La Repubblica (P. Torri) – Nel quotidiano essere o non essere di chi ha la capacità di farsi domande con l’obiettivo di cercare risposte, a Trigoria non si fanno mancare niente . Mou o non Mou? Pinto o non Pinto? Lukaku o non Lukaku? Progetto giovani o la ripetizione di un instant team che fin qui quella Champions che vale decine di milioni l’ha vista solo in tv?

Sono questi i principali interrogativi con cui la Roma ha brindato all’anno nuovo. Dopo essersi lasciata alle spalle un 2023 che, almeno in ambito italiano, non è stato un successo. Complice, è vero, una finale di Europa League che uno scarso arbitro inglese ha elevato a dimensione Ramon Turone, ma che ha ribadito l’incapacità giallorossa di fare un salto di qualità, certificato dal nono posto, dietro anche a Fiorentina e Bologna. L’ultimo atto dell’anno che abbiamo appena salutato, la madre di tutte le sfide, a Torino, contro quella Juve che non dobbiamo stare qui a spiegare cosa rappresenti per qualsiasi tifoso romanista con un minimo di memoria, ne è stata l’ennesima conferma.

La Roma ha bisogno di risposte agli interrogativi che ci siamo posti. Possibilmente in tempi brevi. Perché, si sa, Roma non è stata costruita in un giorno e qui c’è bisogno che si faccia chiarezza per programmare un futuro in grado di essere all’altezza di una tifoseria che è l’unico fattore che non ha bisogno di una risposta all’essere o non essere per il semplice fatto che è, sempre e comunque. Non pretendiamo che i Friedkin diano risposte pubbliche. Ma auspichiamo che mister Dan e famiglia queste risposte le abbiano trovate e stiano già lavorando per concretizzarle. Per quello che ci risulta Mourinho aspetta solo una chiamata per dire sì, che Tiago Pinto è intenzionato a salutare. Il 2024 è appena cominciato ma è già finito, un po’ come la festa che cantava la Vanoni. Ma la Roma ha bisogno di risposte. Non darle sarebbe più colpevole che sbagliarle.