi incontri che apriranno la fase a gironi. Contrariamente a quanto si pensava anche la Roma esordirà su Premium e non in chiaro: “La prima giornata daremo in chiaro Real Madrid e Chelsea. La Roma, alla partenza, andrà in pay. Alziamo un po’ il tiro anche perché vogliamo che la gente capisca il progetto. Poi si deciderà di volta in volta. Se giuro che la Juventus resta in pay? Resta in pay fino agli ottavi…“.

Twitter, Florenzi: “Donerò la mia maglia indossata in Italia-Bulgaria per raccogliere fondi per i rifugiati!”

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Alessandro Florenzi, esterno della Roma e della Nazionale, aderisce alla campagna di Football Cares in favore dei rifugiati. Il numero 24 giallorosso donerà la maglia indossata ieri con gli azzurri. Questo il suo cinguettio: “Io sostengo Football Cares! Donerò la mia maglia indossata in Italia-Bulgaria per raccogliere fondi per i rifugiati!“.

Garcia in tre mosse: così il francese si è ripreso la Roma

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La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese)Tre mosse chiave, come in una partita a scacchi. Se poi riuscirà anche nello scacco matto è da vedere. Di certo, però, con quelle tre mosse lì Rudi Garcia si sta pian piano riprendendo la Roma. A livello di autorevolezza, appeal e presa sul gruppo. Quella che il tecnico francese aveva nella sua prima stagione in giallorosso e che invece è andato un po’ perdendo strada facendo, lungo la seconda esperienza. Ora il Garcia 3.0 è partito con tre mosse che lo hanno rimesso (bene) al comando del timone.

GERARACHIE – Il primo passo per tornare ad essere visto dal gruppo come il vero condottiero Garcia lo ha fatto azzerando di fatto le gerarchie. La scorsa stagione era stato «accusato» di far giocare i suoi prediletti, a prescindere da tutto e da tutti. L’esempio più lampante, l’utilizzo di Gervinho. Quest’anno, dopo il pari di Verona, ha capito che qualcosa doveva cambiare, tanto che l’ivoriano (ieri capitano nello 0-0 della Costa d’Avorio con la Sierra Leone) contro la Juventus non solo è andato in panchina, ma non è neanche subentrato. Prima era un intoccabile, ora (forse) no. Poi De Rossi e Totti, i figli di Roma, tenuti sempre in altissima considerazione dall’allenatore francese. Il primo, però, ha aperto la stagione delle sostituzioni giallorosse con la Roma sotto 1-0 a Verona. Totti, invece, deve ancora esordire, avendo collezionato finora due panchine in due partite.

MENTALITA‘ – C’è un altro passaggio che ha riavvicinato il gruppo al suo tecnico. È stato un colloquio molto franco, arrivato dopo le due sconfitte (larghe come risultato e come modi) incassate nelle amichevoli estive contro Sporting Lisbona e Barcellona. Lì la squadra ha chiesto maggiore spregiudicatezza, di giocare con una mentalità più offensiva. Garcia si è trovato d’accordo e le cose sono cambiate subito, anche se con le gare pirotecniche contro ValenciaSiviglia. La vera differenza, però, è stata l’atteggiamento tenuto contro la Juventus, con un pressing sempre molto alto, la ricerca del pallone già nella metà campo avversaria ed un possesso palla finale del 63%. Il gruppo ha gradito, Garcia si è convinto che questa squadra deve attaccare.

AUTOREVOLEZZA – In più, quasi all’ultimo giro di mercato sono arrivati Lucas DigneCon Garcia ho iniziato a giocare tra i professionisti, la Roma ha dimostrato di volermi davvero», ha detto a Canal Plus) e William Vainqueur, due francesi chiesti esplicitamente dal tecnico. Il che, ovviamente, lo ha riabilitato davanti al gruppo anche come status societario. Insomma, non si arriverà mai al Garcia alla Ferguson, ma dopo il depotenziamento estivo (con il cambio di alcuni uomini chiave del suo staff tecnico), ora sembra tutta un’altra storia. Le parole di Garcia pesano come in passato, la squadra se ne è accorta. E, piano piano, sta tornando a vederlo come il vero condottiero.

