Roma, stadio, tifosi. James fa l’americano: “Che frustrazione”

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Duecento metri di pensieri. Lo stadio, la Champions, Rudi Garcia, i fischi, il Prefetto, i milioni, il campionato, i giocatori. Le correzioni in corsa, perché la rotta era sbagliata, mica solo le traduzioni. E poi l’Italia: ma davvero qui funziona così? Ma qui davvero il fine giustifica i mezzi? Duecento metri, quelli che hanno reso immortale Pietro Mennea, quelli che Usain Bolt non fai neppure in tempo a riconoscerlo che li ha già completati. Duecento metri, una passeggiatina a piedi: avanti e indietro, tra l’Hotel De Russie che ospita i giorni romani di James Pallotta e lo studio Tonucci, il quartier generale del presidente. Riunioni e pensieri, pensieri e riunioni. «Sono andato a letto tardissimo, riflettendo sulla serata dell’Olimpico», racconta Pallotta. Non sulla partita, quella resta un dettaglio tutto sommato archiviabile, se non già archiviato: troppa la fiducia nei giocatori, enorme la speranza che le cose possano come d’incanto aggiustarsi.

L’INVERSIONE – La testa di Pallotta frulla: troppe cose da sistemare, troppe pedine del puzzle fuori posto. James non è un uomo solo al comando. Fa l’americano pure a Roma: riunisce i suoi, prova a capire, ascolta tutti. Poi tira le conclusioni. Poi, semmai, se la prende con chi male ha tradotto, con chi male lo ha guidato, con chi poco lo ha supportato. A Trigoria non è andato, ieri, e salvo cambi di programma non andrà neppure oggi. Alla squadra, in fondo, aveva parlato già subito dopo la partita con il Bate Borisov, complimentandosi — in maniera moderata — per la qualificazione, pur nella convinzione che la Roma abbia i mezzi per fare decisamente meglio. Il round di ieri, dopo la lettura della rassegna stampa e i consigli di qualche lingua fidata, ha portato a una parziale rettifica dei toni usati mercoledì sera all’Olimpico: «Con il Bate poteva finire 3-0 per noi, entrare negli ottavi è un grande risultato — ha detto in un’intervista a Mediaset —. Il sorteggio? Non importa chi affronteremo. Mi piacerebbe una finale Juventus-Roma». E poi l’inversione di marcia sulla questione tifo: «Sono sulla stessa lunghezza d’onda della maggior parte dei tifosi, sono grandi, ci fanno sentire il loro calore. So dei problemi della curva Sud, ho anche cercato di risolverli». Occhio, perché non è una vera inversione a U, c’è pure la bacchettata: «È frustrante avere uno stadio mezzo vuoto quando per due anni di fila siamo arrivati secondi in campionato e adesso agli ottavi di Champions League — dice —. Sono dispiaciuto che ci siano tifosi che fischiano i giocatori dal momento che abbiamo un’ottima squadra. Ci sono stati alti e bassi, ma vedremo cosa otterremo alla fine».

LA GIORNATA – Era mattina: colazione da poco digerita, via allo studio Tonucci per una serie di incontri sulla questione stadio e sui finanziatori da trovare: tra i presenti anche Laurent Colette, l’uomo nuovo del marketing giallorosso. Alla Regione Lazio Pallotta non è andato: l’assenza del governatore, Nicola Zingaretti, gli ha consigliato di spedire i suoi uomini di fiducia, tra cui il d.g. Mauro Baldissoni e il responsabile del progetto stadio Mark Pannes. Trenta minuti di visita con Michele Civita, assessore alle politiche del territorio, e Andrea Baldanza, capo Gabinetto di Zingaretti. Poca sostanza, molta forma, per un incontro «richiesto dalla Roma», come ha tenuto a precisare la Regione Lazio. Il progetto stadio ha preso una strada tortuosa. Chissà, magari davvero converrà scendere a patti con chi fa la guerra a Tor di Valle, come qualcuno consiglia da settimane a Pallotta. Pensieri inconfessabili, nel tragitto di rientro all’Hotel de Russie, lì dove il presidente è rimasto per tutto il pomeriggio. Altra serie di incontri, altri ospiti da ricevere. Altre uscite da programmare: oggi, alle 14.30, lo aspetta il Prefetto Gabrielli, in un meeting in cui Pallotta ha molto poco da guadagnare, in termini pratici e di immagine. «Sono sorpreso dalle polemiche tra i due, ma sono convinto che nell’incontro si chiariranno», ha commentato il presidente del Coni Giovanni Malagò. Poi Pallotta potrà finalmente tornare a Boston. Di sicuro con un carico ulteriore di punti interrogativi: il Bate Borisov ha regalato milioni, di euro, di fischi, di messaggi e telefonate alle radio. «Mai schiavi del risultato», recitava uno striscione. Pare di leggerlo oggi.

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