Il Romanista – Cenare per credere o a letto senza cena?

Ma che palle! Non si può neanche più andare a cena fuori con gli amici, divertirsi un po’ in un momento utile ad annullare la tensione di una sconfitta, rilassarsi. Bere due bicchieri di vino di troppo due o tre volte l’anno. Perchè di questo si tratta. Ma che noia! Ma che tristezza! Totti e compagni hanno fatto un po’ tardi mercoledì sera? Ecchissenefrega! C’è chi ha scritto che qualche giocatore era anche “in dolce compagnia”, mostrando uno stile di scrittura da primi novecento e una mentalità da bacchettone che mal si addice al giornalismo. Non so se è vero e non me ne frega nulla. Mi sarei stupito se qualcuno si fosse seduto al tavolo in amara compagnia, se ci fosse stato chi avesse pianto miseramente in un angolo. E’ capitato invece che la serata si è prolungata. Che i nostri giocatori sono diventati realmente amici e si sono trovati bene. Che stanno bene sempre più spesso in campo e fuori. Che cominciano a parlare la stessa lingua con il pallone e con il cibo. Che si piacciono come compagni e come amici.E che stanno diventando sempre più fratelli. Invece no. Per “qualche moralista un tanto al chilo” dovrebbero battersi il petto e cospargersi il capo di cenere perchè hanno perso con la Juventus ancora imbattuta. E quando perdi non puoi sorridere, non puoi divertirti, non puoi far nulla. Devi andare a letto senza cena.

E che dire delle fantasiose cronache da romanzo d’appendice con presunti retroscena del giorno seguente? Squadra dimezzata a Trigoria, partitella quasi snobbata, purificazione di corpo e spirito per tutti e lavata di capo di Enrique. C’è chi sussurra nei corridoi di un Bojan che ha vomitato in campo. Mentre era al bar, tranquillo, a vedersi in tv il tennis. E perchè non spararla più grossa? Non so: è possibile che nessuno abbia visto il momento in cui Luis li ha messi tutti in fila indiana sulla linea di fondo per vedere se camminavano dritti? La realtà è spesso banale. Ed è probabile che i ragazzi siano stati invitati con qualche battuta a non esagerare. Ma si è parlato d’altro, degli errori del primo tempo a Torino che sono stati seri, ma nei secondi quarantacinque minuti non ve ne sono stati. Almeno di quel tipo e su meccanismi provati e riprovati. Ma la realtà è anche quella di una Roma che viene digerita malamente quasi da tutti. Una squadra che cresce bene giorno dopo giorno e che darà grandi soddisfazioni negli anni. Invece no. Si deve scrivere che le multe potrebbero far scappare dalla città gli Osvaldo e i Lamela. E che troppo rigore nelle punizioni interne sono un male. Salvo poi sostenere il contrario per una banalissima e divertentissima cena.

C’era nella parte finale della serata anche qualche giornalista che poi non ha scritto nulla? Così pare. Ok finiamola qui con la cena e, la prossima volta, invitate me. Mangio molto, bevo ancora di più, e vi prometto: scrivo tutto. Torniamo dunque alla Roma e al fastidio che sta dando. Lo si vede in modo chiaro. Quando vince tutti son lì a fare i complimenti e a sperticarsi in elogi e in “noi l’avevamo detto”. Quando perde e non convince in alcuni minuti della gara ecco che arriva l’uomo del monte che dice no, scuote vigorosamente la testa come un giudice di linea al Roland Garros o un cagnolino finto anni ’60 poggiato sul cruscotto posteriore della 1100. E, tradendo il suo accento, asserisce: “dura minga… non va.. non può durare”. Ed allora ecco che riscappa fuori il De Rossi che non firma, che se ne vuole andare, o qualunque altro argomento che possa creare zizzania. Anche negare i temi e i problemi è altrettanto sciocco. Ma se si sa dire le cose nel modo giusto si può scrivere sempre tutto. Noi lo facciamo. O almeno credo. E sono molto stupito che nessuno abbia pensato che un Luis Enrique o un Baldini, così inflessibili giustamente con un fatto di spogliatoio sconosciuto ai più in quel momento (l’esclusione di Osvaldo da Fiorentina – Roma dopo il battibecco e qualche cosa di più con Lamela ) non sarebbero stati altrettanto severi con giocatori giunti all’allenamento in condizioni precarie. E’ un insulto all’intelligenza. Per chi ce l’ha. Cenare per credere è dunque diventato, parafrasando Cesare Ragazzi, il mio motto. Sono molto orgoglioso, come credo tutti voi, di Francesco Totti, della serietà che Daniele De Rossi sta dimostrando cercando di tutelare i suoi interessi e di conseguenza i nostri e di chi come tutti i romanisti gli vuole bene. E molto soddisfatto di aver comperato Osvaldo, romanista nell’anima, Bojan e Lamela, pallone d’oro del 2016. Addirittura entusiasta dei piedi di Pjanic e, due gradini sotto, di quelli di Gago. Grato a Sabatini sempre per esserci, come a Stekelenburg. Certo uno fuma e l’altro para. E’ grave dottò?
Il Romanista – Stefano Romita

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