Si muove Pallotta: aste e donazioni in aiuto dei rifugiati

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ROMA JUVENTUS CAMPIONATO 2014/2015

La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Un granello di sabbia, messo a paragone con il mondo di coscienze smosse. Ma il piccolo Aylan è riuscito anche in questa impresa: svegliare il calcio italiano. Che arriva dopo le iniziative di Bayern Monaco, Real Madrid, Borussia Dortmund… Ma arriva, almeno. Merito di «Football cares». Merito di James Pallotta, colpito da quella foto piovuta giovedì nel suo ufficio di Boston. L’emergenza profughi è tutta europea, ma al presidente della Roma ha fatto dire: «Qualcosa va fatto, non si può restare fermi». E così l’idea. «Football cares» è una piattaforma che ha già cominciato a raccogliere online fondi da destinare ai migranti. I soldi finiranno direttamente nelle mani delle quattro organizzazioni benefiche scelte dal club giallorosso: Unicef, Croce Rossa, Save the children e International Rescue Committee. Come? In due modi: semplici donazioni (possibili già da ieri su www.justgiving.com/teams/FootballCares) e aste benefiche, che scatteranno da domani. Il primo oggetto battuto sarà la maglia di uno dei due marcatori giallorossi dell’ultima Roma-Juventus, Pjanic o Dzeko. Totti stesso ha già fatto sapere di voler aderire. E domani Pallotta farà la propria donazione.

DA FIRENZE A MILANO – L’asta è open, aperta a chiunque voglia aderire: l’obiettivo della Roma è abbracciare più club possibili, più personaggi famosi possibili, non necessariamente sportivi. Mia Hamm, consigliere d’amministrazione del club di Trigoria, presto metterà qualcosa di suo. C’è persino qualche esponente politico che ieri si è fatto vivo con la Roma per partecipare. Nelle ultime 48 ore il d.g. Mauro Baldissoni si è messo in contatto praticamente con tutte le società di Serie A. In serata la Fiorentina (partner storico di Save the children) ha aderito ufficialmente all’iniziativa. E da Trigoria è partito un comunicato di ringraziamento: dopo la lite estiva sul caso Salah, il disgelo è servito, su un piano decisamente più nobile. Pure il Bologna e la Lega di B hanno strizzato l’occhio all’iniziativa. E oggi Inter e Milan si muoveranno nella stessa direzione.

MAGLIA A FROSINONE – Ma c’è da giurare che le eccezioni saranno poche. Strumento d’aggregazione: Pallotta vuole che sia questo, «Football cares». I primi segnali sono incoraggianti, ieri sera il presidente esultava al telefono per il successo di un’iniziativa che ha subito fatto il giro d’Europa, trovando grande eco soprattutto in Germania. Una mossa a lungo termine, destinata a durare nel tempo. Per cominciare, sabato a Frosinone la squadra di Garcia scenderà in campo con il logo «Football cares» sulla maglia. Ed è verosimile pensare che comparirà spesso, nel corso della stagione, a prescindere dal fatto che la Roma possa chiudere a breve le trattativa per il main sponsor.

PURE MESSI – Ed è anche facile immaginare che nei giorni che portano a Roma-Barcellona qualcosa accadrà, in collaborazione tra i due club. Non è in fondo la prima volta che Pallotta unisce il suo nome a quello della beneficenza. Ad aprile, nei giorni dello scontro con i «fucking idiots», aveva annunciato una donazione di un milione di euro a favore di «Roma cares» nella lotta contro i violenti. Ma il granello di sabbia di ieri è decisamente più pesante.

Incorreggibile Daniele, un leader a metà. Il ct: “Non lo deve fare”

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La Repubblica (F.S.Intorcia) – In una notte lunga e maledetta, Daniele De Rossi è tornato alle origini nel bene e nel male, riannodando vizi antichi alle solite virtù. Sostiene Esopo che nessuno sfugga al proprio destino, ma nel caso del romanista i destini sono due, come i personaggi, come i copioni da recitare, ed è come se l’uno non possa stare senza l’altro, e la metà buona non riesca a liberarsi, ammesso che lo voglia, di quella cattiva: pupo e bullo, leader e zavorra, fuoriclasse e monello.

Viaggiando nel tempo, De Rossi si era ripreso ieri la maglia da titolare, perla sua partita numero 101 in azzurro, a Palermo dove tutto cominciò: era il 2004, s’affrontava la Norvegia, lui si presentò con un gol, il primo dei 17 in Nazionale, contabilità appena aggiornata che fa di lui il centrocampista più prolifico nella storia dell’Italia e pure il miglior realizzatore fra quelli in attività, in questi tempi bui in cui gli attaccanti azzurri non segnano più (al secondo posto, Pirlo con 13). Ma De Rossi era risalito anche a Italia-Olanda, la prima di Conte: pure lì, aprì il ciclo del nuovo ct segnando un rigore e vestendo anche la fascia di capitano. Poi, fra infortuni e bocciature, non ha avuto molto spazio (quarta partita, ieri, con l’attuale tecnico), ma con i bulgari si è preso la responsabilità di tirare, due volte, il rigore più importante del cammino di questa Nazionale. «Hai voglia a cercare un altro Pirlo», aveva detto dopo Roma-Juventus: si riferiva ai bianconeri, certo, ma forse inconsciamente pure a se stesso, che era, e resta, il primo candidato a sostituire il Maestro.

