Castellacci: “E ora metà quarantena”

Corriere dello Sport (G. Marota) – Le due settimane di quarantena in caso di positività di un componente del gruppo squadra “sono un problema serio” secondo Enrico Castellacci, ex responsabile dello staff medico della Nazionale, ora presidente della Libera Associazione Medici Italiani del Calcio. Secondo alcuni questa è una condanna a morte in attesa di esecuzione nei confronti del pallone: servirà più fortuna che bravura affinché nessun tesserato si ammali da qui alla fine di agosto. Queste le parole di Castellacci:

La quarantena obbligatoria per l’intera squadra?

Se volontà federale e volontà politica coincidono e se tutti hanno scelto di andare avanti, come sembra, perché non pensare a una riduzione della quarantena a sette giorni? Soltanto così il campionato potrebbe andare avanti. Le condizioni sanitarie del Paese continuano a migliorare, bisogna accorciare i tempi del ritiro fiduciario, dove comunque la squadra, escluso il positivo, continuerebbe ad allenarsi ma senza poter giocare. Quattordici giorno sono troppi e la normativa del ministero della salute è del 21 febbraio. Nel frattempo è mutato lo scenario.

Sette giorni rappresentano un tempo corretto per isolare la squadra, fare i test a tappeto e ripartire?

Di sicurezze non ne abbiamo, ma lo stesso vale per i 14 giorni. Non è che stando chiusi in ritiro per due settimane avremo la certezza del rischio zero. Mettiamocelo in testa: con il virus dobbiamo convivere. E questo vale per la nostra esistenza quotidiana, non solo per il calcio. Allo stato attuale mi sembra evidente che basta un solo positivo per far crollare il castello a cui si sta lavorando da mesi.

Riaprire gli stadi a capienza ridotta sarà possibile?

In questo momento la vedo dura. Se c’è l’obbligo di mettere in quarantena 300 persone per un solo caso di Covid-19, figuriamoci cosa potrebbe succedere se entrasse il pubblico negli impianti… Facciamo un passo alla volta.

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