Roma, la difesa a tre? Non paga sempre…

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La Gazzetta dello Sport (C. Zucchelli) – Il precedente non è troppo benaugurante, perché l’ultima volta che la Roma ha schierato dall’inizio la difesa a 3 il Chievo ha vinto 1-0 all’Olimpico. Era il 7 maggio 2013, i tre centrali erano Castan, Marquinhos e Burdisso e di quella squadra sono rimasti a Trigoria, oltre al brasiliano, soltanto Totti, Lobont, De Rossi e Pjanic. In panchina c’era Andreazzoli, oggi tornato come collaboratore di Spalletti dopo i due anni e mezzo di Garcia, che della difesa a 4 ha sempre fatto il suo marchio di fabbrica. Il francese cambiava spesso centrocampo e attacco, ma i 4 difensori mai. Luciano Spalletti, invece, ci sta pensando: a casa della Juventus, che della difesa a 3 in questi anni è stata maestra, per coprire di più la sua Roma, farla giocare corta e con densità in mezzo al campo, come, tra l’altro, sta facendo vedere spesso ai calciatori nelle varie riunioni tecniche che a Trigoria sono ormai diventate regolarità.

L’IDEA – Associando la difesa a 3 alla Roma attuale viene subito in mente De Rossi insieme a Manolas e Rüdiger, due marcatori puri che non sanno far ripartire l’azione, qualità che invece Daniele ha nel Dna. Questa, per Spalletti, è la soluzione più logica, ma non è detto che a Torino sia il centrocampista ad arretrare: come a partita in corso contro il Verona il terzo centrale potrebbe essere Torosidis, che ieri si è allenato dopo aver smaltito l’influenza. Sulle fasce sembrano invece sicuri del posto Florenzi e Digne, mentre al centro, con Pjanic, o De Rossi o Keita, anche lui rientrato in gruppo. Più staccato, e avanzato, dovrebbe giocare Nainggolan, dietro a Dzeko e Salah, anche se Totti scalpita per tornare a giocare dal primo minuto.

L’ALTERNATIVA – Mettere in campo Torosidis, tra i centrali, offrirebbe poi a Spalletti la possibilità di cambiare in corsa, arretrando Digne sulla linea dei difensori. D’altronde, avendo cambiato tecnico a metà campionato, il tempo per gli esperimenti è poco e la Roma ha bisogno di essere al passo con le altre. Partendo dalle sue certezze, anche perché, guardando al passato, non è che dieci anni fa il tecnico riuscì subito a far recepire le sue idee ai calciatori: ci vollero almeno 4 mesi, che adesso però la Roma non ha. Ecco perché cambiare sì, ma con criterio. E Spalletti lo sa.

LA STORIA – Così come sa anche che, in passato, la difesa a 3 qualche soddisfazione gliel’ha regalata. L’ha usata ad Empoli vent’anni fa, ed uno dei punti cardine era proprio quel Daniele Baldini che oggi si occupa di addestrare i difensori romanisti, e l’ha utilizzata soprattutto ad Udine, dal 2002 al 2005, arrivando a conquistare due piazzamenti Uefa e una storica qualificazione in Champions. Il modulo prevedeva Di Natale e Iaquinta di punta e un centrocampo a 5 con due fluidificanti, un regista (Pizarro), un incontrista e un mediano di inserimento e a dirigere il reparto c’era Morgan De Sanctis. Allo Zenit, invece, Spalletti ha usato raramente i 3 centrali, preferendo quasi sempre la difesa a 4. Una volta, però, va ricordata: il 6 agosto del 2011 lo Zenit batte 2-0 a Mosca il Cska di Doumbia e il tecnico decide di cambiare modulo, sorprendendo un po’ tutti. Il risultato gli ha dato ragione, inutile dire che firmerebbe per far succedere lo stesso domenica.

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