Poi, però, il centrocampista di classe internazionale, quello che ha per idolo Gerrard e da Gerrard e gli inglesi è stimato assai, quello che detiene ancora il primato nella classifica degli stipendi di A, ha lasciato il posto alla controfigura stanca, che rimedia un fallo da Mitsanski (la provocazione come attenuante) e lo scalcia da terra, come i bambini sulla spiaggia di Ostia, tu colpisci me e io te, regoliamola cosa qui, il resto può aspettare. Di duelli rusticani ne ha collezionati molti, di espulsioni pure (dieci nella Roma, 7 dirette e 3 per doppia ammonizione), ma ogni volta ritorna una sola immagine, il gomito alzato sul povero americano McBride a Kaiserslautern, la notte in cui l’Italia di Lippi pensò d’aver corso troppo e d’aver sbagliato a dare fiducia a un ragazzo di 23 anni. Lo stesso che poi, scontata la squalifica e tornato buono, si presentò in finale e segnò, pure lì, uno dei rigori del trionfo berlinese. E che, due Mondiali dopo, bacchettò da capoclasse il Balotelli immaturo e teorizzò la distinzione fra uomini e figurine.

Nella storia della Nazionale sono stati espulsi 38 giocatori, e i cartellini rossi sono 41: solo tre hanno ripetuto l’errore. Gli altri due sono Causio e Antognoni, pure loro campioni del mondo, una volta insieme contro il Lussemburgo nell’80. Conte assolve tutti, ma a lui riserva un «non lo deve fare: peccato perché De Rossi stava giocando ottime partite ed era importante per lui anche psicologicamente». Ma c’è sempre un passato che torna a perseguitare il romanista. Buffo, per uno chiamato Capitan Futuro. Il soprannome non gli è mai piaciuto.

Tre gare in 8 giorni, l’incubo di Garcia ora è il turnover

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La Repubblica (F.Ferrazza) – La gestione della rosa, all’interno delle settimane di coppa, è stato un po’ il vero punto debole di Garcia nelle sue prime due stagioni romaniste. A volte il tecnico ha dimostrato di andare in confusione, facendosi prendere da un’ansia da turnover, nelle scelte iniziali delle formazioni, o nei vari cambi prestabiliti. Seppur solitamente abituato a fidarsi sempre degli stessi giocatori, il mister francese ha dato qualche segnale di poca lucidità quando chiamato a gestire le risorse a disposizione all’interno di una stagione carica di gare, vista la presenza della Champions, e poi anche dell’Europa League e della coppa Italia.

Ora ci risiamo: dopo le prime due giornate di campionato, al rientro dalla sosta, i giallorossi avranno tre partite in otto giorni. Sabato prossimo la trasferta di Frosinone, mercoledì l’esordio europeo col botto contro il Barcellona, all’Olimpico, e di nuovo il campionato, domenica 20, col Sassuolo. Due impegni di campionato in teoria semplici, all’interno dei quali è incastonata la suggestiva serata contro gli spagnoli, per tre gare da preparare senza commettere errori. In questo senso Garcia è chiamato a dimostrare di aver fatto tesoro dei tanti errori precedenti e di avere assoluta padronanza del gruppo, soprattutto per quello che riguarda l’attacco, reparto nel quale regna l’abbondanza. Da capire come il tecnico, per esempio, deciderà di gestire Dzeko, la cui alternativa è Francesco Totti, smanioso di giocare a Frosinone.

La stagione metterà subito alla prova la Roma e, soprattutto, il suo mister, mentre i tifosi da questa mattina potranno acquistare i tagliandi per la trasferta in ciociaria di sabato (file durante la notte davanti alle ricevitorie). I vari nazionali rientreranno alla spicciolata nella Capitale, a cominciare da oggi, sperando che tutti riescano a tornare in buone condizioni fisiche. Crea qualche apprensione la caviglia sinistra di Pjanic, per un problema da monitorare costantemente. Continuano invece le iniziative benefiche legate alla Onlus ‘Roma Cares’. L’ultima è rivolta a raccogliere fondi per aiutare la comunità internazionale a fronteggiare l’emergenza migranti. A Trigoria nasce ‘Football Cares’, un programma che ha l’obiettivo di unire le varie società e i loro tifosi per raccogliere fondi tramite aste o donazioni, da devolvere alle organizzazioni come Save the Children, Unhcr, oppure la Croce Rossa.

Bosnia alla romana con Dzeko e Lulic. Ma Pjanic si ferma

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La Gazzetta dello Sport (V. D’Angelo) – Una Bosnia alla romana. C’è la firma di Dzeko e Lulic nel successo su Andorra, che riporta la formazione di Bazdarevic a due punti da Israele e da quel terzo posto che significherebbe playoff per Euro2016. Ma la notte di Zenica porta una buona e una cattiva notizia alla Roma. Una ha il volto felice di Edin Dzeko che segna, si diverte, incanta. L’altra, quello corrucciato di Miralem Pjanic, uscito poco prima dell’intervallo per un problema fisico, con i suoi già avanti di due gol. Il minuto chiave è il 40o del primo tempo. Dopo un ennesimo contrasto, Pjanic guarda verso la sua panchina e fa una smorfia. Quattro minuti più tardi, Bazdarevic lo fa uscire, rimpiazzato da Hadzic. La faccia di Pjanic era sicuramente dispiaciuta, ma il centrocampista non si è lasciato andare a strane espressioni di sofferenza da allarme rosso. Di sicuro in casa Roma ci sarà preoccupazione: Pjanic ha un problema alla caviglia sinistra ormai datato, un’eredità della scorsa stagione che ancora oggi non sembra aver completamente sistemato. Già giovedì contro il Belgio aveva chiuso la gara sofferente e ieri contro Andorra la sua presenza è rimasta in dubbio fino all’ultimo. Poi il pari pomeridiano di Israele ha riacceso la speranza di qualificazione della Bosnia e il c.t. non ha voluto rinunciare al talento di Pjanic per mettere subito al sicuro il risultato. Pjanic ha battuto l’angolo dell’1-0 (gol di Bicakcic su sponda di Zec) e fino al 40’ è sembrato ispirato. Il cambio velocizzato prima dell’intervallo però rischia di essere un messaggio da non sottovalutare.

DZEKO OK –  Le condizioni di Pjanic saranno quindi valutate al rientro a Roma, dove Garcia potrà riabbracciare e coccolarsi Dzeko, come al solito decisivo con la sua nazionale. Il capitano della Bosnia ha realizzato ieri il suo 44gol in 74 gare con la maglia della nazionale, nonché il settimo in sei partite in questa fase di qualificazione, dove è il secondo miglior marcatore dietro al polacco Lewandowski (9 centri). Garcia ha fretta di metterlo al centro del gioco della Roma, di far in modo che la squadra possa metterlo in condizione di esaltarsi nell’area di rigore avversaria. La partita con Andorra è stata per Dzeko un allenamento, utile per migliorare lo stato di forma, ed è stato bravo il c.t. a toglierlo nel momento in cui in campo si sono accesi gli animi. La partita, d’altronde, era finita già prima dell’intervallo, al gol del definitivo 3-0 del laziale Lulic, festeggiato per primo proprio da capitan Dzeko. I due continueranno ad essere buoni amici fino al derby di Roma, che ha già consacrato Lulic a re per la sponda biancoceleste del Tevere. Nessun dubbio che Dzeko stia già pensando a come rubargli la corona, mentre il trono è già stato prenotato dopo il gol alla Juventus.

Montella a Trigoria. Ma per vedere il figlio Alessio

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Vedi Montella gironzolare di nuovo a Trigoria e allora un sussulto ce l’hai, ti viene in automatico. Non fosse altro perché l’ex tecnico giallorosso (e di Catania e Fiorentina) da quelle parti ci ha lasciato il cuore, prima da giocatore e poi da allenatore. E perché il suo nome, dopo l’addio dell’estate 2011, è stato spesso e volentieri avvicinato ai giallorossi, soprattutto prima che la Roma virasse su Zeman, l’estate successiva. Quella fu una trattativa serrata, con la fumata nera che arrivò direttamente a casa dell’Aeroplanino.

LA VISITA E invece Montella a Trigoria era per altro e cioè la prima partita degli Allievi Nazionali della Roma (campioni d’Italia), squadra in cui gioca il figlio Alessio. Inizialmente Montella junior è rimasto in panchina, per poi entrare dopo appena 22’ a causa dell’infortunio di Olivetti (autore del 2-0, la Roma ha superato la Ternana 3-0 con le reti di Antonucci e Squerzanti, buone gare per Cargnelutti e Cappa). Montella ha assistito al match da una postazione privilegiata insieme a Stefano Desideri. Prima e dopo baci e abbracci con Bruno Conti, l’uomo che per primo ha creduto nelle sue doti da allenatore. Poi via, magari un giorno tornerà. Ma chissà come…

Bonucci… in difesa: «Teniamo De Rossi nel bene e nel male»

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La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – Rassegniamoci: Daniele De Rossi come calciatore non sarà mai banale. E la cartina di tornasole del suo personaggio, in fondo, è rappresentata anche dalla prova di Palermo, da Jekyll e Mister Hyde.

