Voglia di Coppa Italia il trofeo trascurato che ora piace alle big

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La Repubblica (E. Gamba) – Con la sua formula vagamente antidemocratica e ipergarantista nei confronti dei più forti, la Coppa Italia è entrata nel vivo: ieri sono scattati gli ottavi e in questa tre giorni di dirette televisive (i diritti sono della Rai, che caldeggia questo tipo di regolamento) scendono in campo tutte le big e spicca una partita di fascino particolare, cioè il derby di Torino cui è dedicata la prima serata del mercoledì, la più nobile.

Da quando è possibile vincerla giocando appena cinque partite, delle quali tre in casa e una in campo neutro (la finale dell’Olimpico), la coppetta nazionale ha scatenato la golosità dei molti che prima con nonchalance la snobbavano: la Juve, per dire, l’ha vinta nello scorso maggio dopo vent’anni di digiuno e al Milan manca da dodici. Ma il colpo di ieri ai supplementari dell’Alessandria a Marassi (prima squadra di Lega Pro ai quarti) contro il Genoa è per una volta in linea con quel che accade nel resto d’Europa, dove la competizione conserva l’attrazione romantica della sfida delle piccole alle grandi (in Francia nell’ultima finale c’era l’Auxerre, serie B), mentre da noi partite come Roma-Spezia si giocheranno nel deserto. A campi invertiti avrebbero invece fatto il pienone, e anche un po’ di storia. Ma la Coppa ingolosisce assai: garantisce l’accesso all’Europa League senza passare dai preliminari, spalanca le porte alla visibilità e agli incassi della Supercoppa, che molto probabilmente si giocherà in Cina (ma a Pechino) anche l’estate prossima, e garantisce un discreto montepremi: nella stagione passata alla vincente andarono 2.5 milioni e all’altra finalista, la Lazio, 1.4.

Stasera, in ogni caso, non è per soldi che il Toro vorrebbe eliminare la Juve: per i granata la partita ha una rilevanza particolare, anche perché sono addirittura cinquant’anni che non vengono eliminati dai cugini in Coppa Italia. I bianconeri si qualificarono per la finale del 1965 vincendo 1-0, ma vennero eliminati nelle semifinali in partita doppia del 1980, del 1988 e del 1993 (quando il Toro conquistò poi l’ultimo trofeo della sua storia), oltre che in un girone preliminare nel 1981. È anche per questo che Ventura presenterà la formazione migliore (al netto degli infortuni e della staffetta Padelli-Ichazo in porta) mentre Allegri si affiderà a un ragionevole turn over, con Dybala in panchina, Neto al posto di Buffon e l’esordio dal 1’ di Rugani. Essendo a disposizione Hernanes, è probabile il ritorno al 4-3-1-2.

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