Risse, rossi e De Rossi. La Roma frena col Genoa

La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza) – Colpita da inspiegabile nervosismo, la Roma rallenta a casa Genoa e lascia per strada due punti che a primavera potrebbero risultare fatali perché persi nei confronti del trio di testa Napoli-Inter-Juve. Il culmine della tensione nel cuore della ripresa, coi giallorossi sopra di un gol e in controllo di gara. Su un corner a sfavore, è riaffiorato il fiume carsico della follia agonistica che scorre in Daniele De Rossi. Schiaffo a Lapadula e uso di Var, espulsione e rigore, pareggio genoano e giallorossi in dieci. C’è stata poi la tipica sfortuna che punisce gli irrequieti: verso la fine Strootman ha centrato l’incrocio nei pali e nel mischione dell’ultimo secondo Perin ha messo una grossa pezza su Schick.

RADICIImpossibile farla franca nell’era del Grande Fratello televisivo, ma gli sbrocchi di De Rossi vengono da lontano, da anni in cui la moviola in campo non era altro che un sogno «biscardiano». La collezione privata degli orrori di DDR è ampia. Qualcosa di atavico e profondo, nutrito dal calcio di strada di una volta. Il senso di Daniele per la giustizia «fai da te». De Rossi – uomo intelligente per tanti altri versi – è fatto così, purtroppo. Se a 34 anni suonati gli parte ancora la brocca, vuol dire che non c’è più nulla da fare. Inutile impartirgli la solita predica, lui per primo sa di aver sbagliato. C’è ricascato e non si accettano neppure scommesse su un’ulteriore ricaduta. Sarà ricordato per una carriera con diverse macchie, la peggior condanna. Non solo De Rossi, altri pezzi di Roma hanno mostrato irritabilità. Un agitato Fazio si è buttato a corpo morto in tutte le mezze-risse scatenatesi a Marassi. Juan Jesus è stato soltanto ammonito per una botta a Lapadula, con palla lontana: poteva (doveva?) scattare il rosso diretto. La Roma fin qui aveva tenuto un comportamento esemplare, senza «rossi» a carico. Nel giro di pochi giorni, due espulsioni, quelle di Bruno Peres in Champions contro l‘Atletico Madrid e di De Rossi ieri. A Genova il «contorno» di tre ammonizioni, per una squadra che finora aveva preso in media un giallo a gara. L’inquietudine stride con la pazienza palesata dal punto di vista tecnico-tattico. La Roma ha circumnavigato il Genoa arroccato nel suo fortino, ha atteso e colto il momento giusto, creato da Di Francesco. A inizio ripresa il tecnico giallorosso ha levato Perotti, malconcio e depresso dai fischi del suo ex pubblico, per immettere Defrel. Con Perotti fuori, la fascia sinistra è stata presa in consegna da El Shaarawy, fin lì imboscato. Il Faraone di Savona è un destro che ama stare a sinistra perché così può rientrare al tiro sul suo piede preferito, ma Perotti nella Roma ha la prelazione sulla fascia mancina. Ritrovata l’amata corsia, El Shaarawy si è destato ed ha subito segnato in inversione di piede, da sinistra con il destro. A quel punto il più sembrava fatto, però implacabile è scattata la variabile impazzita, lo sbrocco di De Rossi.

MERITI – I demeriti giallorossi non devono schermare i meriti del Genoa, che sono robusti. La cura Ballardini funziona. Col nuovo allenatore, quattro punti in due partite e classifica rianimata. Il «Balla» ha otturato la Roma con difesa a tre tendenza cinque e con un centrocampo votato all’inibizione dell’incursore Nainggolan. La vecchia legge del «primo non prenderle». Ballardini, come Di Francesco, ha azzeccato la sostituzione numero uno: fuori lo spento Pandev e dentro il fibrillato Lapadula. L’ex milanista in mezz’ora ha combinato di tutto, nel bene e nel male. Ha fatto espellere De Rossi e fatto ammonire Juan Jesus, ha trasformato il rigore, si è divorato un gol e di un’altra rete mangiata parleremmo, se il guardalinee non avesse sbandierato un fuorigioco. Sondaggio: il Genoa può prescindere da Lapadula? A nostro parere no, per quanto «Lapa» sia arruffone e sciupone.

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