Corriere dello Sport (R. Maida) – Stavolta è vero: i soldi sauditi innaffiano la Roma. Dopo le voci su una fantomatica offerta araba per l’acquisizione del club, i Friedkin hanno chiuso un importante accordo per il main sponsor: è la scritta che i giocatori portano sul petto durante le partite. Ieri un comunicato ha ufficializzato l’intesa biennale, che frutterà 25 milioni complessivi di ricavi, con il colosso dell’intrattenimento Riyadh Season: si tratta di un festival che lo scorso anno ha richiamato nella penisola saudita circa 5 milioni di visitatori e che nell’edizione 2023 prenderà il via alla fine di questo mese.

Si sussurra sia stata Lina Soukoulou, la nuova Ceo, a tessere la tela della trattativa. Nell’ambito del contratto sono previste due amichevoli che la squadra giocherà sul suolo saudita, oltre all’apertura dei Roma Store a Riyadh. Il debutto della maglia, compatibilmente con i permessi dell’Uefa, è atteso già stasera nella partita di Europa League contro il Servette. “Per noi – spiega Souloukou – è la conferma dell’espansione del nostro brand a livello mondiale. Il mercato dell’Arabia Saudita è sempre più significativo per il calcio. Perciò crediamo che la collaborazione genererà nuove opportunità”.

Attenzione però perché l’operazione non è stata gradita dal mondo politico italiano. E della capitale soprattutto. Non per i problemi etici legati allo sportwashing, l’attività che alcuni stati promuovono per occultare all’esterno le vergogne domestiche, ma per la tempistica dell’accordo. Il punto è che Riyadh è in concorrenza con Roma per l’assegnazione dell’Expo 2030, un evento che l’Italia considera fondamentale per la crescita economica. La capitale saudita è considerata proprio l’avversario principale alla candidatura del nostro governo, che deve affrontare anche come terzo incomodo il porto coreano di Busan.

La Roma da parte sua chiarisce informalmente che l’iniziativa privata è completamente slegata dal resto. Dal momento che l’assegnazione di Expo 2030 è prevista per il 28 novembre, quando a Parigi si pronuncerà un consiglio che raggruppa 179 Paesi, il rischio di perdere l’affare ha suggerito di arrivare in fretta alle firme. Lo stadio di Pietralata? Non c’entra niente. Non saranno queste tensioni a frenare l’iter. Ci mancherebbe altro.