Corriere dello Sport (R. Maida) – Ha battuto tanti record ma non quello personale: Romelu Lukaku aveva già segnato 4 gol in una sola partita, il 4 gennaio del 2017 con la maglia dell’Everton in Premier League. L’avversario era il Bournemouth. 

Mai gli era riuscito invece il poker con la nazionale belga, alla quale in compenso aveva donato tre triplette (Lussemburgo, Gibilterra e Svezia) spalmate tra le 113 presenze. La sua media realizzativa ad ogni modo è paranormale: 83 reti complessive significano 0,73 gol a partita. Non deve sorprendere quindi che sia stato celebrato dall’Uefa come miglior marcatore delle qualificazioni europee di sempre: 14 reti in 8 giornate.

La Roma può ora accogliere un centravanti rinfrancato e riposato, perché contro l’Azerbaigian ha giocato solo un tempo. Gli sono bastati 37 minuti per segnare quattro reti agli spauriti ragazzi allenati da Gianni De Biasi. E non è sfuggita ai media belgi la sua esultanza polemica davanti alle telecamere.

“Sono io, sono io” urlava, come a ricordare a qualcuno (Chelsea? Inter? Juventus?) che non ha avuto una grande idea a lasciarlo traslocare a casa Mourinho. Fermandosi poi in zona mista Lukaku ha confermato le sensazioni: “Hanno parlato in tanti durante l’estate, io non ho mai voluto rispondere se non sul campo. Quello che vedete adesso è il Lukaku che conoscete. Questo è il mio mestiere, segnare i gol”.

La Roma si augura che continui a imporre la propria grandezza, per tutto il tempo in cui le sarà possibile ospitarlo. Lo stesso naturalmente spera il ct dei belgi, Domenico Tedesco, calabrese di nascita ma cresciuto in Germania. “Non avevo mai visto un calciatore così nella mia carriera – ha detto –, Romelu è inarrestabile in campo e indispensabile anche fuori: è un vero leader della nostra nazionale perché riesce a usare le parole giuste con tutti ed è un esempio per i giovani. Un vero fenomeno che sta ritoccando ogni statistica del calcio mondiale: ogni volte che tira in porta fa gol. Incredibile”.