Che razza di calcio

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La Repubblica (M.Pinci – C.Cito) – Fu d’estate, in Coppa Italia. «Era la mia prima da professionista, nel 2013, Südtirol-Matera», se la ricorda quella storiaccia Caleb Ansah Ekuban, che oggi di anni ne ha 22 ed è finito a giocare nel Partizani Tirana. «A un certo punto mi si avvicina un avversario, del Matera, Iannini ho saputo, poi. Mi dice “nero di merda”, “nero”, non “negro”, a negro ero più abituato, se vogliamo». L’arbitro sente. Rosso. Dieci giornate di squalifica per Iannini, la prima per violazione dell’articolo 11 del Codice di giustizia sportiva della Figc, una pena in vigore dal luglio 2013. «Da voi è così» prosegue Caleb, genitori ghanesi, nato e cresciuto in Italia, doppio passaporto, un G2, «è un razzismo strano, si usa per provocare in campo, per innervosire l’avversario. Però Lulic ha detto quelle cose di Rüdiger a mente fredda, a fine partita, senza nessun intento di provocare, un gesto gravissimo». Gravità e gratuità, nel caso di Lulic, si incrociano ed è così che i calzini, le cinture, Stoccarda escono dalla mitologica logica delle “cose di campo”. Soprattutto perché l’orribile perifrasi usata dal bosniaco è stata pronunciata davanti a un microfono, impossibile da non ascoltare. Impossibile da non punire.

La Figc, con Fiona May nel ruolo di responsabile della Commissione per l’integrazione, promuove dal 2014, dopo l’infausta uscita di Tavecchio sulle banane di Optì Pobà, alcune iniziative contro il razzismo “di campo”, che è cosa diversa da quello curvaiolo (in due campionati i casi di daspati per razzismo tra i tifosi si sono più che triplicati): 25mila i ragazzi coinvolti, anche se di queste iniziative mancano report e dettagli, «stiamo lavorando alla loro pubblicazione» assicura l’ex lunghista italo-britannica. Complessivamente, negli ultimi 15 anni in Italia sono state comminate sanzioni per comportamenti razzisti di tifosi e giocatori per circa 3 milioni di euro. Appena 200mila dei quali, però, finiti a finanziare progetti contro la xenofobia. Negli ultimi cinque anni nei tre principali campionati italiani i casi di discriminazione sono scesi del 61%. «Ma», racconta Mauro Valeri, presidente dell’Osservatorio razzismo e antirazzismo nel calcio, «il peggio ora avviene sui campi minori, dalla D alla Terza categoria, dove i casi dilagano e le telecamere non arrivano».

Impressionanti i dati: durante l’ultima stagione sono stati ben 15 gli episodi di razzismo e xenofobia registrati nei campionati giovanili, in particolare contro gli italiani di seconda generazione. L’ex ministro Cecile Kyenge, oggi co-presidente dell’intergruppo per l’antirazzismo e la diversità presso il Parlamento europeo, valuta così questi fatti: «Il calcio, per la sua natura, dovrebbe essere il regno dell’integrazione e dell’amicizia, ma viviamo in un paese che esaspera anche per fini politici la paura del diverso, del nero, delle minoranze. E tutto questo si riverbera spesso sui comportamenti individuali, su una cultura condizionata da alcuni urlatori che soffiano sul fuoco della paura. La mia solidarietà a Rüdiger, dovremmo fare terra bruciata intorno ai razzisti e ben venga una punizione esemplare per Lulic, come giustamente previsto dal Codice sportivo». In Italia l’articolo 11 è stato applicato in una decina di casi, una volta anche ai danni di Grassi dell’Atalanta, un nazionale Under 21, che durante una partita del campionato Primavera diede del “vu cumprà” a un suo avversario di colore, in campo, ma largamente a disposizione delle orecchie dell’arbitro. E solo dalla prossima giornata rivedrà il campo Anthony Farina, attaccante del Tortona, 10 giornate fuori per insulti razzisti a Boyomo del Bon Bon Asca. La parola razzismo, però, è scomparsa dal vocabolario della Fifa, che dal 26 settembre scorso ha chiuso la task force creata per contrastare il fenomeno. «La missione è stata completata» commentò la federcalcio mondiale, non proprio tempestivamente, visto che tra due anni il Mondiale si giocherà in uno dei paesi più razzisti in assoluto, la Russia. La Uefa fa appena di più, mandando in onda nell’intervallo delle partite internazionali il “No al razzismo” pronunciato in favore di telecamera, con sguardo vitreo, da Messi, Ronaldo e compagnia.

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