Berdini: «Tor di Valle uno scempio, ora serve un referendum»

StadiodellaRomaTordiValle0001

Il Messaggero (L.De Cicco) – La nuova amministrazione a Cinquestelle si è appena insediata. Ma per il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle – con annessa colata di cemento da quasi un milione di metri cubi per opere private – la partita potrebbe essere già finita. Suonano come un triplice fischio le dichiarazioni rilasciate ieri da Paolo Berdini, scelto da Virginia Raggi come responsabile dell’Urbanistica. L’assessore in pectore non ha usato giri di parole sul progetto sognato da James Pallotta e dal costruttore Luca Parnasi e ha ribadito la sua «contrarietà allo stadio della Roma così come immaginato nel progetto vagliato» dalla giunta Marino. Tanto che, nei corridoi di Palazzo Senatorio già si ipotizza una delibera che possa ritirare la pubblica utilità dell’opera. Un atto di pari forza rispetto a quello varato nel dicembre del 2014 dalla vecchia maggioranza targata Pd, e che già allora incontrò l’ostruzionismo prima e il voto contrario poi della pattuglia di consiglieri pentastellati. «Questo progetto è a rischio speculazione», disse Marcello De Vito, all’epoca capogruppo M5s in Aula Giulio Cesare, oggi mister preferenze del nuovo Consiglio tanto da essere il candidato numero uno alla poltrona di presidente dell’Assemblea capitolina.

C’È GIÀ L’OLIMPICO – E il giudizio di Berdini è in perfetta sintonia: «La Roma – ha detto ieri a Radio Radicale – ha a disposizione lo stadio Olimpico e lo stadio Flaminio che vanno valorizzati e trovo assurdo regalare ad un privato un milione di metri cubi di cemento in cambio di servizi che sono un atto dovuto alla città». La stessa linea già espressa dall’Istituto nazionale di Urbanistica, di cui Berdini è stato segretario negli anni ‘90, e che ha bocciato senza appello il progetto Tor di Valle, parlando di una «gigantesca speculazione edilizia in cui lo stadio è solo un pretesto» dato che l’impianto sportivo «rappresenta sol il 14% delle cubature». Tutto il resto infatti è destinato a negozi, alberghi, uffici e ristoranti: 15 edifici commerciali e tre grattacieli alti più di 200 metri. L’«Ecomostro» sulle sponde del Tevere, come lo ha ribattezzato Legambiente. Il vero cuore dell’operazione calcistico-immobiliare, bocciato da tutte le principali organizzazioni ambientaliste, che peraltro sorgerebbe in un’area a rischio esondazione.

POSSIBILE CONSULTAZIONE – Per questo Berdini dice no. «Rispetterò le leggi, ma userò ogni mezzo consentito per impedire questo scempio e per tutelare gli interessi della città», ha aggiunto ieri. Ecco quindi l’ipotesi di una delibera di segno opposto a quella votata dalla maggioranza Marino e che ora, come ha ricordato recentemente anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è ferma in Comune insieme agli elaborati consegnati dai privati, in attesa che il Dipartimento Urbanistica «dia il parere di conformità rispetto all’interesse pubblico». Resta sullo sfondo un altro scenario, che prevedrebbe una consultazione popolare sul tema. Per Berdini «su un progetto del genere si potrebbe indire un referendum per chiedere ai cittadini la loro opinione».

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti