Il Messaggero – Francia vuol dire fiducia

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La nostra piccola Italietta continua a sprofondare negli abissi del calcio. Ai Mondiali fallisce con regolarità, agli Europei coltiva illusioni, nelle coppe ha solo l’obiettivo di salvare il salvabile. Non ha idee, insomma, non ha progetti, non ha mezzi. E, dunque, crea poco o nulla con vivai aridi e ormai desertificati. Un tracciato piatto, già. Siccome non ce ne rendiamo conto perché crediamo che aggirare i problemi aiuti a risolverli, arrivano fatali gli studi e le analisi dell’Osservatorio internazionale dello Sport (Cies) di Neuchatel, Svizzera, a riportarci bruscamente alla durezza della realtà. Perché utilizzano il semplice metodo del confronto per mostrare la qualità del cammino scelto dai vari paesi. Lame nel burro.

SPAGNA SU, BRASILE GIÙ Il dato che spicca incorona la Francia e, soprattutto, i vivai francesi. Allargando il campo dell’indagine ai cinque principali campionati europei, quindi alla Premier League, alla Liga, alla Bundesliga, alla Ligue 1 e alla serie A, i ricercatori di Neuchatel hanno scoperto che la Francia è attualmente il maggiore esportatore di calciatori nel mondo. Più del Brasile e dell’Argentina? Più del Brasile e dell’Argentina. Certo, il podio è raccolto in un’unità ma il risultato è significativo. Al momento, d’altronde, i transalpini che giocano all’estero sono 113, mentre le comunità dei brasiliani e degli argentini sono composte da 112 elementi ciascuna. Seguono nell’ordine, a distanza variabili, la Spagna, la Svizzera, il Belgio, l’Olanda, la Serbia, il Portogallo e l’Uruguay. Noi, l’Italia, siamo niente meno che 27esimi con 15 soli «ambasciatori» del pallone: perfino l’Austria, il Giappone e la Scozia sono davanti. Per tacere, poi, del Senegal, della Polonia o della Croazia. Gli ottimisti diranno però che l’Inghilterra, ad esempio, non figura neppure fra i primi 50 stati della classifica. E, ancora, percorreranno la via della tendenza tutto sommato crescente, considerando che nel 2009 offrivamo al mondo 10 ragazzi, dunque cinque meno rispetto ad ora. Viceversa i pessimisti ricorderanno che appena un anno fa esprimevamo 16 calciatori, quindi uno più di oggi. Entrambi converranno comunque sulla base di una smisurata pochezza di rappresentanti italiani in Europa. Pesante, a ben riflettere, anche la perdita del Brasile, che ha smarrito per strada addirittura 22 talenti nell’arco di cinque stagioni. E sorprendente ma intuibile, all’opposto, l’acrobazia della Spagna, capace di migliorare le esportazioni di 41 stelle, oltre otto l’anno.

TANTI CENTROCAMPISTI Riprendendo il record della Francia, scopriamo che 49 dei 113 «fuori sede» sono planati in Premier, 31 in serie A, 22 nella Liga e 11 nella Bundesliga. Ma soltanto 39 di loro possiedono la sola nazionalità francese. Va precisato del resto che il Cies ha abbracciato nel calcolo anche i giocatori nati calcisticamente in Francia e detentori adesso pure del passaporto transalpino: per intendersi, figure come l’ivoriano Drogba e il marocchino (ed ex romanista) Benatia. Quanto alle stelle, Benzema, Pogba, Debuchy, Remy, Griezmann e Rami sono di certo le più brillanti oltre confine. E l’Arsenal e il Newcastle sono diventati le squadre europee più francesi, con sette elementi ognuno. In Italia il Milan svetta sui rivali e ne sfoggia quattro, Rami, Menez, Niang e Mexes: nella capitale, invece, la Roma si affida a Yanga-Mbiwa e allo staff guidato da Rudi Garcia; la Lazio a Konko e a Ciani. Piuttosto interessante scoprire pure le competenze dei Bleus all’estero: 45 sono centrocampisti, 42 difensori, 25 attaccanti, uno solo è portiere, Lloris del Tottenham. E qui la lettura è duplice: o la Francia produce ottimi mediani e terzini (a buon prezzo) oppure la mappa dell’Europa ne è tanto carente da averne bisogno. L’età media del serbatoio internazionale transalpino, infine, è di 26 anni. E, al proposito, secondo il Cies, l’Italia è ultima (guarda un po’) per l’impiego dei giocatori formati nei settori giovanili dei club di appartenenza: la Ligue 1 comanda col 24.6%, la Liga è seconda a quota 22.4%, la Bundesliga insegua al 16.4%, la Premier League arranca col 13.9%, la serie A, come detto, chiude con il 9.6%. I numeri non parlano ma dicono.

Il Messaggero – B. Saccà

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