La Gazzetta dello Sport (V. D’Angelo) – La zona Cesarini, in Primavera, ha cambiato nome: ormai è zona Rossi, che di nome fa Alessandro e che con Pablito ha poco a che vedere. Ma nelle ultime due uscite è stato l’uomo della provvidenza. Nella semifinale dei playoff aveva trovato il gol in mischia al 125’, per un 2-2 insperato che ha portato la sfida ai rigori e poi la Lazio alle Final Eight. Ieri altro campo, stesso storia. Entra, segna in tuffo di testa, costringe l’Inter ai supplementari nei quali poi la punisce con un guizzo in area e l’assist dolce per Palombi, che regala alla Lazio di Simone Inzaghi un ennesimo derby ricco di adrenalina, dopo la doppia sfida in finale di Coppa Italia che ha visto i biancocelesti alzare il trofeo. Bella storia quella di Rossi, che per anni ha fatto avanti e indietro Viterbo-Roma prima di prender casa nel centro sportivo di Formello. Ragazzo strappato prima al basket (il nonno era un ex giocatore) e poi al rugby, Rossi è diventato una sorta di amuleto per il tecnico Inzaghi. Difficile vederlo dentro dall’inizio, forse anche per scaramanzia. Quando c’è bisogno di una svolta, dentro Rossi e qualcosa succede. Lo dice la storia, una storia che sembra ripetersi forse anche per merito di un cognome magico per il calcio italiano.
DELUSIONE INTER Ti aspetti Ze Turbo Correia, e invece tocca a Michele Rocca colmare il vuoto lasciato dalle assenze di Puscas, Camara e Bonazzoli. Cresciuto nel vivaio dell’Inter, Rocca è uno dei tanti talenti del ’96 in nerazzurro dai Pulcini. Ma a differenza di altri, ha lasciato Interello per trovare continuità e completare la crescita, giocando le ultime due stagioni in prestito a Novara. Stagione super la sua, che ha avuto il punto più alto durante il torneo di Viareggio giocato a livelli altissimi. Nello stacco di testa con cui ha sbloccato la sfida con la Lazio c’è tutta la forza esplosiva di un centrocampista totale: di piede, di fisica e di fantasia.
ROMA AVANTI A Genova la Roma ha rispettato il pronostico, ma quanta fatica per avere la meglio sullo Spezia. Il 2-0 finale inganna, perché tra il gol del vantaggio di Verde su rigore a inizio gara e il 2-0 nel recupero del secondo tempo di Ndoj, lo Spezia ha messo molta paura alla squadra di Alberto De Rossi, grazie alla forza fisica dei due nigerina Nura e Sadiq. Nura a tratti è sembrato il Cafù degli anni d’oro alla Roma: padrone della fascia in entrambe le fasi, sempre vivo e ispiratissimo nell’uno contro uno, ma i suoi cross non hanno mai trovato deviazioni degne e letali. Sadiq stavolta non ha segnato (veniva da 26 gol in 26 gare) ma ha tenuto in apprensione costante la difesa della Roma. Ha ragione l’allenatore Gallo a dire alla fine: «Non so dove andranno, ma il loro prossimo allenatore sarà sicuramente fortunato». Come è difficile dar torto a De Rossi, che si coccola la fantasia di Verde, tornato «in prestito» dalla prima squadra: «Daniele non sta ancora bene, ma ce lo teniamo stretto anche a mezzo servizio». Verde ha sbloccato la gara ed è sembrato l’unico giallorosso ispirato. Ma deve crescere. La Roma vista ieri non può prescindere dal suo talento