Mourinho e i cambi tardivi: è questione di fiducia

Corriere dello Sport (R. Maida) – Ottantatré minuti. Tanto ha aspettato José Mourinho prima di modificare la Roma che non riusciva a battere il Lecce. Non era immobilismo, era strategia. Le prime sostituzioni, peraltro, non hanno migliorato il quadro: Wijnaldum è comprensibilmente in rodaggio, Belotti non ha ricevuto un pallone giocabile. Quando poi è entrato Solbakken per Pellegrini, al minuto 88, il tasso tecnico si è addirittura impoverito.

Tutto questo però Mourinho lo aveva spiegato bene. Non lo ha ripetuto sabato, dopo l’1-1 di Lecce, perché forse non voleva mortificare la squadra “che stava facendo bene. Non volevo cambiarla per questo“.

Ma il suo pensiero è stato espresso più volte in maniera chiara, l’ultima la settimana prima nel post partita di Roma-Empoli. “Io non posso fare i cambi sistematici, inserendo due giocatori al minuto 65 e altri due dopo, perché il livello generale della squadra cambia. Per altri allenatori non è così“.

Si può essere d’accordo con lui o meno ma i fatti dimostrano che il “mercatino” è stato bocciato. Celik, unico terzino di ruolo disponibile e unico giocatore che la Roma abbia comprato in questa stagione (7 milioni versati al Lilla), è rimasto in panchina a Lecce, così come lo spagnolo Diego Llorente che è stato ingaggiato alla fine di gennaio per rinforzare il pacchetto difensori.

Mourinho si fida di un blocco monolitico di calciatori che utilizza (vedi Pellegrini) anche quando non sono al meglio. Per gli altri, a parte i “bambini” che ogni tanto prova a lanciare, non c’è posto nei momenti cruciali.

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