Rifiuti, razzismo, Champions e vittorie: Keita, riecco il Madrid

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Seydou Keita e il Real Madrid è storia di parole date, mani rifiutate, trofei alzati, vittorie (tante), sconfitte (poche). È storia lunga, in ogni caso. La più lunga che c’è, perché il Real è l’avversario più affrontato dal maliano nella sua lunga carriera. Ha visto talmente tante volte quelle maglie bianche che forse un po’ di noia gli sarà scattata. Diciassette che tra due giorni diventeranno 18. Con un bilancio che se capita sotto il naso a Luciano Spalletti, magari cresce pure la voglia di chiedere un consiglio all’uomo dagli occhi più espressivi della Serie A. Altro che noia, allora, senti qua: 11 vittorie, 4 pareggi e solo due sconfitte, al netto di amichevoli che poi amichevoli non sono mai. Non lo è stata il 30 luglio 2014, Dallas, tournée Usa della Roma: Keita rifiuta di stringere la mano a Pepe, anzi, lancia pure l’acqua al portoghese. L’antefatto? Una di quelle 17 volte. Quattordici agosto 2011, andata della Supercoppa di Spagna: al Bernabeu Pepe dà della «scimmia» a Keita, che si vendica vincendola, quella Supercoppa, tre giorni dopo al Camp Nou. Tranquilli, però: Pepe non dovrebbe far parte della spedizione spagnola a Roma, l’incrocio pare rimandato alla gara di ritorno.

LA PRIMA VOLTA – Sarà al Bernabeu, 8 marzo, lì dove Keita ha «rischiato» di giocare…non solo da avversario. Nell’estate del 2008 il centrocampista, reduce da una grande stagione con il Siviglia, dà la sua parola al Barcellona. Pochi giorni più tardi sul suo telefonino arriva una chiamata da Madrid. Lo vuole il Real, lui ringrazia ma spiega: «Ho già detto sì al Barça, non posso». E non voglio, verrebbe da dire a rileggere il suo ruolino anti Madrid. L’impatto fu eccezionale: agosto 2007, una Supercoppa alzata contro il Real di Schuster andando a vincere 53 al Bernabeu, primo dei due trofei sfilati ai Blancos (pure una Supercoppa 2011). Nella Liga, neppure a parlarne. Tre novembre 2007, il Siviglia di De Sanctis, di Dani Alves, di Luis Fabiano, ma soprattutto di Keita, ne fa due ai Blancos. Il primo gol, minuto 18, è un sinistro di controbalzo da urlo del maliano. E pure lì, occhi spalancati che Totò Schillaci a confronto è un dilettante. «Quel gol è un ricordo a cui sono molto affezionato, perché mi fece entrare nel cuore dei tifosi del Siviglia», ha raccontato poi anni dopo.

QUARTA MAGLIA – La Roma sarà la quarta squadra con la quale Keita affronterà il Madrid. L’ultima è stata il Valencia, un 2-2 del 4 maggio 2014, poche settimane prima di dire sì al club di Trigoria. Ma non sarà la prima volta in Europa. Anzi: il maliano ha già eliminato il Real, nel doppio confronto in semifinale nel 2011, prima di arrivare ad alzare a Londra la sua seconda Champions. Il confronto, stavolta, vale come un Everest forse impossibile da scalare. «Ma non sarà una gita», dice Spalletti. Che una maglia per Keita ha in testa di riservarla. Non è un caso che il centrocampista sia rimasto a riposo nel match di venerdì a Modena. E in una sfida in cui la parola esperienza non sarà un concetto banale e fuorviante, delle letture di gioco di Keita ci sarà bisogno eccome. Rispetto alla prima volta con il Siviglia, negli avversari sarà riconoscibile giusto la faccia di Sergio Ramos. Di là, invece, ritroveranno un rivale che tante gioie ha negato. E che non ha smesso di arrampicarsi. A 36 anni farà 18, diventerà maggiorenne. Abbastanza per affidargli le chiavi della Roma.

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