Le cosche truccano Lega Pro e D. 50 arresti, 31 partite sospette

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La Gazzetta dello Sport (F. Ceniti – A. C. Magno) – «Mica servono i calciatori per vincere i campionati». Il modulo giusto non è il 4-4-2 o il 3-5-2. Il modulo giusto lo spiega Pietro Iannazzo, capo ‘ndrangheta della cosca che porta il suo cognome, in una intercettazione: sono i soldi a fare la differenza. Denaro usato per comprare le partite e spingere il Neapolis (Serie D) verso la promozione. Mancava solo questo al calcio italiano, l’ingresso in campo della criminalità organizzata, attrice protagonista della nuova, squallida vicenda legata al solito canovaccio: combine, giocatori, allenatori e dirigenti corrotti, bande di stranieri pronti a finanziare i tarocchi, ma anche a minacciare di morte chi sgarra. L’ennesima mazzata arriva da Catanzaro: a muoversi è stata la Direzione distrettuale antimafia dopo le indagini coordinate dal procuratore capo Vincenzo Lombardo e dal pm Elio Romano, svolte in modo certosino dalla squadra mobile di Catanzaro, guidata da Rodolfo Ruperti, in collaborazione con il Servizio centrale operativo della polizia di Roma (in Calabria c’era il direttore Renato Cortese). Emessi 50 fermi (ma 5 stranieri sono irreperibili) nell’inchiesta «Dirty soccer », calcio sporco. E come è stato spiegato dagli inquirenti, la storia non finisce qui. Quella di ieri potrebbe essere la prima puntata: una seconda sarebbe in cantiere e dovrebbe portare presto ad altri provvedimenti legati all’ipotesi di reato di associazione per delinquere transazionale finalizzata alla frode sportiva.

SEMPRE PIÙ SU Da Cremona (dove agisce la Procura che ha scoperchiato 4 anni fa gli intrecci malati del calcioscommesse) a Catanzaro il cliché è identico: partite truccate da utilizzare come carne fresca sul mercato delle puntate illegali. E una volta iniziato il business, non ci si accontenta: l’inchiesta svela come la piovra trasversale composta da più bande puntava, dopo D e Lega Pro, ad avvolgere la B (2 gare nel mirino) e poi magari la A. Insomma, un mondo malato e ingordo che trova terreno fertile in giocatori, dirigenti e allenatori. Il pm Romano nell’ordinanza va giù pesante: «Il dato più raccapricciante è constatare cosa sia diventato il calcio. Siamo di fronte ad un nuovo romanzo criminale i cui attori si fanno beffa delle passioni di quanti seguono la propria squadra. Urge una riforma radicale della normativa che regolamenta le scommesse che hanno finito per inquinare il mondo sportivo ad esse collegato ».

TERREMOTO Il pm non lo può dire, ma di certo servirà anche una riflessione importante all’interno della Federcalcio: nonostante l’inchiesta di Cremona, poco si è fatto per contrastare il fenomeno. Anzi, la giustizia sportiva si è contraddistinta per assoluzioni e squalifiche ridotte. Per non parlare dello stato comatoso in cui versa la Lega Pro, con un presidente (Mario Macalli) squalificato e una assemblea spaccata. E mentre ai piani alti si litigava, a quelli bassi si operava in un mondo popolato da direttori sportivi spregiudicati, allenatori pronti a tutto pur di far carriera, calciatori corrotti, autori di papere, gol mangiati a porta vuota, espulsioni studiate per agevolare gli (ignari) avversari, telefonate alla mamma per consigliare la scommessa giusta. Un mondo dove l’omertà regna sovrana e permette azioni spregiudicate, tanto le denunce sono merce rara. Un mondo dove oltre alla ‘ndrangheta, si muovono affaristi serbi (portatori di notizie sicure su partite di basket e tennis giocate dalle parti di Belgrado), sloveni, maltesi, albanesi, russi (non identificati), dove tutto si può sistemare, comprese le squalifiche. Un mondo messo al bando dall’inchiesta di Catanzaro, durata un anno e dai numeri impietosi: 10 mila intercettazioni, 28 partite truccate – 17 di Lega Pro e 11 di D – sulle quali la Procura ha trovato riscontri e 33 le squadre coinvolte: dalla Pro Patria al Monza, dalla Torres al L’Aquila, dal Barletta alla Vigor Lamezia, dalla Juve Stabia alla Lupa Roma, dal Brindisi al Montalto. Riscontri che costringeranno il procuratore federale Palazzi a una affannosa rincorsa nel tentativo di fare pulizia e magari riscrivere le classifiche, tutto complicato dai playoff e playout con alcuni club impegnati nonostante siano finiti nelle indagini. Palazzi ha preso contatti con il capo della Dda Lombardo e aspetta gli atti per imbastire i processi sportivi, forse già in estate.

LE INDAGINI Come scritto, le indagini non sono finite. Nel frattempo il carcere si è spalancato per 50 persone, compresi 2 presidenti, 11 dirigenti sportivi, 12 tra calciatori ed ex, 2 tecnici. In più sono circa 80 gli indagati: molte le posizioni al vaglio come quella di Arturo Di Napoli (ex attaccante di Napoli e Inter) e di Arpaia, consigliere di Lega Pro. A Cremona l’inchiesta era nata, per caso, dopo un tentativo di avvelenamento di alcuni calciatori della Cremonese, a Catanzaro le indagini prendono il via dall’orgoglio ostentato dal boss Iannazzo nella telefonata col presidente del Neapolis, Mario Moxedano (per un breve periodo patron del Napoli post Ferlaino). Dalle parole del boss (seguito per via di un’altra indagine) che si vantava di poter far promuovere una squadra scarsa, si è risaliti a due distinte organizzazioni criminali che agivano in modo trasversale tra D e Lega Pro, per truccare i match. Comprare un incontro della ex C costava tra i 40 e i 50 mila euro, ma a volte ne bastavano 5 mila per avere la disponibilità dei calciatori. La prima organizzazione ruotava attorno alle figure di Moxedano, Antonio Ciccarone, d.s. del Neapolis, e Iannazzo. Sempre in D, anche i dirigenti del Brindisi utilizzavano le combine per ottenere la promozione. La seconda associazione aveva al vertice Fabio Di Lauro, ex calciatore, con due soci occulti della Pro Patria, Mauro Ulizio e Massimiliano Carluccio. Lo stesso Di Lauro aveva rapporti coi «signori delle scommesse dell’est Europa» e contatti con altri «addetti ai lavori», come Ercole Di Nicola d.s. dell’Aquila capace di muoversi su più tavoli, pronto a investire i soldi guadagnati nei Casinò (è stato fermato a Venezia) e finto paladino della moralità. Le indagini sono continuate fino alla scorsa settimana: gli investigatori hanno deciso d’intervenire per evitare guai peggiori (un albanese picchiato aveva scatenato la reazione dei serbi, pronti a vendicarlo, costringendo un giocatore a rifugiarsi in Sardegna), in un quadro che prevede altri reati: estorsione, truffa, minacce. Anche per questa ragione gli inquirenti parlano di un «reticolato sistema di corruzione » solo in parte venuto a galla. È il caso delle partite che coinvolgono Catania, Crotone, Brescia e Livorno: non sono stati trovati riscontri, ma per Di Nicola «ogni settimana in B ne fanno una». Oppure della sfida di Coppa Italia Sassuolo-Pescara, messa in vendita per 150 mila euro da Ulizio e Carluccio.

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