Totti è uno show: «Roma, due anni e torno tra i tifosi»

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Il Corriere Dello Sport (G.D’Ubaldo) – La piazza gremita, mille persone dietro le transenne. Siamo in pieno centro a Pinzolo, ma le montagne sono già qua dietro e alle 21 il sole comincia il tramonto colorandole di rosso. Uno striscione accoglie Totti: «A France’, siamo qui dalle tre per te!!!!». Uno stendardo già visto all’Olimpico: «Re di Roma, la storia continua…». E poi magliette da firmare, smartphone che scattano e riprendono video da postare sui social. La signora che non c’entra niente si affaccia incuriosita dal balconcino del residence. Tra i tifosi qualche lacrima, perché Francesco ha cominciato l’ultimo giro. Chissà cosa resterà quando non ci sarà più, chi potrà trascinare ancora questo grande entusiasmo. Totti è immutabile, a quasi quarant’anni la sua storia appassiona e fa emozionare. Nel corso delle ultime cinque stagioni hanno pensato a come farlo smettere. Ci erano quasi riusciti, quando Francesco reduce da un infortunio immalinconiva in panchina. Ma non potevano pensare che avrebbe sfruttato anche quei pochi minuti concessi da Spalletti per dimostrare ancora la sua classe intatta. I cori lo accolgono sul palco, regalandogli un’emozione: «E’ una sensazione speciale l’amore che i tifosi mi danno da 25 anni. Un amore vero, reciproco. Ci stimiamo, siamo tutti fratelli e sorelle». Una carrellata di battute, alla sua maniera e qualche verità. Dove andrebbe in viaggio di nozze? «A Trigoria, quella è la mia casa, ci sono cresciuto. Sono stati 25 anni bellissimi, ho cercato di portare i colori della Roma il più alto possibile, alcune volte ci sono riuscito, altre meno, ma sono gratificato. Un viaggio di nozze solo andata».

Lo scherzo più simpatico che ha fatto. «Eravamo a Brunico. Mexes, aveva paura dei rospi e siamo entrati in camera e glielo abbiamo buttato dentro. Per poco non si buttava dal terzo piano». La privacy. «Sono più di dieci anni che non vado a via del Corso, mi piacerebbe, non ci vado perché non potrei muovermi, se porto la sagoma è uguale. Però da una parte sono contento, così non vado a fare shopping con Ilary». I social. «I tempi sono cambiati pure troppo, era più bello con le cabine telefoniche e i gettoni. Oggi non puoi fare una cosa che ti ritrovi sui social. Non ho nessun profilo, non mi piace. Poi mi fanno una foto con la faccia storta quando sono in panchina… per questo non ci voglio stare». I tifosi. «Io ci sono stato in mezzo a loro, so cosa vuol dire. Tra un paio di anni vengo di nuovo tra voi». Non subito, quindi. Una battuta, quasi a raccogliere l’invito di Spalletti ad andare avanti. Ma poi quando quello stesso invito glielo rivolge il sindaco di Pinzolo, Totti risponde così: «Meglio di no, altrimenti qualcuno fa la bocca storta». L’attaccamento della famiglia. «Mi fa piacere perché mio padre mi segue ovunque, viene a vedere le partite anche all’estero con il camper, è malato, mi ha sempre sostenuto». I figli. «Cristian mi assomiglia fisicamente. Chanel è la mia fotocopia con i capelli lunghi. Isabel è bella veramente, perché ha preso tre quarti da Ilary e un quarto da me». La telefonata commovente di Giorgio Rossi, lo storico massaggiatore della Roma, poi torna a parlare dei figli: «Con tutti loro aprirò un’agenzia di vigilanza privata. Dei figli sono possessivo, della moglie sono geloso. Vado a parlare con le maestre, ma l’unico problema è che vanno a scuola americana. Dico solo yes. Vabbè, qualcuna parla italiano, a parte gli scherzi».

Si torna a parlare di calcio e Totti torna serio: «Vincere lo scudetto è difficile perché c’è una squadra più forte di noi in questo momento». Il futuro, quando smetterà. «Resterò in società. Se non mi cacciano via penso di sì, ho un contratto di sei anni da dirigente. Ma vorrei avere dieci anni di meno così avrei la possibilità di vincere un altro scudetto. Però se mi dicono che lo vinco quest’anno, poi smetto». Un altro indizio che sta pensando di continuare. Le mode nel pallone. «Quei calciatori che mettono le cuffie quando entrano allo stadio lo fanno per non sentire i tifosi che li insultano». In casa. «Dormo nudo, il pigiama non lo sopporto. Piccolo grande amore è la canzone che ho dedicato a Ilary il primo giorno che ci siamo messi insieme». Parte un fuori programma con la canzone Ymca dei Village People che diventa un tormentone per Gyomber, con i compagni che la cantano dopo l’allenamento e con il difensore slovacco che viene chiamato in diretta. Centravanti. «A Genova dieci anni fa Spalletti mi fece giocare prima punta. Me lo disse un’ora e mezzo prima della partita, c’erano tante assenze, mi ha messo lì davanti e da lì è partito il calvario…». Infine sui grandi del calcio. Con modestia. «Sono riuscito a diventare campione del mondo, il traguardo più importante che ho preso al volo. Oggi i più grandi sono Cristiano Ronaldo e Messi, io con loro non c’entro niente. Io gioco a pallone, la vedo così. Con loro io sto in panchina, guardo. Messi è sfortunato con la Nazionale, ma è il giocatore più forte al mondo».

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