NO A CANDREVA  – Il romanista si prende la regia dell’Italia e segna due volte – causa ripetizione – il rigore del nostro vantaggio, dicendo no a Candreva (che aveva subito il fallo in area) desideroso di calciare. Il derby capitolino in questo caso è finito in fretta: decide Daniele. Tiro e gol. Sembra l’inizio di una favola bella, visto che De Rossi proprio a Palermo, 11 anni fa, aveva esordito e segnato nello stesso giorno la sua prima rete in Nazionale. L’inizio di una scalata quasi da bomber vero, che lo ha portato a essere in questo momento il cannoniere del gruppo degli azzurri con 17 gol, entrando nella «top ten» della Nazionale con Gila. Poi però all’improvviso è uscita l’altra faccia di De Rossi, quella impulsiva. A un brutto fallo di Mitsanski l’azzurro reagisce con una pedata da terra che lo porta attonito davanti a un rosso e alla doccia. Sarà squalifica fra un mese.

CHIELLINI COME SCIREA «Peccato che Daniele abbia avuto un momento di blackout, perché sarebbe servito a noi e a lui – dice Chiellini, che a 78 presenze ha raggiunto Scirea –. Stavolta si è vista una grandissima Italia, che avrebbe meritato di più. Dispiace che il risultato sia rimasto in bilico, dobbiamo crescere tanto. Ora però se vinciamo in Azerbaigian è praticamente fatta». Bonucci aggiunge: «De Rossi ce lo teniamo nel bene e nel male, perché uno della sua personalità nello spogliatoio serve. I nostri attaccanti? Devono divertirsi, è questo il segreto del calcio. Occhio però alla Norvegia: hanno un buon collettivo e buone individualità». E Pellè: «Metterei la firma per vincere sempre 1-0. Noi giochiamo meglio quando le avversarie sono forti». Chiude Verratti: «Pochi gol segnati? È un problema che abbiamo da anni. Il risultato è la cosa più importante. Dopo aver conquistato il primo posto, adesso dipende soltanto da noi».

Italia, dischetto verde

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Il Messaggero (U.Trani) – L’Italia si prende i 6 punti chiesti da Conte per queste due gare di settembre e prenota il posto per Euro 2016: valgono il primato nel gruppo H e anche l’allungo sulla terza (ora ha 4 punti di vantaggio sulla Croazia). Ora bastano 2 pareggi, contro l’Azerbaigian a Baku il 10 ottobre e contro la Norvegia a Roma il 13 dello stesso mese. Dopo Malta, dunque, superata pure la Bulgaria. Identico il risultato, 1 a 0, differente la prestazione. La Nazionale di Palermo è sembrata migliore nel gioco di quella di Firenze, anche se nella ripresa, stanca e preoccupata dopo l’espulsione di De Rossi, ha pensato più al risultato che allo spettacolo.

NUOVO OMAGGIO – L’arbitro anche qui ha dato la spinta decisiva agli azzurri. Se lo slovacco Kruzilak, a Firenze, non ha visto il gomito di Pellè spingere la palla in rete contro Malta, il russo Karasev, a Palermo, regala il rigore a Candreva, caduto in area mentre rincorre il terzino Veselin Minev che, senza nemmeno accorgersene, lo colpisce al posto del pallone. L’Italia va subito avanti e torna in testa alla classifica dopo il momentaneo sorpasso della Norvegia che, nel pomeriggio a Oslo, ha battuto 2 a 0 la Croazia, in quattro giorni scivolata dal primo al terzo posto.

SORRISO E RAPTUS – Gioia e follia, nella stessa gara, per De Rossi che è recidivo in tutti i sensi, pure in Nazionale. Come gol segnati, sempre più bomber del gruppo con 17 reti, e come cartellini rossi. Ecco che gioca la prima gara azzurra del 2015 proprio nello stadio in cui debuttò, il 4 settembre del 2004, con la maglia dell’Italia. Per festeggiare la coincidenza, fa centro proprio come nella notte del suo esordio (guarda caso contro la Norvegia, nuova rivale per la leadership verso Euro 2016). Per farlo deve tirare due volte il rigore che Candreva, dopo averlo conquistato, avrebbe anche voluto calciare. Sempre nel primo tempo, per eccesso di spavalderia il romanista, qui tornato a fare il regista, perde banalmente il pallone a centrocampo e costringe Buffon alla paratona su Mitskanki. Nella ripresa, invece, fa di peggio e nemmeno l’arbitro bonaccione se la sente di chiudere un occhio quando scalcia da terra Mitsanki che lo ha appena calpestato. Rosso per due e squadre in dieci.

