L’uomo derby. Nainggolan, gol e giochi d’artista

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Corriere Dello Sport (R.Maida) – C’è stato un momento del derby in cui si è capito dove andava a parare la partita. Non è un gol, non è un assist, non è un tiro. A un certo punto Radja Nainggolan ha preso palla davanti alla sua area di rigore, si è allargato sulla fascia destra rincorso da Lulic e Immobile e con uno stratagemma in stile Oriazi e Curiazi è andato prima a destra, poi indietro e infine è ripartito di slancio verso la metà campo della Lazio senza che gli avversari avessero il tempo di contrastarne lo strapotere fisico e tecnico. Applausi del pubblico e ripartenza dell’azione offensiva. A molti tifosi della Roma questa giocata ha ricordato il celebre “sombrero” che 16 anni fa, più o meno in quelle zolle del campo, Cafu rifilò a Pavel Nedved.

SPIEGAZIONE – Come si crea, un colpo del genere? Nainggolan sorride e minimizza: «Sapevo che c’era un uomo alla mia sinistra, poi ne avevo un altro che mi rincorreva da dietro e quindi mi sono detto di buttarla in mezzo, di provare a girarmi dall’altra parte e l’altro è andato in pressione per anticipare la giocata verso il portiere. Poi mi è andata bene: la giocata è stata anche semplice ma per come loro si sono mossi sembrava più difficile». Era un altro Nainggolan, dopo l’intervallo. Più aggressivo, più ispirato, più presente, più tutto. Fino al gol, il primo in assoluto nei derby per lui. «Non avevo neppure visto dove stesse Marchetti – racconta ai microfoni di Roma Radio – avrei tirato lo stesso. Credo che lui abbia visto partire tardi il tiro perché era coperto da Radu. E forse ha pensato di coprire l’altro palo. Comunque ho segnato e meglio così, ci è servito per mettere al sicuro il risultato».

AMBIENTE – Come Strootman pochi minuti prima, ha continuato la corsa verso la curva dimezzata. Ma avrebbe preferito festeggiare in un altro modo: «L’emozione è stata fortissima. Quando segni in una partita del genere fai qualcosa di speciale. Però sarebbe stato più bello se la Sud fosse stata piena. Quindi ci siamo fatti la foto sotto la curva vuota perché volevamo dare a loro dei segnali. Purtroppo è una cosa sulla quale non possiamo intervenire noi, è una situazione difficile da sistemare. Sicuramente ci mancano, ed è difficile giocare senza il tifo. Devo dire comunque che il fatto di giocare in trasferta, con tanti tifosi della Lazio, ci ha dato una carica in più. Ho rivisto la partita ed è stato fantastico».

MIGLIORAMENTO – Nainggolan ha notato una differenza di atteggiamento nel derby rispetto ad altre partite: «Lottavamo di più. Ogni volta che la palla era della Lazio, andavamo in due o tre a cercare di riprendercela. Quando succede questo, è più facile vincere le partite. In altri casi magari ci è mancato lo spirito giusto, come contro l’Atalanta. Ma non abbiamo ancora fatto niente, bisogna battere il Milan e poi andare a giocare la partita che tutti aspettano, a Torino».

FUTURO – A lasciare la Roma, ora, non pensa più, al di là del dibattito sul contratto che va avanti a fiammate. Un passo avanti, uno indietro. Ma le parole di Totti, che ha detto che Nainggolan è «ormai romano», sono una garanzia per il futuro. «Se avessi voluto, sarei già andato via l’estate scorsa – spiega – quando avevo delle possibilità. Ma ho scelto di restare perché sto bene, sono felice qui. E anche la mia famiglia, i miei cari a Roma si trovano a meraviglia. Questo è quello che conta di più per me». Più delle montagne di soldi, più delle prospettive tecniche. Questo è Nainggolan, non a caso tra i giocatori più amati dalla gente. «Se non vinci lo scudetto, il secondo posto alla fine è come aver vinto. Magari è quello che a noi manca: di vincere una volta, che poi ti fa venire altra voglia di vincere. E’ la mentalità che alza il livello. Guardate la Juve, che ha vinto cinque campionati di fila eppure vuole continuare a festeggiare.

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