De Rossi, notte allo Stadium per lasciare il segno

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Il Corriere dello Sport (F.M.Splendore) – Senatore tra i senatori. Allo Stadium. A Daniele De Rossi scorre sangue giallorosso nelle vene. Quello che quindi può suscitargli la Juve da avversaria è immaginabile. Ma è una rivalità sportiva, che si mescola al rapporto solido tra senatori azzurri: Daniele da una parte, Buffon, Chiellini, Marchisio, dall’altra. Più Barzagli (probabilmente in panchina) e Bonucci che non è disponibile. Senza contare Sturaro e Rugani, azzurri anche loro. Amici e rivali, divisi da una sfida che diventa molto di più quando in palio c’è lo scudetto. In Nazionale è questo il gruppo a cui Ventura si è affidato per costruire le nuovi basi di un ciclo azzurro e farle cementare attraverso l’esperienza di questi “ragazzi” che del suddetto ciclo, da qui al Mondiale in Russia, inizieranno a vedere le differenti fasi del tramonto. Corsi e ricorsi della vita. Un destino, per Daniele De Rossi quello di dividere rivalità sportiva e rapporti personali nelle sfide con la Juventus: con la maglia bianconera ha giocato, e si sono affrontati da avversari, uno degli amici più stretti che il calcio gli ha regalato, Andrea Pirlo. Che forse lo avrebbe visto volentieri al suo fianco negli States. Sabato sera sarà la venticinquesima sfida alla Juve di De Rossi: la ventunesima in campionato (ce ne sono altre 4 di Coppa Italia). La giocherà provando a deciderla. Il bilancio in serie A parla di 4 vittorie, 5 pareggi e 11 sconfitte. Quello di Coppa strappa un sorriso: tre vittoria e un solo ko. La prima a Torino il 21 settembre 2003, 13 minuti al posto di Dacourt, quella del 2-2 con pareggio in extremis di Zebina. Il minuto in campo l’8 febbraio 2004, all’Olimpico, il Roma-Juve 4-0 con Totti che fa il famoso “4 e a casa…”.

IL TACCO, LA PUNTA E… IL GOL – Fino a quel 30 agosto 2009 a Roma, la stagione dei 7 gol di Daniele (mai così tanti), Spalletti che è alla fine del suo primo ciclo giallorosso e una sconfitta per 3-1 in casa con quel monologo sul tacco e la punta divenuto virale, in cui il tecnico di Certaldo preparò le dimissioni, poi date, sintetizzando con la sua mimica e la sua dialettica come quella squadra si specchiasse troppo nei tacchi e nelle punte, nei gesti estetici, più che nella sostanza e nel sacrificio reciproco, per poter fare risultati. Il ciclo Spalletti finì lì. Ma in quella partita Daniele De Rossi segnò il primo dei suoi due gol in carriera alla Juventus. Una fiondata da lontano che portò al momentaneo pareggio. Due anni e quattro mesi dopo la seconda rete ai bianconeri, nella Roma che era diventata già americana e aveva Luis Enrique in panchina, l’uomo che pensò a De Rossi centrale di difesa. Daniele sbloccò la gara dell’Olimpico dopo sei minuti. E poi la pareggiò Chiellini.

UN OBIETTIVO – Il filo delle sfide di De Rossi alla Juve si riannoda attraverso questi due gol e una stagione che ripropone nuovamente questa partita come il crocevia per lo scudetto. Daniele è un po’ l’anima di questa squadra, tatticamente ne diventa l’ago della bilancia e con il cuore la trascina dentro i meandri di una romanità che è fatta di passione senza fondo. Quella passione che sembra gli faccia scoppiare le vene del col- lo quando la Roma segna, o che gli fa urlare al mondo “questo è Dzeko, rispettatelo”. Quest’anno in campionato De Rossi non ha ancora segnato. E un gol o due di solito li fa. Dopo tante batoste in cinque anni di Stadium, chissà che non arrivi l’ora di spezzare l’incantesimo firmando la sfida a Torino da protagonista. Per avvicinarsi un altro po’ alla vetta e sentire il profumo di scudetto che si fa più forte. Perché il Mondiale in bacheca c’è. Ma lo scudetto, a 33 anni, sarebbe il regalo più grande.

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