Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – Chiamatela come vi piace, festa, lamentazione, cerimonia fosca, santificazione. Ciascuna di queste definizioni è un po’ giusta. Luciano Spalletti non si è sentito invitato, forse, e l’ha guardata da qualche metro. A Francesco Totti, dopo il fischio finale della sua carriera da calciatore, ha inviato un gesto intimidito, represso per uno esuberante come lui. Totti ha risposto con uno sguardo fiero che poteva significare molte cose. Tranne forse quella che Spalletti sperava.
IL PACIFICATORE – All’abbraccio del presidente James Pallotta, invece, Totti ha risposto. Ampiamente nei limiti dell’educazione. Aveva fretta di leggere il suo lungo messaggio. Di stringere la famiglia, di avvicinarsi abbastanza ai compagni da scambiare con loro le lacrime sul viso. Daniele De Rossi si sta abituando faticosamente all’idea di perdere il fratello d’arme di una vita: «Dopo sedici anni sarà dura non vederlo più seduto lì quando scenderò nello spogliatoio. Non avevo mai conosciuto nulla del genere. Se un’intera città reagisce in questo modo al ritiro di un calciatore significa che non siamo di fronte solo a un calciatore. Totti non è una persona normale. Ha vinto uno scudetto ma soprattutto ha saputo unire una città che si divide su tutto». Quanto a questo, Totti si è diviso da Spalletti e viceversa. «Io so solo che sarà difficile trovare una guida tecnica che ti permetta di raccogliere i punti di quest’anno – continua De Rossi – Ecco, per lo scudetto serve mantenere forte la squadra, perché quelli davanti lo faranno e quelli dietro si rinforzeranno. Ma ora, scusate, non vorrei parlare di Spalletti o della prossima stagione o del mio contratto. Ora è il momento degli stendardi e delle bandiere in onore di Totti».
SOSTEGNO – Quando Francesco si è tolto la maglia non è stato come se si spellasse. E’ stato peggio. Un astronauta che perde il casco nello spazio. Gli è sfuggito di mano il senso. A molti tra i suoi compagni anche. Kostas Manolas ha trovato le parole per dirlo e le ha twittate: «Grazie di tutto. Sarai sempre nel mio cuore. Amici per la vita». Hanno tutti inciso il proprio nome su una targa e gliel’hanno consegnata a fine partita, così come lui ha autografato e calciato in Curva Sud l’ultimo pallone. Che forse finirà nella bacheca di un club di tifosi, da qualche parte di Roma. Questo era il Totti Day e per luce riflessa diventa il giorno di tutti coloro che hanno partecipato. Vicini, lontani. Diego Perotti era vicinissimo e non è riuscito a non esultare nonostante il passato al Genoa: «Ho segnato il gol decisivo della stagione nella partita dell’addio di Francesco. E’ il giorno più importante della mia carriera. Di Totti giocatore non dico nulla, sarebbe inutile. Di Totti uomo dico che non ha mai fatto pesare a nessuno il fatto di essere Totti. Porterò sempre con me il ricordo della sua umiltà. Ora vorrei che i tifosi ci sostenessero sempre come in questa occasione. Saremmo una squadra ancora migliore».