INTERPRETI GIUSTI – Conte, cambiando mezza squadra (dodicesima formazione diversa in 12 gare), sceglie nella circostanza i giocatori giusti per il 4-3-3 che, in fase difensiva, per i rientri degli esterni d’attacco Candreva ed El Shaarawy diventa simile al 4-5-1 (o al 4-1-4-1), con De Rossi davanti alla difesa, Verratti e Parolo a buttarsi negli spazzi dietro a Pellè che entra in ogni azione. Ma, passando spesso dai lati, l’Italia sembra più squadra. Senza Pirlo, è dinamica e va in verticale. Merito pure di Darmian e De Sciglio, due terzini sui quali insistere verso Euro 2016. Prandelli ci provò già in Brasile, all’ultimo mondiale, il nuovo ct è ripartito da loro.

A DUE VELOCITA’ – Meglio la prima parte della seconda. Inizialmente, oltre al rigore trasformato da De Rossi, occasioni a raffica con Candreva, Pellè ed El Shaarawy. Sovrapposizioni, pressing e chance. Nella ripresa, invece, il calo fisico e l’espulsione inaspettata del senatore De Rossi ha creato qualche disagio e anche un po’ di apprensione. El Shaarawy ha avuto il pallone per chiudere il match, ma il portiere Mitrev è stato bravo a chiudere. Conte ha risposto ai cambi del collega Petev con Zaza per Pellè, Florenzi per El Shaarawy ed Eder per Candreva. Ha tolto i più disponibili al sacrificio e quindi i più stanchi. Per difendere l’1 a 0. E ha ricevuto i fischi del pubblico palermitano per aver rinunciato a Vazquez. Il ct ha tirato dritto, avendo fiutato il pericolo. Buffon, 150 di questi giorni, ha evitato il pari nel recupero su tiro di Milanov.

Roma, i problemi dell’età

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Il Messaggero (B.Saccà) – A Trigoria, nelle ultime stagioni, dev’essere cambiato il vento. È ormai evidente, del resto, che per cercare di indovinare la formula magica della vittoria i dirigenti e l’allenatore della Roma abbiano deciso di non inseguire più la brezza portata dai giovani, ma di sfruttare la corrente dell’esperienza. Così, inevitabilmente, l’età media della squadra si è impennata, rimbalzando oltre la soglia dei 27 anni. Anzi, a dir la verità, nell’annata appena cominciata il dato ha raggiunto il traguardo dei 27,4 anni e, di riflesso, ha riscritto il record della gestione americana. Per intendersi, l’indice attuale dell’intera della serie A è di 26,3 anni. Voltando lo sguardo, è facile notare le differenze: nella stagione 2011/2012, ad esempio, l’età media dei giallorossi si è fermata al segnale dei 26,3 anni, mentre nel campionato 2012/2013 è addirittura scesa alla quota dei 25,4. E qui la frizione con l’andare dell’attualità diventa chiara: perché, nell’arco di tre estati appena, la Roma è invecchiata di due anni netti, esatti fino al primo decimale. Quanto ai periodi più recenti, ecco i 26,2 anni «medi» legati alla stagione 2013/2014 e i 27,2 relativi a quella scorsa. Ma perché? Quale mutazione ha mai subìto la Roma?

IL PERCORSO – Come ogni numero, anche questo va contestualizzato. Innanzi tutto, per leggere meglio la mappa bisogna suddividerla in due parti tracciando una linea temporale, data dall’arrivo di Rudi Garcia. Insomma, prima di Garcia; dopo Garcia. Nella stagione 2011/2012, d’altronde, il ds Walter Sabatini e il dg Franco Baldini avevano consegnato a Luis Enrique una rosa colma di ragazzi, come Lamela, Bojan, José Angel, Kjaer. Inadeguati? Inadeguati. Il famigerato progetto di allora era saldato all’utopia di allestire una squadra giovane, capace di allinearsi al cammino dei successi dopo aver saltato l’ostacolo di qualche sofferenza. Naufragata l’idea, la Roma ha virato sull’oltranzismo di Zdenek Zeman, poi esonerato in favore di Aurelio Andreazzoli: in quella stagione, la 2012/2013, a Trigoria sono piombati giocatori come Castan, Goicoechea, Piris, Marquinho e Destro. Il livello dell’età media si è abbassato di nuovo, e la squadra è sprofondata nella buca del 26 maggio. Sarebbe potuta rimanere lì chissà per quanto tempo, se solo non fosse atterrato a Roma un tipo qual è Garcia. Addio al «Progetto», fuori i giovani meno bravi, dentro gente di mestiere: per tutti, Benatia, Maicon, Gervinho, Torosidis e De Sanctis. A certificare il lavoro di Garcia sono stati subito i risultati, e non soltanto la sequenza delle 10 vittorie iniziali consecutive. Giusto un anno fa sul volto della Roma è affiorata, però, qualche ruga di troppo: se è vero che gli acquisti di Manolas, Iturbe e Uçan, per dirne alcuni, non hanno saputo compensare gli arrivi degli attempati Cole e Keita, oltre che il naturale invecchiare degli altri componenti della rosa.

