Nati il 7 giugno – Addio a due miti come Connery e Proietti. La Roma è tanta roba

Pagine Romaniste (Nati il 7 giugno) – Questo 2020 da dimenticare – anno bisesto, anno funesto – in due giorni si è portato via due miti della mia infanzia e della mia adolescenza. Sean Connery mi perdonerà, ma per me lui, grandissimo attore, resterà sempre Bond, James Bond; quello con la meravigliosa Ursula Andress in due pezzi bianco, con il colosso dal cappello con la sega circolare incorporata, con lo smoking bianco sotto la tuta da sub. Stravedevo per lui, ma forse adoravo ancor più il maestro Gigi Proietti, un genio del palcoscenico, sia teatrale, che cinematografico, che televisivo. Riusciva a recitare con le sole espressioni facciali, come i grandissimi alla Buster Keaton. Ha creato personaggi e gag indimenticabili; una scuola dalla quale sono nati ottimi attori; trasmetteva simpatia da ogni poro della pelle. Grande romanista, amico di Massimo Ruggeri del quale ha spesso raccolto gli inviti ad intervenire in trasmissione. Mi piace immaginarli mentre discorrono dei vergognosi attacchi a Fonseca – che continuano anche con inverecondi titoli di giornali – ognuno con la sua ironia.

Già, perché al solito tendo a dimenticare che da tifoso, assoluto incompetente di cose calcistiche, dovrei occuparmi della Maggica.

Tanta roba. Quando capita di assistere a partite come Roma-Fiorentina, al termine rimane il dubbio se sia troppo forte una delle due squadre, o se sia troppo scarsa l’altra. Certo, la seconda ipotesi resta difficile da pensare, quando schieri Rybery, Callejon, Castrovilli, ma il divario domenica è parso veramente enorme con la squadra cara a Gigi e Massimo.

Quei tre davanti sono in grado di impensierire chiunque. Smalling – uno che ha dimostrato con i fatti di essersi innamorato della Roma – ha portato quel bagaglio d’esperienza necessario ad una difesa composta da giovani virgulti, per quanto già più che promettenti.

Non voglio addentrarmi in questioni tecniche, mi piace, però, sottolineare nuovamente che tre dei quattro calciatori nominati siano stati portati a Roma, praticamente gratis, da un dirigente riempito di sberleffi ed improperi.

Gli elogi, necessari dopo una grande prestazione, non comportano che, improvvisamente, la Roma sia proiettata nel lotto delle squadre in grado di vincere il titolo. Per poter ambire a risultati da vertice, sono necessari, oltre ai giocatori ed al tecnico, che ci sono: una Dirigenza che sappia navigare nei marosi calcistici, evitando di creare dissidi interni e scegliendo le persone giuste nei ruoli rimasti scoperti; arbitri che, invece di discutere 90 minuti con Dzeko, concedano i rigori come quello su Pellegrini, comminino le seconde ammonizioni – se non i rossi diretti – per i falli, tipo Castrovilli; un ambiente giustamente critico, ma mai portatore di preconcetti.

Tutto questo alla Roma manca. A differenza di quanto accade in provincia dove si negano penalty solari agli avversari; il VAR inventa rigori inesistenti a favore; l’ambiente si prona, timoroso di subire gli strali da parte del virologo ad honorem (al quale presto chiederemo come sono andate le trasferte dei 200 studenti tanto reclamizzate).

Nihil sub sole novi.

PS 4/6/18. 4 come i gol realizzati dalla Primavera per la terza settimana consecutiva. 6 come le partite disputate e le vittorie conseguite. 18 come i punti messi in cascina. Vedere giocare la squadra di Alberto De Rossi è un piacere per gli amanti del calcio. Nessuna esaltazione, ma gli schemi di gioco, la tecnica individuale, la classe cristallina fanno ben sperare per il futuro calcistico dell’intera rosa.

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