La Gazzetta dello Sport (S. Cieri e M. Cecchini) – Sarebbe bello, un giorno, vederli insieme ai Musei Vaticani, davanti al celebre affresco di Raffaello intitolato “La scuola di Atene”. Chissà. Forse Dan Friedkin si riconoscerebbe in Platone che con il dito indica il cielo, dove volteggiano gli aerei che il presidente della Roma adora, e Claudio Lotito in Aristotele, che con la mano sposta l’attenzione sulla terra, che il numero uno della Lazio ha imparato a far fruttare.
Diversi, in fondo, lo sono in tutto, probabilmente anche nel modo di amare le loro squadre. Più distaccato e (per forza di cose) più lontano lo statunitense, che ha nel calcio solo uno dei suoi tanti business; più passionale e coinvolto il romano, che vive il nostro football anche come un luogo in cui per certi versi continuare a fare quella politica che lo ha portato a Palazzo Madama in qualità di senatore. A dividerli, però, domani non ci sarà il solito Atlantico, perché Friedkin sarà al derby cercando una nuova gioia che Lotito vorrà negargli, visto che entrambi hanno come obiettivo l’approdo nella prossima (e più ricca) Champions.

Una cosa, però, li accomunerà: la speranza che la stracittadina non diventi vetrina di razzismo. Stante la situazione internazionale in Israele e a Gaza, sul fronte della Questura si teme che ultrà in cerca di ribalta ne approfittino per introdurre striscioni anti-ebraici o si producano in cori sullo stesso stile. Sarebbe il modo peggiore per mandare in mondovisione la città di Roma, per cui i due presidenti investono tanto a livello d’immagine..

Dal punto di vista degli investimenti, la proprietà statunitense teme pochi confronti. Dal giorno del suo insediamento (6 agosto 2020) il “Friedkin Group” ha investito circa 800 milioni, considerando anche le spese servite per uscire dalla Borsa. Non basta. Ingaggiando nel 2021 Mourinho la Roma ha scelto di pagare l’ingaggio più alto della sua storia (8 milioni) fra allenatori e calciatori.