Gazzetta dello Sport – Quell’addio nel ’99: si sentì tradito. Ora si ricomincia

Come gli amori di Antonello Venditti: non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Era scritto che Zeman e la Roma si ritrovassero, dopo tanto tempo, più invecchiato lui più matura lei, ma sempre innamorati.

QUELLE FERITE. Si erano lasciati nel 1999, dopo due stagioni molto intense. Fu lei che decise di troncare. Lui la prese male, si sentì tradito. Poi capì: la Roma per essere felice aveva bisogno di vincere e per vincere aveva bisogno di Fabio Capello. Qualcuno dal Palazzo consigliò a Sensi di liberarsi del boemo, troppo scomodo. Sensi, a malincuore, obbedì. Lo licenziò sui giornali, un affronto. Ma Zeman, pur lacerato, come lo Jules del film di Truffaut non smise di amare la sua «donna». Continuò anche dopo l’estate 2005, quando la Roma fu sul punto di riprenderselo: Zeman incontrò Pradè, questi gli annunciò l’inizio di una nuova storia, poi Conti si prese Spalletti. Una ferita che solo il ritrovarsi di questi giorni riuscirà a cancellare. Nei tredici anni che hanno trascorso lontani, Zeman e la Roma non hanno mai interrotto del tutto i rapporti, pur vivendo entrambi altre esperienze: a lei è andata meglio, è riuscita a togliersi qualche soddisfazione; lui da allora ha preso una brutta china, tante storie interrotte, si è sentito spesso incompreso, ha finito col chiudersi in se stesso e, diciamolo, forse aveva perso le speranze. Poi, il ritorno alla vita a Foggia e finalmente il sapore della felicità a Pescara. Così la Roma è stata sedotta di nuovo da Zeman: irresistibile come quegli uomini che il tempo rende porti sicuri.

CHE ZEMAN SARA’? L’unico rischio degli amori che ritornano è la pretesa di vivere le stesse vibranti emozioni di allora. Nel loro caso, calcio spettacolo, scorpacciate di gol, spensieratezza, divertimento, atti di eroismo, denunce contro il sistema, insomma grande passione. Le prime uscite pubbliche promettono bene: Zeman è sempre uguale. E se, invece, scoprissimo che pure lui si è normalizzato? Forse risulterebbe meno affascinante, magari finalmente vincente.

Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano

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