Gerson brasiliano felice: “Scusate il ritardo. Ora ho un’altra testa”

La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – La sua è una storia impastata di sostantivi da sgranare come un rosario. Ci sono speranze, presunzioni, delusioni, arrabbiature, punizioni, fiducia e – alla fine – resurrezione e gol. Ieri, i primi in Serie A, per riallacciare un filo spezzatosi il primo novembre 2015 contro il Vasco de Gama. Una cosa è certa: la fiducia che nell’estate 2015 Walter Sabatini, ex d.s. giallorosso, deponeva in Gerson era santificata da tre elementi: il prezzo pagato al Fluminense per una promessa (18,9 milioni con tutti gli oneri), la consegna a un 18enne della maglia numero 10 di Totti (con relativa polemica) e l’inserimento di un bonus al Barcellona – che aveva lasciato via libera alla Roma – qualora il baby avesse vinto il Pallone d’oro.

BUCO NERO – Non male per uno che aveva ancora tutto da dimostrare. Il problema è che tanta fiducia aveva contagiato anche lui cosicché, quando il club – per via del tetto agli extracomunitari – provò a darlo in prestito al Frosinone per fargli masticare la Serie A, Gerson e papà Marcao snobbarono l’idea, preferendo tornare per un po’ in Brasile. Ambientamento rimandato all’era-Spalletti, un purgatorio di panchine fino al possibile paradiso del 17 dicembre 2016. A sorpresa, nella sfida scudetto allo Juventus Stadium, il tecnico lo schierò titolare. Resistette un tempo, per poi affondare in un buco nero: 9 mesi senza vedere più campo, tant’è che tra i tifosi si parlò anche di punizione, visto che a gennaio era saltato (a giochi fatti) il trasferimento al Lilla per 18 milioni. Sulle ragioni, le tesi furono discordanti. C’è chi parlò del meteo plumbeo di Lilla, chi del mancato accordo sulle commissioni al papà. Da allora, comunque, Gerson restò congelato fino al 16 settembre, quando Di Francesco lo ha fatto entrare col Verona, consentendogli di iniziare una nuova vita chiosata ieri così: «Mi era sempre piaciuto, tant’è che volevo portarlo al Sassuolo. Io però non mi accontento di questo e non si deve accontentare neppure lui».

FESTA BRASILIANA – La vera resurrezione, però, ora inizia da Firenze e dalla festa brasiliana che i suoi compagni gli hanno riservato. «Ho un po’ di crampi ma sto bene – spiega Gerson, dedicando i gol alla famiglia –. Era da molto che non giocavo così tanto. L’anno scorso l’ho passato fuori. Spalletti in realtà mi aveva dato alcune occasioni, ma non sono stato bravo io a sfruttarle. Non ero ancora pronto. Quest’anno ho iniziato con una testa completamente diversa, quella giusta, e ora riesco a esprimere le mie potenzialità. La svolta però è merito di tutti, a partire da Di Francesco, che dà sempre fiducia a tutti e questo ha contribuito a far scattare qualcosa. Stavolta abbiamo vinto con la grinta, il carattere e l’orgoglio. Siamo una squadra molto unita. In fascia o in mediana non conta, devo solo giocare bene. Anzi, devo fare tutto per la Roma». E sorride felice. Il ritardatario Gerson è arrivato in gruppo.

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