GLI EX GIOVANOTTI – Venendo alla cronaca, oggi la Roma sfoggia otto giocatori che hanno già festeggiato i 30 anni; vale a dire Totti, De Sanctis, Lobont, Keita, Cole, Maicon, De Rossi e Torosidis. È vero che negli scorsi mesi sono approdati ragazzi come Gyomber, Digne, Palmieri, Ruediger, Salah e Ponce, ma non è falso sostenere che Garcia, storicamente, tenda ad affidarsi poco ai giovani. Se sia per miopia sua, o per modestia loro, non è accertato. Di certo l’orizzonte del ricambio generazionale non può essere scansato, soltanto, con un colpo di vento.

De Rossi costretto all’ennesima ripartenza da zero

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Il Messaggero (A.Angeloni) – «Daniele è fatto così e così ce lo vogliamo tenere. E’ uno di personalità e la sua presenza nello spogliatoio si fa sentire. Sa di aver fatto una cavolata, non deve succedere ma può succedere. Non la farà più». Il testo è di Leonardo Bonucci: in questo modo ha “difesoDe Rossi dopo che, in campo, gli si è chiusa la vena e ha reagito mollando un calcio da terra al suo avversario, Mitsanki (che gli aveva mollato un colpo non proprio tenero, beccandosi pure lui il rosso). A Daniele, di essere fatto così, non è che vada benissimo, ha provato in tanti anni a correggere certe deviazioni caratteriali, ma riuscendoci solo a tratti: non tanto in Nazionale (due “rossi”), quanto nella Roma, certi episodi gli hanno creato più di un problema, scatenando il classico vortice mediatico, specie a Roma.

«Non lo doveva fare. Vorrei rivedere le immagini, ma ho poco da dire: certe reazioni vanno evitate», invece Conte non lo giustifica per niente. Un episodio del genere crea i soliti corsi e ricorsi. L’eterno ritorno dell’errore: dalla manata a Srna nella Champions di qualche anno fa a quella a Mauri in un derby dell’era Zeman, con in mezzo altre alzate di gomito qua e là, quasi sempre con la maglia giallorossa addosso. Ma la madre di tutte le gomitate, se non altro per il palcoscenico che l’ha ospitata, è quella a McBride, mondiale 2006, Italia-Stati Uniti. Lì era proprio un bambino, la sua esuberanza non giustificabile ma perdonabile. De Rossi è il primo, come sempre, a capire di aver sbagliato, perché a trentadue anni non si può e non si deve, e soprattutto perché ha rovinato una storia bellissima recitata con la maglia dell’Italia, alla quale ha sempre tenuto tantissimo, diventando negli anni uno dei giocatori più presenti e quindi rappresentativi. L’esuberanza, stavolta, non è giustificabile, ma ovviamente resta perdonabile. Ha solo rovinato la sua favola del ritorno in azzurro.

IL FUOCO CONTRO – «De Rossi è migliorato: stavolta, almeno, ha fatto espellere pure un avversario», gli scrive qualcuno su Twitter. Si fa ironia, ma c’è anche chi va giù con l’accetta. «Non cambierà mai» oppure «E’ il più pagato della serie A, dovrebbe devolvere parte dello stipendi ai compagni di squadra». Ed ecco, ci risiamo: i soldi, la nota dolente, un discorso che davvero gli fa chiudere la vena, anche più di qualche calcione subito. De Rossi non sopporta che ci si riferisca sempre al suo stipendio. Chi lo fa è stato definito tifoso commercialista. E quei soldi sono stati sudati, è stato sofferto il suo rinnovo, e meritati e – secondo lui – non devono essere accostati ad alcuna sua stupidaggine. Ma ogni volta gli tornano su, presi a pretesto per sostenere altro.

