Le malattie della Roma restano, il dottor Spalletti non fa miracoli

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – La presunzione, nel calcio, è un difetto pericoloso, perché impedisce di fare analisi e cercare le soluzioni ai problemi. La Roma di James Pallotta e Walter Sabatini soffre di quella che si può chiamare, con nostalgia da cinquantenni, la sindrome di Fonzie. Fonzie era il personaggio di «Happy Days», che non riusciva a dire: «Ho sbagliato». Così il presidente Pallotta, qualche mese prima di esonerarlo, ha detto a Garcia di avergli consegnato una squadra che avrebbe vinto lo scudetto con qualsiasi allenatore e gli ha scelto preparatore atletico e staff medico. E così il d.s. Sabatini ha regalato Ljajic all’Inter, trattenuto Iturbe per poi scaricarlo al Bournemouth, pagato Ibarbo per spedirlo al Watford, spostato in difesa Florenzi per non comprare un terzino e fatto credere che Castan potesse tornare in tempi brevi. Poi non ha indetto la conferenza stampa di fine mercato perché non aveva nulla da spiegare. Eppure vedere la Roma pareggiare per la seconda volta contro il Verona (l’Hellas ha fatto 9 punti, due dei quali contro i giallorossi), vedere i veneti arrivare sempre per primi sul pallone nella ripresa e vedere che Szczesny è stato tra i migliori dovrebbe essere spiegato.

Luciano Spalletti meritava un ritorno migliore nello stadio dove ha fatto vedere, in passato, un gran calcio. Non ieri, per tante colpe altrui e qualcuna sua, come far giocare Castan, lontanissimo da uno standard da serie A. Il Verona ha attaccato solo lui, fino al rigore del pareggio causato per un fallo inutile. Il tecnico di Certaldo ha iniziato con il 4-2-3-1, ma molti giocatori non lo conoscono. Così l’ha corretto in un 3-4-2-1 (Torosidis-Manolas-Castan in difesa) e Nainggolan, in una posizione più adatta, ha segnato al 41’ il gol che doveva dare vittoria e morale. È bastato che Delneri cambiasse modulo nella ripresa (4-3-3) per mettere in crisi la difesa giallorossa. Il ritorno della linea a 4 è stato tardivo e, dopo l’1-1, la Roma non ha avuto la forza di reagire. Dzeko ha sbagliato tre gol facili e ora è in piena crisi. Un allenatore bravo e sottovalutato aveva segnalato tempo fa alla Roma che Dzeko, per il suo fisico, aveva bisogno di allenamenti specifici, ma chi non sbaglia mai difficilmente ascolta.

Spalletti ha chiarito: «L’aspetto fisico? Se fossimo riusciti a far valere la differenza tecnica, avremmo azzerato anche un eventuale divario fisico. Vendere Gervinho? Ce ne vorrebbero due! Però può capitare che un giocatore chieda di essere ceduto». Alla porta bussano Perotti e El Shaarawy, sponsorizzati da Preziosi (non contento di aver già rifilato Iago Falque) e Galliani. Il lavoro per Spalletti è tanto, l’atmosfera plumbea. Il sito Dagospia sussurra che Pallotta abbia dato mandato di vendere la Roma, perché ha capito che non è un affare. Il presidente ha smentito e, con lui, il d.g. Mauro Baldissoni. In attesa di vittorie sul campo e del progetto definitivo dello stadio, la realtà è questa: non saper battere il Verona né con Garcia né con Spalletti.

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