L’epoca di Andrea Agnelli, dodici anni irripetibili tra luci e ombre

La Repubblica (M. Crosetti) – Il ciclo di Andrea Agnelli nasce da una scelta perfetta: Antonio Conte, essenza di juventinità, l’unico davvero capace di una trasfusione d’anima nel corpo stanco. Così comincia la cavalcata che porterà allo Stadium, ai nove scudetti consecutivi, grazie anche ad Allegri e Sarri.

Diciannove titoli in 12 anni (anche 5 Coppe Italia e altrettante Supercoppe nazionali, più 5 scudetti femminili, ma col vuoto perenne della Champions: due finali raggiunte e perdute) fanno di Andrea Agnelli uno dei presidenti più vittoriosi di sempre, anche se non è tutto oro quello che luccica. In questo lasso di tempo si contano anche il progetto della Super Lega, finito ancor prima di nascere, e l’operazione Cristiano Ronaldo, un successo a metà: esaltante per l’immagine, molto meno per il bilancio che sotto il peso di un immane contratto ha cominciato a soffrire.

Ma l’ombra davvero enorme è la gestione delle ultime contabilità, che ha dato origine all’inchiesta su plusvalenze fittizie e falso in bilancio, quindi alle dimissioni.”Stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme, dando la possibilità ad una nuova formazione di ribaltare quella partita“, scrive il presidente nella lettera di commiato. Fino alla fine: stavolta sì.

L’addio di Andrea alla Juventus, otto mesi prima che si celebri il centenario tra gli Agnelli e il club bianconero (ed è centrale, questa scelta) si è svolto in pieno accordo tra il presidente e il cugino John Elkann. Le dimissioni collettive sono apparse inevitabili. L’emotività del momento e il clamore non devono però mutare l’analisi di una presidenza personalissima e controversa, appassionata e muscolare.

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