Totti, è la chance dei campioni

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Il Messaggero (P.Mei) – La seconda cosa che avrebbe voluto avere nella sua storia (leggenda?) di calciatore sarebbe stata la “coppa con le orecchie a sventola”; la prima era la Roma, e l’ha avuta per un Giubileo e oltre. Avrebbe avuto anche la Coppa dei campioni (che dei campioni non è più ma del gruppetto dei primi classificati) e magari il pallone d’oro che è curiosamente un premio da destinare all’individuo ma poi la combriccola dei Grandi (?) Elettori si fa influenzare dalla squadra di pertinenza.

TROPPO DA PAGARE – Ma questo gli sarebbe costato un prezzo che Francesco Totti, per la gioia del popolo giallorosso, non è stato disposto a pagare: anziché romano e romanista doveva tramutarsi in “galactico”, doveva accontentarsi di appartenere alla famiglia Real (Madrid) anziché essere il re di Roma sua. Ironia della vita, proprio contro il Real Francesco fece il suo esordio in Champions League segnando il solo gol della Roma in quell’occasione: correva l’anno 2001. Il Real! L’ultima sua apparizione (così si chiamano le sue più recenti miracolose e mirabolanti presenze: la cometa ha la scia d’un gol) fu proprio al Bernabeu in una sera di nebbia per la Roma che stava smarrendosi, ma Francesco no. La gente di quello stadio, che magari non sventola striscioni tipo “No Totti, no party”, stendardo d’un amore che insegue la Roma, quella gente che ha visto Di Stefano e Puskas, Raul e Zidane, Butragueno e Figo, Cristiano Ronaldo e Ronaldo il Fenomeno, Roberto Carlos e Beckham e Bale, citando in confusa rinfusa e Totti ci sarebbe stato splendidamente nella lista, uno di loro ma non più il Totti che è stato ed è, quella gente gli ha riservato la standing ovation che concede in omaggio ai campioni, come al gran torero nell’arena.

NE VALEVA LA PENA – Chissà se valeva la pena essere uno dei pochi ma in fondo come gli altri, o invece essere lui solo. Hai voglia a cantare da qualche altra parte “un capitano, c’è solo un capitano”, hai voglia a sentir parlare di bandiere: poi, se ci pensi sopra, un solo cognome ti viene in mente, ai tempi del calcio 2.0, e quel cognome è Totti. E mica solo a Roma, sponda romanista: Totti è ovunque conosciuto e riconosciuto, e dove anche non è amato (mica lo si può essere da tutti) è quanto meno stimato. Gli inglesi l’hanno chiamato Hero dopo una sera a Manchester, settembre 2014, che, “alla sua età”, mise a segno uno di quei suoi gol che te li ricordi tanto sono belli.E ne hai da scegliere: dal piede di Francesco è difficile che voli via una banalità; un gioiello, forse; un aquilone può darsi. Era il gol più “anziano” della Champions, da quando è League: 38 anni e 3 giorni, più vecchio di un’altra bandiera tipo lui, Ryan Giggs. I fondamentalisti dei numeri raccontano che quando era Coppa dei Campioni Ferenc Puskas segnò una rete a 38 anni e 178 giorni. Basterebbero a Francesco “cinque minuti ancora”, come cantava Peppino Di Capri. Ora che sta per chiudere i suoi primi quarant’anni (prenotarsi per un post sui suoi profili social il 27 settembre, altrimenti si rischia il blackout, l’ingorgo del pixel) e iniziare la sua decima Coppa dei Campioni, si chiederà lui stesso, e tutti ci si chiede, se davvero la giocherà qualche scorcio, illuminandolo. Chissà: potrebbe essere il tormentone della stagione, quello che sia lui che Spalletti vorrebbero evitare. Eppure, parlando in termini di calciomercato, questa edizione della Champions l’ha comprata lui, però non ha messo l’obbligo di riscatto-giocata. Non ci fossero stati quei suoi scampoli di fine campionato, i rapidissimi gol del gran finale, non ci sarebbe nemmeno questo viaggio in Portogallo e il poi è tutto da disegnare. Del doman non v’è certezza. O forse non è vero, è solo un verso di poesia: la certezza è Totti. Hero? No, SuperHero: hai mai sentito parlare di Superman, Nembo Kid, Pokemon e tipi del genere? Magari Holly e Benji?

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