La festa vissuta in playback nel calcio giocato senza gravità

La Repubblica (G.Romagnoli) – Se un marziano a Roma fosse arrivato ieri avrebbe pensato di aver sbagliato rotta e destinazione. Allo stadio ci sono le luci, ma non le voci. Gli effetti dell’elettronica non eguagliano mai quelli, davvero speciali, della gente. Ci siamo abituati a questo calcio sterilizzato. Abbiamo visto altri derby, ma non questo, che non si era mai giocato dall’avvento della pandemia. Ne soffre più degli altri perchè Roma senza clamore, fragore, livore, non è Roma: togli l’eccesso e le annulli l’identità.

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Ogni gesto di Lazio-Roma rimbalza abitualmente sugli spalti per potenziarsi ed entrare nella memoria collettiva, farsi goduria per gli uni e ferita per gli altri. Totti non avrebbe mai voluto concedersi un seflie sullo sfondo di spalti vuoti. L’autogol di Negro sarebbe stato un albero caduto nella foresta senza far rumore. Si può esultare a distanza per un Mundial, a un derby bisogna esserci.

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