Occasione Antonucci: «L’esordio da sogno dedicato a mamma»

Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Per festeggiare il debutto in serie A, con assist per il gol di Dzeko incorporato, Mirko Antonucci si è fatto accompagnare a Trigoria in macchina da un amico di famiglia, è sceso ed è entrato a piedi nel centro sportivo della Roma, dove erano parcheggiate certe sventole da decine di migliaia di euro. Giusto così. Francesco Totti racconta sempre quando, ragazzino prodigio, stava per parlare con un giornalista e Carletto Mazzone lo marcò come lo stopper più spietato: «Vatte a fa’ la doccia!».

Mirko Antonucci, classe 1999, è la dimostrazione che troppo spesso ci accorgiamo dei prodotti del vivaio solo quando non c’è altro all’orizzonte. Nel recente passato la Roma ha prodotto in casa tanti giocatori: Florenzi, Pellegrini, Viviani, Politano, Caprari, Romagnoli, Verre, Verde… Solo i primi due sono rimasti alla Roma, ricomprati dopo il prestito al Crotone e al Sassuolo. Non è detto, perciò, che lo smilzo Mirko (70 chili scarsi) ce la faccia. Ma quello che ha fatto vedere a Marassi, contro la Samp, nei 18 minuti che Eusebio Di Francesco gli ha concesso, è già qualcosa. Rapidità, tocco di palla, capacità di non cedere alla pressione, leggerezza nei piedi e nella testa. Domenica potrebbe tornare Perotti, tra dieci giorni El Shaarawy. Gli spazi si restringeranno e, in questo senso, le seconde squadre sarebbero benedette. Chi conosce Mirko, però, giura che saprà stare al suo posto e aspettare un’altra occasione.

Bruno Conti, nel 2014, lo ha portato in giallorosso dall’Atletico 2000 per 18 mila euro. L’Inter aveva offerto il doppio, ma ha prevalso il tifo dei dirigenti della società di Centocelle. Con la Roma, a livello giovanile, Antonucci ha vinto tanto: scudetto Giovanissimi (2015), Allievi (2016) e Primavera (2017). Lo ha notato anche il Manchester United, che voleva portarlo via anticipando la firma del suo primo contratto. Mirko ha dato retta al suo procuratore Paolo Paloni, ma soprattutto alla mamma, Lucia, che è stata la figura chiave nella sua crescita. Il tatuaggio con il nome di donna e l’occhio che lo tiene sotto controllo è dedicato proprio a lei. «Questo esordio e l’assist sono per la mia famiglia che mi è sempre stata vicina, soprattutto mia madre — ha raccontato —. Fin da piccolo le ho sempre detto che sognavo l’esordio a Marassi e che mi avrebbe portato fortuna. Ora spero che questo diventi la normalità».

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