CENTOUNO CON IL ROSSO – Fa pensare come uno che ha giocato 101 partite in Nazionale, che ha segnato 17 gol, agganciando al decimo posto Gilardino della classifica dei marcatori azzurri della storia (primo è Gigi Riva, 33 reti in 35 gare), possa cadere in gesti propri di un giovincello senza testa. Ma De Rossi, in questo ha ragione Bonucci, è fatto così. Subisce e perde il controllo. Di questo sospirato ritorno in Nazionale, Daniele si porta a casa il gol della vittoria e nient’altro. Ha lasciato Palermo scuro in volto, mantenendo il silenzio ed evitando di dire banalità del momento. Appuntamento a Roma, con la testa più lucida. Provando una nuova ripartenza. L’ennesima.

Stirpe: «Innamorato della Magica ma tiferò Frosinone»

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Il Messaggero (M. Di Rienzo) – Imprenditore di successo nel settore della componentistica in plastica per auto, moto ed elettrodomestici, con 12 stabilimenti di cui 8 in Italia e 4 tra Francia, Germania, Slovacchia e Brasile, per un totale di 2.500 dipendenti. E’ il piccolo impero che fa capo a Maurizio Stirpe, 57 anni, ciociaro doc, presidente di Unindustria Lazio e al vertice del Frosinone Calcio da 13 anni. Prima di lui sul finire degli anni ’60 lo erano stati anche suo padre Benito e lo zio Roberto. Sabato prossimo al Matusa arriverà la Roma, squadra di cui Stirpe è un grande tifoso.

Presidente, sabato non sarà un giorno come tutti gli altri. Il suo cuore sarà diviso a metà?
«Avvertirò di sicuro una grande emozione, ma il mio cuore non potrà essere diviso a metà. Sono da sempre un tifoso giallorosso, ma quando in campo c’è la mia squadra, il cuore batte solo per il Frosinone. Giallazzurro e basta, insomma».

Come e quando è nata questa grande passione per la Roma?
«Sin da bambino, tra i 9 e i 10 anni, faccio il tifo per la Magica. La prima volta che entrai all’Olimpico con mio padre, pure lui tifosissimo della Roma, rimasi incantato e ricordo che il cuore mi batteva forte».

Quale è stato il giocatore giallorosso che l’ha più entusiasmata tra passato e tempi recenti?
«Quando ho iniziato a tifare Roma mi piaceva De Sisti, poi negli anni ’80 mi entusiasmava Falcao. Il campione dei tempi più recenti sicuramente Francesco Totti, il mio idolo».

Sabato prossimo se lo ritroverà al Matusa da avversario.
«Nonostante l’età è ancora un giocatore molto insidioso, per questo non vorrei stare nei panni di chi in campo, nel mio Frosinone, dovrà marcarlo».

Prima della sosta la Roma ha battuto i campioni d’Italia della Juventus, entusiasmando per gioco e determinazione. Sarà la volta buona per vincere lo scudetto?
«E’ presto per poterlo dire. La Juve ha ringiovanito i ranghi e le manca solo equilibrio, ma ha mantenuto comunque intatte tutte le potenzialità. Insieme alla Juventus e alle due milanesi, però, ci sarà di sicuro anche la mia Roma per la volata finale».

Da quest’anno il Frosinone ha iniziato una stretta collaborazione proprio con il club della capitale da cui è arrivato in prestito il talentuoso Verde. C’è la possibilità che la sua possa diventare una società satellite di quella giallorossa?
«Non mi piace il termine satellite. Diciamo piuttosto che potremmo sviluppare delle sinergie con la Roma, ma così come pure con altri club. La Roma è stato solo il primo canale di collaborazione aperto».

A disposizione dei tifosi giallorossi ci saranno solo 2.000 biglietti. In tantissimi, anche tra quelli di casa, non potranno essere presenti al Matusa. Può confermare l’accelerazione per la costruzione del nuovo stadio?
«Una volta che il Comune avrà concluso i lavori di propria competenza per il nuovo impianto da 12.000 posti, noi completeremo l’opera portando la capienza a 16.000».

Presidente Stirpe, ma come andrà a finire la sfida di sabato in Ciociaria?
«Noi del Frosinone siamo l’esempio vivente che nel calcio può accadere di tutto. L’impegno è arduo, però dopo due sconfitte bisognerebbe muovere la classifica. Contro la Roma dovremo puntare sulle qualità che ci hanno consentito di approdare in A, vale a dire spirito di sacrificio, compattezza e intensità. Armi che potrebbero permetterci di centrare un risultato positivo».

L’ex Rosi tiene in ansia Stellone. Oggi la ripresa

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Il Messaggero – Il Frosinone ieri non si è allenato: il tecnico Roberto Stellone ha concesso ai suoi una giornata di riposo ma oggi ci sarà la ripresa della preparazione in vista della Roma. Da verificare le condizioni degli acciaccati Rosi, Blanchard e Castillo, mentre Tonev, Gomis e Verde sono attesi dopo gli impegni con le rispettive nazionali.