Proprio Nainggolan assegna lo scudetto. Adesso il Napoli trema

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La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza) – Molte cose ci saremmo aspettati, non che degli juventini potessero fischiettare il refrain dell’inno della Magica: «Grazie Roma… ». Ironia mischiata a verità. La Juve riceve il quinto scudetto di fila, il trentaduesimo globale, dalle mani di Radja Nainggolan, autore della rete decisiva. Proprio lui, il belgaindonesiano, che sui social ha battagliato spesso coi tifosi bianconeri: una contraddizione nella contraddizione. La Roma ha battuto il Napoli con un Naingogol allo scadere, quando lo 0-0 pareva ineluttabile, e ha reso matematico il titolo per la squadra di Allegri. Anche l’eventuale pari dell’Olimpico sarebbe valso lo scudetto a Torino, ma con la vittoria il messaggio risulta più forte e chiaro, e da oggi il Napoli deve guardarsi le spalle nella volata per il secondo posto, la Roma incalza a meno due punti. Sarri ha il vantaggio del calendario, deve incontrare formazioni appagate come Atalanta e Torino o disperate come il Frosinone, mentre Spalletti avrà Genoa e Milan fuori casa, col solo intermezzo morbidoso del Chievo in casa, però la storia del calcio abbonda di finali che sembravano scontati e che hanno preso altre strade. Massima allerta nei dintorni del Vesuvio: il terzo posto, per come si era messa la stagione, e senza più coppe con cui consolarsi, scatenerebbe colate di delusione.

SCACCHI – Roma-Napoli di ieri è stata una lunga partita a scacchi. Avevamo immaginato una gara aperta, senza troppi tatticismi, e abbiamo dovuto ricrederci. Scacchiera intasata, sfiorato di un niente lo 0-0. Se per un’ora e mezza le emozioni sono state centellinate, la colpa – o il merito – è da attribuirsi a Luciano Spalletti, che ha impastoiato il match con mossa da stratega: ha piazzato Nainggolan nell’insolito, ma non inedito ruolo di attaccante. Già un paio di altre volte, nel corrente campionato, Luciano da Vinci aveva sperimentato tale marchingegno, ma qui l’ha fatto fino all’ultimo ed è stato premiato perché il gol spacca 0-0 l’ha segnato proprio il belga. All’andata Garcia aveva parcheggiato il classico autobus davanti alla porta di Szczesny, al ritorno Spalletti ha spedito il fuoristrada Nainggolan a sgasare alle spalle di Jorginho e in fronte a Koulibaly e Albiol. Evidente la missione: sporcare, annacquare e disturbare il gioco di Sarri alle radici, togliergli l’alimentazione della prima palla, che conta molto perché avvia l’azione. Confessiamo di aver trovato l’espediente abbastanza retrogrado, un mediano riciclato punta non è mai un bel vedere, però il risultato ci dà torto, per cui ci inchiniamo alla sapienza spallettiana. Una specie di mossa del cavallo, a cui ha fatto seguito il momento che qui tutti aspettano con trepidazione, l’ingresso del Re (che è Totti, ovvio).

ANCORA LUI – Negli scacchi il Re si muove di una casella (casa) in ogni direzione e più o meno il Totti di oggi, quasi quarantenne, si sposta come il Re sulla scacchiera, un passo alla volta. La regalità, però, non invecchia e così per la quarta volta di fila la partita della Roma è stata indirizzata dal piede sovrano di Totti. Spalletti l’ha fatto entrare al 36’ della ripresa, sullo 0-0. Il primo pallone Re Francesco l’ha toccato al 40’: un lancio sbagliato, diciamo di riscaldamento. Col secondo ha servito Maicon in scioltezza, un disinvolto cambio di gioco. Col terzo ha messo Salah davanti a Reina: tracciante chirurgico di 40 metri, difficoltà elevatissima, ma l’egiziano si è fatto anticipare. Col quarto Totti ha avviato l’azione della rete, un invito soffice per Pjanic, da cui ha preso origine la trama che ha portato all’1-0. Per la quarta volta consecutiva l’ingresso di Totti ha tirato fuori la Roma da uno stato di «impasse». Era successo contro Bologna, Atalanta e Torino, e la cosa è ricapitata a più alto livello col Napoli. Logica vuole che si siano create le condizioni per una perfetta uscita di scena, in gloria, ma in questa storia la razionalità non esiste, per cui non si esclude il colpo di scena, l’estremo rinnovo di Totti, oltre quota 40 anni.

SEGNALI – Per il Napoli terza sconfitta consecutiva in trasferta. Per Insigne seconda esclusione di fila dalla formazione iniziale, prima volta in assoluto nell’era Sarri in campionato. Segnali di logoramento. All’Olimpico non si è visto un brutto Napoli: quando il portiere avversario, in questo caso Szczesny, risulta essere il migliore in assoluto, la sconfitta è dura da mangiare giù. Il miglior Napoli, però, è un’altra cosa. Questo di Roma è sembrato a lungo prigioniero della fatica e della tensione accumulate in un’annata ad alta velocità. Serve l’ultimo sforzo: il terzo posto – col playoff Champions incorporato – avrebbe il sapore di una tassa da pagare.

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