Opacità, opacità, opacità

Corriere della Sera (S.Rizzo) – Proclama Virginia Raggi, appena eletta: «Mobilità, decoro e trasparenza primi propositi». Promette subito dopo: «Con noi trasparenza totale». Aggiunge ancora di lì a poco: «Le priorità sono quelle che abbiamo portato avanti scrivendo il programma per i cittadini. Spending review, servizi, trasparenza». E infine insiste: «Roma riparte all’insegna della trasparenza». Ottimi propositi. Peccato che fra il dire e il fare spesso ci sia di mezzo il mare, come recita il proverbio. Il caso più importante che sta affrontando il Campidoglio da mesi ne è la dimostrazione più eclatante. Tutta la vicenda dello stadio della Roma si è svolta fin dall’inizio nella più assoluta opacità. Opacità sulle posizioni reali all’interno della giunta comunale, se si eccettuano naturalmente le prese di posizione dell’ex assessore all’urbanistica Paolo Berdini. Opacità sulle trattative con la Roma. Opacità su chi presieda davvero ai processi decisionali: la sindaca, i suoi assessori o piuttosto il Garante del Movimento. Eppure mai come in questa occasione, per il rispetto dovuto ai cittadini, sarebbe stato doveroso diradare le nebbie. Magari utilizzando quel sistema di cui tanto si parlava appena qualche mese fa. Quel sistema che sembrava determinante per sbugiardare i bugiardi e trasformare le istituzioni in case di cristallo. Come si chiamava già, quel sistema dal nome inglese? Forse «streaming»? Eh sì, adesso ricordiamo, si chiamava proprio così: «streaming». Che fine avrà mai fatto?

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