Intesa stadio, nodo opere pubbliche. E ora Lotito chiede «par condicio»

La Gazzetta dello Sport (A.Catapano – V.Piccioni) – Se lo stadio della Roma fosse una sfida di Champions o di Europa League, nella fase di eliminazione diretta, si potrebbe dire che il sì ha chiuso l’andata con un vantaggio piuttosto rassicurante. Un convincente 2-0, con il ritorno però tutto da giocare e senza escludere la possibilità di una rimonta del no. Un risultato comunque impensabile viste le puntate precedenti degli ultimi giorni: il contropiede della Soprintendenza sul vincolo per la tribuna dell’ippodromo, le divisioni del Movimento 5 Stelle, il «lo faremo da un’altra parte» di Grillo, il rischio «catastrofe» ventilato da Pallotta. E invece, la fumata bianca o aspirante tale è arrivata intorno alla robusta cura dimagrante della cubature, da un milione di metri cubi a meno della metà (anche se resta la necessità di una variante del Piano regolatore). Lo stato d’animo della società giallorossa emerge dalle parole del suo direttore generale Mauro Baldissoni al Tg1: «La tempistica potrebbe essere inferiore anche ai tre anni, per questo pensiamo ad aprire lo stadio nella stagione 2020-2021, nella migliore delle ipotesi fra il 2019 e il 2020».

CHI PAGA LA BRETELLA – E allora? Quali sono le trappole ancora sul percorso? La prima: l’intesa sulle cubature costringe a rimescolare il mazzo di carte che riguarda le opere pubbliche a carico dei proponenti, la base su cui Giunta e consiglio due anni e mezzo fa avevano detto sì alla «pubblica utilità» del progetto. In realtà, non verrebbe meno l’impegno per i quattro interventi: messa in sicurezza del Fosso di Vallerano e del quartiere di Decima, nuova stazione e nuovi treni sulla ferrovia Roma-Lido, bretella dalla Roma-Fiumicino e ponte sul Tevere. Solo che questi ultimi due potranno essere effettuati in una seconda fase. Forse attingendo a fondi pubblici, con la bocciatura del Ponte dei Congressi (di cui era ipotizzata la costruzione in una zona adiacente) e con conseguente risparmio di circa 150 milioni. Il Comune potrebbe dunque chiedere al Governo di dirottare quelle risorse ora inutilizzate. C’è già stato un sondaggio presso Palazzo Chigi?

NUOVA DELIBERA – La Regione, che presiederà la riapertura della conferenza dei servizi il prossimo 3 marzo (probabile una proroga di un mese chiesta dalla Roma per raffinare il nuovo progetto), lancia però un avvertimento. Per Michele Civita, assessore alla mobilità, l’accordo è una «buona notizia », ma se il progetto cambia, «bisognerà richiedere un nuovo pronunciamento da parte del Consiglio comunale di Roma sul pubblico interesse».

«ORA LA LAZIO» – E in questo contesto, compare anche l’altra città, la Lazio, che si fa viva con un comunicato rivendicando pari dignità, appoggiata anche da diversi voci della politica. «Cara sindaca Raggi, ci aspettiamo che applichi per par condicio nei confronti degli innumerevoli tifosi biancocelesti e consenta la creazione del nuovo impianto della Lazio». Il riferimento è al vecchio progetto nella zona della Tiberina? In ogni caso la rivendicazione di Lotito riguarda la possibilità di un nuovo impianto «secondo i propri criteri di localizzazione, di efficienza e di qualità. Senza ricorrere allo stratagemma dello stadio Flaminio che non ha alcun requisito e condizione oggettiva per essere lo stadio della Lazio».

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