Giulio Andreotti: un romanista nato prima della Roma

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Giulio Andreotti è stato un grande tifoso della Roma. Può sembrare riduttivo definire così la più imponente personalità politica dell’ultimo secolo, ma non lo è. La sua passione è nata quando aveva otto anni e non per scelta, semplicemente prima del 1927 l’ A.S. Roma non esisteva. Politica e sport si sono sempre intrecciati nella vita del senatore, ma per quanto riguarda i colori giallorossi si tratta di vero e proprio amore. Andreotti, fraterno amico del presidente Viola, è sceso addirittura in campo personalmente, quando si è trattato di non far partire per Milano l’ottavo re di Roma, che per noi oggi è Francesco Totti, ma nel 1983 era Falcao. “Ho ricevuto una telefonata da molto, molto, molto in alto; Falcao non possiamo più prenderlo!”. Queste le parole di Fraizzoli, l’allora presidente dell’Inter, per giustificare il fallimento di una trattativa che era già conclusa. Antijuventino, ma soprattutto antilaziale, non si tirava indietro a commenti ironici: “Senatore, come giudica i laziali?”. “Bhe, hanno diritto a campare!”. Diceva di avere le orecchie grandi per poter ascoltare tutti e di certo con noi l’ha fatto, ci ha aperto le porte del suo ufficio a Piazza San Lorenzo in Lucina, mostrandoci con orgoglio, dopo una lunga intervista, la Coppa delle Fiere, che, insieme all’Angolo Italiano, forma ancora oggi il misero bottino di trofei internazionali vinti dalla sua amata Roma. Realista ma ambizioso, tra i suoi desideri c’era al primo posto la conquista del quarto scudetto, relegando in secondo piano la vittoria della Champions, vincere il campionato a Roma, per lui, valeva più che ottenere dieci titoli in altri grandi club! Le caratteristiche di Andreotti uomo politico, erano le stesse del suo essere tifoso, attaccatissimo ai simboli, ma riservato sulle strategie. Sempre protettivo verso giocatori e società, affermava che allenare e criticare dal salotto di casa è semplice, ma le cose sono molto più complicate di come sembrano. Nostalgico di campo Testaccio, frequentava anche l’Olimpico: “In televisione le partite si vedono meglio, ma soltanto dallo stadio si comprende tutto!”.
Della sua Roma amava gli inni, che sosteneva dovessero essere ascoltati in sequenza, poiché, Roma Roma Roma e Grazie Roma di Antonello Venditti, traducono entrambe emozioni presenti nel cuore di ogni tifoso, ma diverse tra loro.
Ci confidò che il pallone d’oro era sgonfio perché non era mai stato dato a Totti e, coniugando la politica allo sport, completò la sua celebre frase: il potere logora chi non ce l’ha, aggiungendo che anche il tifo corrode chi non ce l’ha! Giulio Andreotti li aveva entrambi…
Umberto Ruggeri

 

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