ElSha e Perotti liquidano il Chelsea. E Di Francesco passa al comando

La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza)La Roma schianta il Chelsea e mette un piede negli ottavi di Champions. Oggi sembra impensabile che i giallorossi non battano il Qarabag nel ritorno in casa, ma basta un punto a Madrid con l’Atletico nel prossimo turno. Tre a zero all’Olimpico, neppure le migliori previsioni accreditavano un tale rotondo risultato, che fa bene al calcio italiano perché accorcia un po’ le distanze tra Serie A e Premier. La doppietta di El Shaarawy suona di buon auspicio per la Nazionale in vista del playoff, la rete di Perotti ha seppellito quel che restava dei Blues. C’è stata partita per 40 minuti scarsi, fino al 2­0, quando il Chelsea ha smesso del tutto di rispondere ai comandi del suo «boss». Di rado abbiamo visto una squadra di Conte così poco «contiana». Disattenzioni difensive a nastro, bassa intensità, mollezza offensiva. Pare che tra Conte e il Chelsea sia finita la magia. Qualcosa di affine a quanto accaduto un anno fa a Leicester con Ranieri. Prendi la Premier e scappa, verrebbe da dire al prossimo allenatore italiano vincente in Inghilterra.

SECONDI PREZIOSI – Subito gol: in 37 secondi, neppure il tempo di metter giù gli schieramenti. Lancio di Kolarov, testa di Dzeko per El Shaarawy e gran tiro d’esterno. Immaginiamo la felicità di Conte perla difesa disarmata e disarmante dei suoi. Il prematuro regalo di Natale ha permesso alla Roma di giocare in discesa. Respingere e ripartire. C’è stata un po’ di fortuna, per esempio su una palla maltrattata da Morata in solitudine a due passi da Alisson, ma non si poteva pensare che il Chelsea rimanesse a guardare. Fisiologiche concessioni, non sfruttate dai Blues. Così è arrivato il 2-­0, per certi versi fotocopia dell’1­-0. Altro lancio, stavolta di Nainggolan, movimento a vuoto di Rudiger e delicato tocco del Faraone, sempre di esterno. A Conte in panchina sarà venuto un colpo per alto tradimento di fase difensiva. Il Chelsea è andato all’intervallo sotto stordimento.

DOMINIO TOTALE – Il primo scorcio di ripresa ha dato fiato a quanti sostengono che il Chelsea sia diventato Conterefrattario. Non c’è stata reazione, neppure un sussulto. Roma in totale controllo. Le acque del mar giallorosso sono diventate impetuose quando Conte ha azzardato una mossa rivelatasi sbagliata, col senno di poi. Fuori Cahill e dentro Willian: «scalature» all’indietro di Pedro, arretrato a esterno di centrocampo, e di Azpilicueta, allineatosi ai due centrali difensivi. Su quel cambiamento tattico Azpilicueta-Pedro la Roma è deflagrata con Kolarov e Perotti. È arrivato il 3-­0 dell’argentino, per gentile concessione di Fabregas, sciagurato perditore di un pallone a centrocampo. Sono seguite occasioni in serie con Nainggolan, ancora Perotti e addirittura Manolas su corner. Tiro al piccione, con Antonio Conte bersaglio­ volatile e sempre più sperso nel fumo di Londra.

GRAZIE ROMAI demeriti del Chelsea non devono oscurare i meriti della Roma, ottimi e abbondanti. Eusebio Di Francesco ha confermato quanto si sospetta da tempo: la sua radice zemaniana quasi non si nota più, «DiFra» è nemico degli estremismi offensivi. La Roma «difrancescana» ricerca equilibrio e solidità, non cede alla vanità del possesso palla esasperato (Sarri) e neppure insegue l’utopia del tutti avanti (Zeman). Rispetto all’andata, l’allenatore ha tolto Gonalons – che pure a Stamford Bridge aveva giocato con personalità – e lì nel mezzo ha ricollocato De Rossi. Una scelta di rispetto della forza degli avversari. Sull’1­-0, quando Florenzi soffriva da morire la verve di Hazard, il capitano si è speso in corse e rincorse. Lì, in quei momenti di imperfezione, la Roma è stata sostenuta da De Rossi. Così è maturata una vittoria bella e storica, la più ampia contro un club inglese in Europa, alla pari col 3­-0 rifilato all’Ipswich Town nella Coppa Uefa 1982-­83. Il Chelsea per contro non perdeva per 3­-0 in Champions dal novembre del 2012, allora contro la Juve. Maledizione Italia, per i londinesi. Indovinate chi allenava i bianconeri? Proprio Conte, all’epoca squalificato, per cui in panchina sedeva Alessio, il vice. Forse un cerchio si è chiuso.

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