Se la violenza fa il giro degli stadi

La Gazzetta dello Sport (F.Ceniti) – La tempesta perfetta si è abbattuta nel giro di pochi giorni sul calcio italiano. Della serie: come distruggere l’immagine dello sport più amato grazie a qualche idiota che si professa tifoso. Da Cagliari a Firenze, da Torino a Roma, senza dimenticare il tour recente di violenze che ha colpito città e squadre di Lega Pro. Sarà pure vero che la mamma dei cretini è sempre incinta, però qui in ballo c’è la credibilità di un movimento già alle prese con tanti problemi, di un pallone che rotola e dovrebbe (lo fa) dispensare emozioni, gioie e certo anche «dolori», ma provocati al risultato del campo, e non minacce, insulti o peggio cazzotti. I manichini del Colosseo (definiti scherzo goliardico, sic) sono l’ultimo episodio di una escalation preoccupante, iniziata domenica con il caso Muntari.

CAGLIARI – Bastano una decina di incivili a rendere Cagliari-Pescara una partita particolare. Il ghanese Sulley Muntari diventa il bersaglio d’insulti razzisti. Lui prova a ragionare con queste persone, regala la maglia a un bambino trascinato nel vortice di stupidità, ma poi sbotta a una manciata di minuti dalla fine. Va dall’arbitro e chiede la sospensione del match, ma il signor Minelli da Varese non ha sentito i cori e non capisce la protesta. L’incomprensione porta al giallo per Muntari che allora decide di lasciare il campo. Non si può fare da regolamento (vale un’ammonizione) e dopo un paio di giorni arriva anche la squalifica beffa. Tutto questo mentre l’Onu e altre istituzioni plaudono a Muntari (che magari poteva evitare nel post partita di dichiarare «l’arbitro non si può toccare, altrimenti era già sotto terra», visto quanti giovani fischietti sono aggrediti ogni settimana), innalzato a paladino nella lotta contro il razzismo. Ieri la storia ha avuto un lieto fine: annullato lo stop di una giornata. Viva il buon senso.

FIRENZE – Quello che non hanno avuto a Firenze dopo la sconfitta dei viola per 2-0 a Palermo. Risultato sorprendente, ma una cosa è la delusione, un’altra gli striscioni affissi allo stadio Franchi. Nel primo erano messi nel mirino proprietà e dirigenti. Molto più esplicito il secondo con chiaro riferimento al riposo concesso dal tecnico Paulo Sosa alla squadra: «Due giorni vi sono bastati? Ora correte o verrete bastonati». Firmato: 1926 curva Fiesole. In pratica il cuore pulsante della tifoseria fiorentina. Non proprio un qualcosa da andare fieri in una città che è invece per l’Italia un vanto internazionale.

TORINO – Ma c’è di peggio, come denigrare i morti. Accade a Torino, proprio nella notte del 4 maggio che a Superga è sinonimo dell’incidente aereo che ha cancellato nel 1949 il Grande Torino. I soliti idioti hanno imbrattato i muri della strada che porta alla basilica con frasi offensive nei confronti delle vittime di quella strage. Uno sfregio proprio a ridosso del derby della Mole (in programma stasera). Gesto ignobile condannato «senza se e senza ma» da Gigi Buffon, capitano della Juve. Il portiere, dopo aver ricordato i vergognosi dileggi perpetrati nel tempo e in molti stadi alla memoria delle 39 vittime dell’Heysel (lo stadio di Bruxelles dove nel 1985 morirono 39 tifosi della Juve sotto l’attacco degli hooligan del Liverpool), si è scagliato contro i «sostenitori» bianconeri autori delle scritte di Superga. In un post social gli ricorda: «siete più morti dei morti». Applausi bipartisan.

LEGA PRO – Questo accade in Serie A, ma nelle scorse settimane l’allarme era arrivato dalla Lega Pro. Aggressioni fisiche nei confronti di alcuni giocatori, colpevoli di qualche k.o. o di rendimento scarso. Primo focolaio scoppiato a Matera a fine febbraio con Mirko Carretta e Marino Bifulco presi di mira da un gruppo di persone: spintoni, parole grosse e minacce. E inevitabili denunce. Ancora oltre i fatti di Ancona, dove a marzo una ventina di ultrà si presentano allo stadio colpendo l’attaccante Paolucci e i compagni che provano a difenderlo. Passa qualche giorno e tocca a due calciatori del Catanzaro: al termine della sfida persa 1-0 a Melfi, alcuni sconsiderati accerchiano Leone e Gomez, volano dei sassi che per fortuna non colpiscono nessuno dei presenti, ma danneggiano l’auto del secondo. Dopo questo episodio l’associazione dei calciatori fa iniziare con 15’ di ritardo le partite della Lega Pro. Eppure dopo una sola settimana a Taranto va in scena l’inferno: circa 30 persone interrompono l’allenamento, rifilano schiaffi e pugni a diversi giocatori e minacciano gli altri con mazze e coltelli. Hanno la peggio Maurantonio, Stendardo e Altobello: 20 giorni di prognosi. La squadra resta sotto choc e finisce per retrocedere. La resa del calcio.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti